Beretta MAB 38: differenze tra le versioni

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Gli esemplari acquistati vennero poi immagazzinati e distribuiti solo a poche unità di élite, come i paracadutisti e i Guastatori del Genio, a partire dal 1941. La [[Regia Marina]] ne acquistò diverse migliaia che vennero assegnate al [[Reggimento San Marco]] ed alle unità di vigilanza; la Regia Aeronautica lo destinò al reggimento ADRA. I rapporti dalle unità combattenti sul comportamento dell'arma erano tutti molto positivi, e dal 1942 ne furono dotati in numero più consistente tutti i reparti speciali del Regio Esercito: il [[10º Reggimento arditi]], il [[Battaglione alpini sciatori "Monte Cervino"|Battaglione Sciatori "Monte Cervino"]], le divisioni Paracadutisti "Folgore" e "Nembo", i Guastatori del Genio, e numeri consistenti vennero assegnati ai [[Battaglioni M|Battaglioni "M"]] della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|MVSN]]. Ma, ancora nel 1943, i principali assegnatari erano ancora i [[Carabinieri Reali]], Le guardie di P.S. e la PAI. Ciò perché le alte sfere militari italiane erano scettiche sulle capacità dell'arma, e si riteneva (non a torto) che non potesse sostituire il fucile, data la scarsa potenza della sua munizione, e veniva perciò ritenuta adatta solo alle operazioni speciali, alla guerriglia ed alla lotta ravvicinata, laddove il grande volume di fuoco del MAB si era rivelato molto efficace.
 
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il MAB era in cima alle richieste dei vertici della RSI perché, oltre ad essere l'unica arma automatica portatile disponibile in Italia, era particolarmente adatto al combattimento ravvicinato. La produzione, sia presso la Beretta che presso molte altre officine sub-appaltatrici del Nord Italia, venne accelerata e vennero introdotti modelli successivi più semplici e rapidi da produrre. Formazioni come i Paracadutisti, le Legioni d'assalto della [[Guardia Nazionale Repubblicana della Montagna e delle Foreste|GNR]], la Legione MUTI, le [[Brigate Nere]], e i molti reparti autonomi di assalto e controguerriglia impiegarono massicciamente tutte le versioni del MAB: 1938, 1938A, 38/42 e 38/44 (vedi sotto); anche se vi furono interi reparti armati esclusivamente con quest'arma, il MAB però non soppiantò mai il classico fucile [[Carcano 1891Mod. 91]]. Durante gli anni 1944-45 la propaganda repubblichina sfruttò intensamente questa immagine del MAB come arma d'assalto per eccellenza, come in un celebre manifesto di [[Gino Boccasile]] per l'arruolamento negli Arditi Paracadutisti dell'[[Aeronautica Nazionale Repubblicana|ANR]].
 
Naturalmente anche la [[Resistenza italiana|Resistenza]] apprezzò molto il MAB e i suoi combattenti tentarono sempre d'impossessarsi di quanti più mitra Beretta possibile. Nella drammatica carenza di armi in cui le formazioni partigiane si trovavano costantemente, le armi automatiche erano una rarità e venivano assegnate solo ai comandanti o agli elementi più capaci ed esperti che potessero sfruttarne la capacità di fuoco, e lo Sten britannico fu sempre molto più diffuso. Tuttavia il MAB e le armi automatiche in genere si diffusero davvero, nella Resistenza, solo dopo la resa delle forze armate della RSI.