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→Le storie: i teologi |
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* '''''L'immortale''''' (''El inmortal''): La storia narra di Marco Flaminio Rufo, un [[tribuno militare]] romano che viene a sapere dell'esistenza, in [[Egitto]], di una città popolata da uomini immortali e dotata di un fiume che, se attraversato, conferisce l'immortalità. Deciso a trovarla, affronta un faticoso viaggio nel deserto e incontra infine una tribù di selvaggi (da lui descritti con disprezzo) che vive ai margini di una città circondata da mura altissime e all'apparenza inaccessibile. Rufo riesce a trovare un'entrata alla città (un intricato labirinto sotterraneo) e ad entrarvi, solo per scoprire che la città è tanto intricata, labirintica e insensata quanto il percorso sotterraneo. Una volta uscito, Rufo scopre che i selvaggi che vivono fuori dalla città non sono altro che gli immortali (tra i quali vive anche il poeta [[Omero]]). Rufo riesce a diventare come loro e nel corso della sua vita assiste a numerosi eventi importanti della storia dell'umanità. Infine, nel [[1921]] scopre un altro fiume che attraversato lo rende di nuovo mortale. Accettata la sua condizione, Rufo dorme sonni tranquilli. Una postilla al racconto stravolge la nostra comprensione, dicendo che alcune delle azioni attribuite a Rufo sono in realtà state compiute da Omero e viceversa, e che forse i due sono la stessa persona.
* '''''Il morto''''' (''El muerto''): La storia si svolge intorno all'ultimo decennio dell'[[ottocento]], tra [[Brasile]], [[Argentina]] e [[Uruguay]]. Il protagonista è Benjamín Otálora, un ragazzotto di Buenos Aires che per una serie di vicende viene a contatto con il [[gaucho]] Azevedo Bandeira, e inizia a far parte della sua banda. In poco tempo anni, l'ambizioso Otálora inizia a disprezzare il suo capo e a meditare di rovesciare la sua autorità. Il piano sembra funzionare, finché l'argentino non scopre che l'unico motivo per cui Bandeira gli ha concesso tutto quello che ha ottenuto è che non lo considerava affatto un pericolo, anzi, per lui era già morto. Alla fine, il protagonista viene ucciso con un colpo di pistola da Suárez, il braccio destro di Bandeira.
* '''''I teologi''''' (''Los teólogos''): Ambientato nel [[medioevo]], il racconto inizia con la devastazione, da parte degli [[Unni]], della biblioteca di un monastero in un luogo non specificato (identificato solo con "sulle montagne" e "sulle rive del [[Danubio]]"). L'unico libro a salvarsi dalla furia del popolo guerriero è il dodicesimo della [[La città di Dio|Città di Dio]], dove si parla dell'idea platonica dell'infinita ripetizione dell'universo. Gli abitanti di quella regione con il tempo iniziano ad adottare la dottrina di quell'unico libro superstite, non sapendo che l'autore aveva esposto quella tesi solo per poi confutarla. A questo punto entra in gioco il protagonista, Aureliano, [[Vescovo coadiutore|coadiutore]] di [[Aquileia]]. Aureliano, oltre che dalla lotta alle eresie, è tormentato dalla rivalità con un altro religioso, tal Giovanni di Pannonia. Una volta composta la sua orazione (basata soprattutto sullo scherno) contro i ''monotoni'' (così vengono chiamati gli eretici che professano la ripetizione infinita dell'universo), Aureliano viene a conoscenza di quella del rivale e la trova infinitamente più pertinente ed efficace. In seguito ad essere scelto per parlamentare con i monotoni è proprio Giovanni di Pannonia. Il capo della setta viene arso sul [[Morte sul rogo|rogo]], ma la battaglia segreta di Aureliano contro Giovanni continua. Dalle regioni dell'[[Egitto]] o dell'[[Asia minore]] viene a nascere un'altra setta, i cui adepti sono chiamati ''istrioni'', e credono che qualsiasi uomo abbia un [[doppio]] in cielo che fa l'esatto contrario di quello che fa l'uomo, pertanto si danno alla [[bestemmia]], alla [[sodomia]] e ad altre atrocità. Nello scrivere un testo che li condanni, Aureliano ha difficoltà a trovare una frase ad effetto per riassumere le loro false credenze; dopo un po' gliene viene in mente una di venti parole (che non sono mai rivelate al lettore), ma subito dopo averle scritte si ricorda di averle lette su un testo del suo rivale, Giovanni di Pannonia. Indeciso sul cosa fare (modificare il testo equivaleva a farlo perdere di efficacia, indicare l'autore avrebbe denunciato un celeberrimo dottore cristiano come eretico, ignorare la paternità della frase sarebbe stato plagiare un uomo da lui odiato), Aureliano opta per l'attribuire la frase a ''un uomo dottissimo di questo secolo'', che la disse per leggerezza. Il suo piano però non funziona e Giovanni viene riconosciuto, bollato come eretico e arso sul rogo. In seguito Aureliano si darà alla macchia e viaggerà per il mondo, per poi morire in un incendio come il suo rivale. La conclusione della storia si svolge in [[paradiso]], dove Aureliano viene a scoprire che agli occhi di [[Dio]], lui e Giovanni erano talmente simili da poter essere la stessa persona.
* ''Storia del guerriero e della prigioniera'' (''Historia del guerrero y la cautiva'')
* ''Biografia di Tadeo Isidoro Cruz (1829-1874)'' (''Biografía de Tadeo Isidoro Cruz (1829-1874)'')
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