Il lupo della steppa (romanzo): differenze tra le versioni

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Il tema principale del romanzo, quello intorno al quale si imperniano i pensieri, le emozioni e le azioni del protagonista, Harry Haller, è certamente l'isolamento ed il mancato riconoscimento in una società che sta cambiando rapidamente, che forse è già cambiata. L'uomo, malgrado la vasta cultura e l'acutezza mentale, non riesce a trovare posto in un mondo governato da valori che non accetta (nazionalismo, pensiero borghese, corsa alle armi...), un mondo che ha relegato i suoi ideali (pace, amore per la musica classica, la filosofia...) in un angolo buio e privo di importanza; queste sono le caratteristiche che accomunano gli intellettuali che vivono in periodi di transizione, in cui i secoli, le ideologie, le società si sovrappongono e si accavallano: periodi di gran fermento culturale, ma anche di nostalgia e tristezza.
 
Come risposta all'esilio che la nuova società gli ha impartito, il quale non è solo spirituale visto che la sua patria rinnega Haller per le idee pacifiste (Hesse è sempre stato anti-militarista e decisamente contrario alla politica belligerante del [[Nazionalsocialismo|nazismo]]), egli si rifugia sempre più nella solitudine, alzando un solido muro che separa il mondo "esterno" da quello "interno", in cui è libero di condurre la vita spirituale che più lo aggrada, dedicandosi alla lettura dei classici ed all'ascolto di [[Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]] e [[Georg Friedrich Händel|Haendel]]. Ma l'isolamento totale è impossibile, e talvolta gli capita di accorgersi del mondo esterno, che lo incuriosisce e lo turba allo stesso tempo, in cui riscopre gesti semplici che aveva dimenticato, gesti comuni nella sua infanzia borghese: è il caso della contemplazione dell'''[[Araucaria]]'', dell'attenzione della proprietaria della casa al pulito ed all'ordine.
 
Allora è sconvolto, dilaniato da opposte tendenze, una che lo spinge ad abbandonarsi al mondo ("uomo"), l'altra ad estraniarsene ("lupo"), il cui esito è la paralisi delle azioni; durante questa lotta il giusto e lo sbagliato, il conveniente e lo sconveniente, il bello ed il brutto, e molti altri contrari, si confondono tra di loro, si mischiano e si amalgamano in una continua rincorsa, ed Harry non può prendere decisioni risolute, come quella di porre fine alle sofferenze col suicidio. Ne consegue un'acuta angoscia e tristezza, alla quale per questo motivo non può sfuggire con la morte, che fa di Harry un uomo annientato, alcolizzato, strascicante, penoso.
Ne consegue un'acuta angoscia e tristezza, alla quale per questo motivo non può sfuggire con la morte, che fa di Harry un uomo annientato, alcolizzato, strascicante, penoso.
 
Uno spiraglio di luce si intravede quando incontra Erminia che, con l'aiuto di Pablo e le sue droghe psichedeliche, tenterà di fargli scoprire che anche il mondo esterno ha i suoi pregi, che deve imparare a riconoscerli e a goderli, abbandonandosi alla vita e alla gioia derivante dalle piccole cose.
 
È un percorso difficoltoso, lasciato aperto da Hesse che alla fine del libro descrive un Harry che non ha vinto i propri interiori fantasmi, ma pur tuttavia conosce la strategia per farlo. Essa consiste prima di tutto nel riconoscimento che l'uomo non è, come indica l'esperienza, un essere unico, ma molteplice; il suo carattere è la somma delle variazioni momentanee delle infinite personalità in cui è diviso interiormente, e solo riconoscendo questa frammentarietà ed abbandonandovisi riuscirà a vivere. L'altro segreto è imparare a ridere, del riso degli Immortali ([[Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]], [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]]...), di fronte alla contraddittorietà della vita e alle disgrazie umane; un insegnamento che Harry fatica a comprendere.
 
=== Tema della multiformità della natura umana ===