Riguardo al suo utilizzo, si ritiene fosse del tutto simile a quello del ''[[jittejutsu|jitte]]'': portato al fianco come fosse un pugnale, in combattimento veniva solitamente usato insieme alla spada, impugnata nella mano destra, tenendolo nella mano sinistra con lo scopo di parare i colpi dell'arma avversaria e tentare, se possibile, di spezzarne la lama con l'uncino. In alternativa poteva essere usato per sfondare l'elmo o, come appare più probabile, per penetrare di punta negli interstizi dell'armatura dell'avversario.<br/>Sembrano infatti più leggenda che altro i racconti di samurai che siano riusciti a rompere il ''[[kabuto]]'' di una ''[[O-yoroi]]'' con un hachiwari: il kabuto era costituito da numerose lamine di metallo, per lo più ferro, ribattute e inchiodate, che avrebbero richiesto un'enorme pressione per essere spaccate. D'altro canto, sembrerebbe probabile riuscire a deformare l'elmo o a staccarne un pezzo agganciandolo con l'uncino e facendo leva.
Armi simili erano conosciute anche in [[Europa]], dove erano chiamate ''[[daga (arma)|daghe]] mano sinistra'' o ''rompispade''. Tuttavia, anche se la funzione e il modo di usarle erano in pratica gli stessi, la loro forma era molto diversa da quella dell'hachiwari: esse erano grossi coltelli a doppio filo in cui una o anche tutte e due le lame erano "a pettine" così che, parando la lama avversaria, era possibile bloccarla tra i denti e, mediante una torsione, tentare di disarmare l'avversario o addirittura di spezzarne l'arma.