Lucio Licinio Crasso: differenze tra le versioni

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Modificato il nome della legge consolare da "Lex Licina Mucia de Civibus Regundis" a "Lex Licinia Mucia de civibus redigundis", il suo esatto nome.
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Nel [[118 a.C.]] si oppose alla posizione del proprio partito nei riguardi di una legge che proponeva l'istituzione di una [[colonia romana]] a [[Narbona]]. Il [[Senato romano]] osteggiava tale proposta perché temeva che avrebbe causato una diminuzione degli introiti dell'erario statale legati agli affitti della terra pubblica. Crasso preferì questa volta sostenere la causa della legge, per ottenere il consenso delle classi più povere, che avrebbero ottenuto i maggiori profitti da questo provvedimento. Fu lo stesso Crasso a provvedere alla fondazione della colonia.
 
Nel [[114113 a.C.]] prese le difese della sua parente Licinia, una [[vergine vestale]], e di due sue colleghe, Marcia ed Emilia, che erano state accusate di incesto. Con la sua eloquenza Crasso fece sì che venissero riconosciute innocenti dal [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] [[Lucio Cecilio Mettio]]; in seguito, però, il popolo incaricò [[Lucio Cassio]] di indagare sulla sentenza, e questa volta l'eloquenza di Crasso non fu sufficiente.
 
Fu [[questore (storia romana)|questore]] assieme a [[Quinto Mucio Scevola (console 95 a.C.)|Quinto Mucio Scevola]]: al suo ritorno dalla provincia dell'[[Asia (provincia romana)|Asia]], passò per la [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]] e per [[Atene]]. Così come in Asia aveva preso lezioni da [[Scepsio Metrodoro]], ad Atene studiò presso [[Carmadra]] e altri filosofi e retori, ma si allontanò presto dalla città, incredibilmente risentito che gli ateniesi non avessero ripetuto i misteri che avevano celebrato prima del suo arrivo.