In Italia, sebbene la professione si sia sviluppata in ritardo, ha vissuto le influenze di professionisti e studiosi che hanno portato dai paesi esteri esperienze profondamente legate alla terapia occupazionale. Parliamo del lavoro di Maria Montessori (1870-1952) che promosse il valore del fare anche dal punto di vista terapeutico, considerando l’essere umano nella sua completezza, per stimolare interessi e capacità potenziali attraverso azioni mentali e manuali, in un ambiente predisposto affinchè l’individuo possa realizzare il suo bisogno vitale di operosità costruttiva ed intelligente. Agli inizi del 900 Sante De Sanctis, pioniere della neuropsichiatria infantile portò dal Canada delle terapiste occupazionali per formare maestri italiani che lavoravano con ragazzi in disagio con l’intento di promuovere il lavoro manuale educativo per la preparazione ad una vita autonoma.
Si può dire che in Italia il metodo moderno di TO abbia avuto origine per l’azione di una suora Americana, Madre Francesca Chiara, diplomata a New York come terapista occupazionale che, venuta in convento a Firenze riuscì ad organizzare nel 1948 nel reparto pediatrico Meyer di Firenze una piccola sezione di TO con il provvidenziale entusiasmo e talento della giovane terapista californiana Ann Nicholson. La Nicholson ebbe il merito di divulgare i concetti di terapia occupazionale in molti ospedali in modo competente e qualificato. Di qui in avanti furono molte e diversificate le esperienze e le correnti che si diffusero in Italia ad opera di professionisti, istituzioni e associazioni.
== Scopi dell'intervento ==
=== Autonomia ===
Il termine autonomia è da intendere come “l’abilità di decidere per sé circa il livello di assistenza necessario per compiere le proprie decisioni”. Spesso confuso on il termine indipendenza, ovvero l’abilità di fare delle cose da sé, senza un supporto esterno<ref>Monclus P.G., Tarrès J.P. (2016), “Occupational Therapy: Autonomy, Governmentality and Subjectification”, February 12, 2016 DOI: http://dx.doi.org/10.7440/res57.2016.05 [ultima volta visionato il 30 Settembre 2017]</ref>.
=== Partecipazione ===
La partecipazione è un tema centrale in terapia occupazionale e amplia lo scopo dell’intervento centrato sul cliente. L’OMS definisce il termine di partecipazione come “coinvolgimento in una situazione di vita”<ref>World Health Organization. (2001). International classification of functioning, disability and health. Geneva: Author.</ref>.
Per la terapia occupazionale ciò significa: coinvolgere la persona nelle situazioni di vita attraverso lo svolgimento di attività significative e soddisfacenti, in un ambiente fisico favorente la performance occupazionale e in un contesto socioculturale riconosciuto.
=== Benessere Occupazionale ===
Il benessere è un termine che viene usato per descrivere la percezione della persona sulla sua condizione e si riferisce all'integrazione delle sue caratteristiche fisiche, mentali, emotive, spirituali e sociali. In Terapia Occupazionale, il significato e la soddisfazione che le persone traggono dalla loro vita occupazionale vengono intesi come benessere occupazionale. Il legame tra occupazione, salute e benessere è supportata dalla letteratura scientifica che evidenzia quanto l’intensità dell’effetto dell’occupazione sulla salute sia dipendente dalla relazione tra i fattori della persona, dell’ambiente e delle occupazioni in cui la persona decide di impegnarsi <ref>Doble S.E. & Santha J.C. (2008), “Occupational well-being: Rethinking occupational therapy outcomes”, Canadian Journal of Occupational Therapy, vol.75, n°3, pp. 184-190</ref> <ref>Law M., Steinwender S. & Leclair L. (1998), “Occupation, health and well-being”, Canadian Journal of Occupational Therapy, vol.65, n°2, pp. 81-91</ref>.
=== Inclusione sociale ===
L'obiettivo è di supportare le persone nel realizzare il proprio potenziale rendendole parte della propria vita e della società. I terapisti occupazionali prestano la loro professionalità attraverso:
* Identificazione dei fattori che facilitano la partecipazione della persona nelle attività di vita quotidiana e quelli che ne ostacolano la partecipazione;
* Sviluppo di programmi e politiche che si fondano sui principi dell'inclusione (accesso alle medesime risorse per tutte le persone, riconoscendo e valorizzando la diversità);
* Consulenza sulla modifica di strategie di insegnamento per includere tutti gli studenti, anche con bisogni differenti;
* Collaborazione per la costruzione di ambienti accessibili (parchi giochi, ambienti pubblici, locali, abitazioni, luoghi di lavoro...), oggetti e strumenti ergonomici, diffusione della filosofia dell'Universal Design e dell'ambiente protesico;
* Potenziamento delle organizzazioni (lavorative, sociali ecc) orientate alla salute e benessere.
La situazione ideale sarebbe che ogni persona, indipendentemente dalle sue caratteristiche personali, potesse vivere nel proprio ambiente senza incontrare ostacoli di nessun genere, questa visione desiderabile è rappresentata dal Design For All, o progettazione per un’utenza ampliata, e dai principi dell’Universal Design, o progettazione universale, sono due modalità̀ progettuali che esprimono una filosofia di interventi architettonici e di design finalizzata a rendere l’ambiente e le sue infrastrutture utilizzabili dalla maggior parte possibile delle persone che vi abitano o che vi si recano in visita.
Design For All significa considerare le caratteristiche delle persone come condizione di partenza, come stimolo per la progettazione e non come vincolo al progetto stesso.
Gli interventi che posso essere messi in atto seguendo una progettazione per un’utenza ampliata sono rappresentati da<ref>Marcolini V. e Ghensi R. (2007), “La Terapia Occupazionale e l’accessibilità all’ambiente domestico: creazione di una scheda valutativa per la visita domiciliare nel caso di soggetti con lesione midollare”, Tesi di laurea TO anno accademico 2006/2007.</ref>:
# Modificare ciò̀ che già̀ esiste, eliminando gli ostacoli all’accessibilità̀;
# Integrare ciò che già̀ esiste con soluzioni che facilitano l’accessibilità̀;
# Creare un ambiente flessibile che si adatti alle esigenze di chi lo utilizza;
# Rendere l’ambiente comodo, sicuro, semplice e che valorizzi le potenzialità della singola persona.
=== Competenze e benessere dei caregiver ===
All’interno di una situazione di assistenza, ovvero quando una o più persone si prendono cura di un’altra persona che presenta significativi limiti nell’autonomia e/o nell’indipendenza, le prime acquisiscono il ruolo occupazionale di “caregiver” (trad. “Colui che si prende cura di…”)<ref>Graff, M. Van Melick et al. (2016), “Curare la demenza a domicilio; indicazioni di terapia occupazionale per anziani e caregivers”, edizione italiana a cura di A. Fabbo, Franco Angeli, 978-88-917-2728-2, pp. 52.</ref>.
Il compito del terapista occupazionale è di coinvolgere, conoscere e comprendere la persona che presta assistenza, individuando lo svolgimento della routine, le difficoltà che incontra, le attività e i compiti che sono causa di stress, i bisogni e le aspettative. L’alleanza tra i due permette al caregiver di essere al centro dell’attenzione del TO, al pari della persona che riceve l’assistenza, grazie all’intervento di un terapista occupazionale ogni caregiver ha modo di trovare, provare e individuare quali strategie può utilizzare mettere in campo per superare e affrontare le difficoltà che rendono ripido il processo di assistenza e di cura<ref>Kielhofner G. (2008), “A model of Human Occupation: Theory and application”, 4th edition, Lippincott Williams & Wilkins, 0-7817-6996-5.</ref>.
=== Giustizia Occupazionale ===
La giustizia occupazionale è “il diritto di ogni individuo di essere in grado di soddisfare le esigenze di base e di avere uguali opportunità e possibilità di vita al fine di raggiungere il proprio potenziale per l'impegno in diverse e significative occupazioni”<ref>Townsend, E., & Wilcock, A. A. (2004). Occupational justice and client-centred practice: A dialogue in progress. Cana¬dian Journal of Occupational Therapy, 71, 75–87. http://dx.doi.org/10.1177/000841740407100203</ref>. La salute e la giustizia occupazionale concorrono insieme per consentire alle persone di impegnarsi in occupazioni che aumentino il loro benessere occupazionale. I diritti della giustizia occupazionale si riferiscono a<ref>Campbell D., Cooper J., Froese D., Head B., MacLeod-Schroeder N., McCarthy N. & Sheehan L. (2015), “Occupational justice: new concept or historical foundation of occupational therapy?”, CAOT Archives Committee, http://caot.in1touch.org/document/3763/f26.pdf [ultima visita il 09 Dicembre 2017]</ref>:
* Sperimentare occupazioni significative e arricchenti;
* Sviluppare la salute e l’inclusione sociale attraverso la partecipazione in occupazioni;
* Esercitare l'autonomia individuale o della popolazione attraverso la scelta in occupazioni;
* Beneficiare di privilegi equi volti alla partecipazione in diverse occupazioni<ref>Townsend, E., & Wilcock, A. A. (2004). Occupational justice and client-centred practice: A dialogue in progress. Cana¬dian Journal of Occupational Therapy, 71, 75–87. http://dx.doi.org/10.1177/000841740407100203</ref>.
I principi della giustizia occupazionale sono:
* Possibilità delle persone di esprimere le loro preferenze per organizzare le occupazioni;
* Ogni circostanza di vita e le esigenze occupazionali di ogni individuo sono diversi.
Questa individualità:
* Deve essere riconosciuta e onorata;
* Un terapista occupazionale può essere un agente di cambiamento.
== Aree d'Intervento ==
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