D'Adda: differenze tra le versioni
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L'illustre propagatore del ramo tuttora fiorente in Milano, insignito dei titoli di duca, marchese, conte, barone, fu cavaliere del Sacro Romano Impero e fu il nobile ed augusto Don Gaspare D'Adda, figlio del sunnominato Pagano. Gaspare fu padre di Giacomo, Ottaviano e Ludovico. Ottaviano morì senza stirpe, mentre Giacomo, amico e confidente di San Carlo Borromeo, dava ospizio ai poveri presso il feudo di Varallo in Valsesia. Fu capitano di cavalleria, alla sua morte, lascio in eredità una grossa somma agli Orfani di San Martino in Milano perché erigessero un orfanotrofio in Trivulzio. Da lui discesero Girolamo, dottore di ambo le leggi, aggregato al Collegio dei Nobili Giureconsulti, Cavaliere Laureato, conte del Palazzo Lateranense, Giovanni Antonio, abate, Giorgio, cavaliere di Malta, Francesco, patrizio milanese, Geronimo Maria, capitano di fanteria, e la marchese Livia D'Adda, sposa del cugino Don Giuseppe D'Adda. Da Ludovico, figlio di Gaspare, ebbe origine Gaspare II, che elevò la sua famiglia alla più alta nobiltà per aver esercitato le più alte cariche patrie. Due volte Giudice delle Strade e Decurione perpetuo.
Egli procreò Paolo Camillo, Ercole e Dominione. Paolo Camillo fu Decurione, e dopo di se lasciò il figlio Ludovico membro di provvigione, questi fu padre di Camillo II, cameriere di Palazzo e Decurione. Il Dominione generò Giovanni, Decurione. Ercole fu consigliere del Duca di Savoia e propago la seguente discendenza: Giuseppe, che l'Imperatore [[Leopoldo I d'Asburgo|Leopoldo I]] volle duca di Cassano e Stockerau, marchese di [[Pandino]], conte, cavaliere, libero barone del Sacro Romano Impero e cavaliere del Toson d'Oro con tutti i suoi discendenti e successori; ed inoltre nel caso di estinzione della famiglia, gli diede ampia facoltà di nominare "personam tibi magno benevisam, vive per quamcumque ultima voluntatem, vive per quemcumque acuta inter vivo, et quandocumque, quale cum omnibus ejus filius et hoeredibus descendentibus nati, et Dei beneficio nascituri in infinitum utriusque sexus universi succeda, privilegiis et prerogative, tibi, tuisque filius et haeredibus descendentibus ut sopra concessi" (Diploma Cesareo del 3 ottobre 1682, Vienna). Sempre a Don Giuseppe fu accordato il privilegio di batter moneta nel feudo di [[Valsesia]], ma non esistono al momento fonti che attestino l'avvenuta coniazione di monete.
Da Giuseppe discendono Don Felice ed il di lui figlio Ercole II. Da Don Ercole II ebbero orgigine Don Felice, canonico ordinario e decano del capitolo metropolitano, Don Paolo Camillo II, capitano di fanteria germanica e colonnello del reggimento Piccolini, Don Giuseppe II il quale, rimasti i fratelli senza prole e per succitato Diploma Cesareo, veniva insignito con l'eredità paterna di tutti i titoli appartenenti alla famiglia D'Adda. A Don Giuseppe II fu inoltre accordato il diritto di poter scavare tutte le miniere della Valsesia e di detenere una sua propria milizia armata.
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Giovanni Paolo diede i natali a Benedetto I, e di li a Febo I. Da Febo I venne Benedetto II che fu padre di Febo II. Da Febo II Don Giovanni Battista ciambellano delle Loro Imperiali e Regie Maestà. Suoi figli furono Ferdinando, cavaliere di Malta, che ebbe in figli Carlo, Febo e Giovanni, e Febo III ciambellano e vice presidente del Regno Lombardo-Veneto, cavaliere della [[Corona Ferrea]] e dell'Imperiale Ordine di Leopoldo, amico del Parini e socio di varie accademie, morì nel 1836. Da lui Emanuele, Ferdinando, Giovanni, Carlo e Vitaliano che ereditò i titoli del padre. Da Vitaliano si ebbero Febo ed Emanuele.
Alla morte di Febo III, a ridosso del periodo risorgimentale italiano, si verificò una spaccatura in seno ai cinque fratelli. Vitaliano, ciambellano dell'Imperatore, prese la strada di Vienna, il fratello Carlo fu tra quelli che, a seguito delle 5 giornate di Milano, andarono a Torino a portare le chiavi della città di Milano. Ritornati poi gli austriaci, rimase come consigliere di Re [[Vittorio Emanuele II]] e fu poi eletto Senatore nel primo parlamento dell'Italia unita. Emanuele rimase a Milano e fu tra i fautori del restauro del castello Sforzesco di Milano, Giovanni divenne abate, Ferdinando, rimasto fedele all'impero, rimase come consigliere del viceré presso la Villa Reale di Monza, sino all'abbandono della stessa da parte degli Asburgo, inviso al resto della famiglia, non si vide mai riconoscere i titoli da casa Savoia, neppure quando tutti i fratelli rimasero senza prole. Si ritirò in provincia e si dedicò alla cura dei possedimenti terrieri tra Pandino, Crema ed il cremonese. Solo il ramo che discende da Ferdinando è al momento esistente e, grazie al riconoscimento del Diploma Cesareo di [[Leopoldo I d'Asburgo|Leopoldo I]] da parte dell'Arciduca [[Ottone d'Asburgo Lorena]] nel 2006, detiene tutti i titoli e privilegi conferiti nei secoli alla famiglia.
Protettori delle arti, uno dei membri e citato nella composizione ''[[Alla musa]]'' di [[Giuseppe Parini]], dove l'autore esorta l'amico [[Febo D'Adda]] a riprendere a scrivere poesie. Questa famiglia fu molto generosa verso i più poveri creando asili, scuole, collegi, fondazioni. Sempre secondo il Tettoni-Saladini fecero una donazione di oltre 250 mila scudi. Questa nobile casa fu anche benemerita dell'illustrissima Religione di Malta, poiché è ben noto come Don Giulio D'Adda si sia recato a soccorrere Malta a proprie spese e con un esercito interamente da lui pagato al fine di scacciare i Turchi che la tenevano stretta d'assedio.
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