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[[File:Il Giorno francobollo.jpg|thumb|Francobollo celebrativo che rappresenta il manifesto disegnato nel [[1956]] da [[Raymond Savignac]].]]
'''''Il Giorno''''' è un [[quotidiano]] di [[Milano]], con edizioni locali nelle principali province della [[Lombardia]].
Con gli altri due quotidiani dello stesso [[gruppo editoriale]] ([[Poligrafici Editoriale]]), ''«[[Il Resto del Carlino]]''» di [[Bologna]] e ''«[[La Nazione]]''» di [[Firenze]], forma il consorzio delle tre testate denominato '' «[[Quotidiano Nazionale|QN - Quotidiano Nazionale]]''».
==Storia==
===Fondazione===
«Il Giorno» nasce per iniziativa del presidente dell'[[Eni]] [[Enrico Mattei]], intenzionato a dar vita ad un nuovo quotidiano che fosse d'appoggio alla linea politica ed economica da lui espressa<ref name="Treccani">{{Treccani|cino-del-duca_%28Dizionario-Biografico%29|DEL DUCA, Cino}}</ref>. Fondatore, nel [[1953]], e presidente dell'[[Eni]], società controllata dal [[Ministero delle partecipazioni statali]] (quindi ente di stato), Mattei era fortemente osteggiato dalla grande industria privata, che non gli lesinava critiche, anche attraverso i giornali. Decise quindi di fondare un proprio quotidiano per rompere l'accerchiamento e controbattere agli attacchi. Non era la prima volta che un'azienda pubblica possedeva un giornale: il [[Banco di Napoli]] era proprietaria del «Mattino» e della «Gazzetta del Mezzogiorno».
Mattei trovò come socio l'[[editore]] marchigiano (quindi suo conterraneo) [[Cino Del Duca]], che aveva fatto fortuna in Francia ed era desideroso di lanciarsi in una nuova impresa. Del Duca accettò il ruolo di socio di minoranza. Il 27 settembre [[1955]] fu costituita a [[Milano]] la «Società Editrice Lombarda» (SEL), della quale Mattei detenne il 51% delle quote e Del Duca il 49%<ref name="Treccani"/>. Mattei decise di non apparire pubblicamente come il fondatore del quotidiano, che si presentò ai lettori come giornale indipendente. Ufficialmente il presidente della società editrice era l'ingegner Oreste Cacciabue<ref>Gian Luigi Falabrino, ''Pubblicità serva padrona'', Milano, Sole 24 Ore, [1989], seconda edizione 1999, pag. 122.</ref>.
===La direzione Baldacci===
Il quotidiano nasce per iniziativa dell'[[editore]] [[Cino Del Duca]], che il 27 settembre [[1955]] costituisce la Società Editrice Lombarda (SEL). La nuova testata puntapuntava ad esserecostituire l'alternativa al ''«[[Corriere della Sera]]''» per i lettori milanesi. Cino Del Duca prelevaprelevò proprio dal giornale concorrente l'[[inviato]] [[Gaetano Baldacci]], che promuovepromosse alla carica di direttore. Il modello di riferimento èfu il [[Londra|londinese]] ''«[[Daily Express]]''».
Il primo numero esceuscì il 21 aprile [[1956]]. Caratteristica distintiva del nuovo giornale èera la prima pagina ''a vetrina'', stampata in [[rotocalcografia]]. Il titolo di apertura, che occupaoccupava sette colonne sulle otto della pagina, èfu di [[politica estera]]: ''La distensione a Londra'' e riferisceriferì dei discorsi pronunciati nella [[Londra|capitale inglese]] da [[Nikita Krusciov]]. Al posto dell'[[articolo di fondo]] c'èera una breve "Situazione", firmata da Baldacci<ref>La "Situazione" del numero 1 è scritta a quattro mani da Baldacci e Cino Del Duca.</ref>. Alcune firme del primo numero: [[Giacomo Debenedetti]] (che pubblica ''Ossessi di Brancati e indifferenti di Moravia''), [[Roberto Longhi]], su una mostra dei maestri italiani della pittura a [[Parigi]], [[Benedetto Croce]], sulla storia di [[Casa Savoia]], e lo scrittore [[Goffredo Parise]]. [[Achille Campanile]] e [[Roberto De Monticelli]] raccontanoraccontarono in due paginoni le nozze fiabesche a Montecarlo di [[Grace Kelly]] e il principe [[Ranieri III di Monaco|Ranieri]].<ref>Alberto Mazzuca, ''Penne al vetriolo'', Bologna, Minerva, 2017, p. 202.</ref>
Il giornale era diretto a tutti quei milanesi che non amavano il ''«[[Corriere della Sera]]''» e soprattutto disdegnavano quel suo crisma di "ufficialità". Per questo il ''«Giorno''» doveva sempre cercare di stupire ed essere alternativo, dissacrante. Baldacci amava dire ai suoi collaboratori:
{{Citazione|Se abbiamo fatto una [[Prima pagina (giornalismo)|prima pagina]] uguale o simile a quella del ''«Corriere''», dobbiamo chiederci dove abbiamo sbagliato.}}
Il giornale si distingue dal ''«Corriere''» anche nella forma: esemplare è l'abolizione della tradizionale [[terza pagina]] culturale. La cultura è spostata nella seconda parte del quotidiano, prima degli [[spettacoli]]. Il redattore letterario è [[Giorgio Zampa]]. All'interno, è prevista una pagina intera di [[economia]] e [[finanza]]: è il primo quotidiano d'informazione a farlo. I servizi sportivi sono curati da [[Gianni Brera]]. [[Adele Cambria]], l’unica donna assunta, prima nella redazione di Roma e poi a Milano, cura in particolare una rubrica mondana pubblicata in prima pagina col titolo ''Confino rosa''. Ma la novità più ardita per un foglio del mattino è una pagina dedicata a [[fumetti]] e giochi.<br />
Alla [[Grafica|veste grafica]] ha lavorato nei mesi precedenti il [[designer]] [[Giuseppe Trevisani]], che compie diverse innovazioni: impaginazione su otto colonne invece delle abituali nove; prima pagina ''a vetrina'' con titoli grandi e vivaci corredati da fotografie, sul modello della stampa [[Paesi anglosassoni|anglosassone]]; gli articoli in prima pagina occupano uno spazio residuale: dopo 15-20 righe continuano nelle pagine interne. Al posto dell'articolo di fondo, riservato al direttore, compare un commento più breve sotto la testatina «Situazione».
Amplia l'offerta informativa l'inserto quotidiano di otto pagine a colori stampato in rotocalco (novità assoluta nel [[dopoguerra]]). Il [[Pubblicità|lancio pubblicitario]] è affidato ad un [[Manifesto (stampato)|manifesto]] di [[Raymond Savignac]].<ref>Giorgio Fioravanti. ''Il dizionario del grafico''. Bologna, Zanichelli, 1993. ISBN 88-08-14116-0. Pagina 412.</ref> La testata si schiera politicamente a sostegno del nascente [[centro-sinistra]] e in difesa dell'intervento pubblico nell'economia. Per i primi mesi esce in due edizioni giornaliere. L'edizione pomeridiana è in formato [[tabloid]]. Successivamente,; i rilevanti costi di gestione, però, impongono il termine dell'esperimento a fine luglio.
La crisi generata dal [[deficit]] prodotto nel primo esercizio, induce Del Duca a ritirarsi dall'azionariato. L'Eni di Mattei rimane l'unico proprietario. "Ufficialmente" il quotidiano appartiene a un [[gruppo bancario]]: ancora nel 1958 il premier [[Adone Zoli]] e il ministro [[Giorgio Bo]] escludono qualsiasi partecipazione statale. nella società editrice<ref>Alberto Mazzuca, ''Penne al vetriolo'', op. cit., p. 204.</ref>. Per i primi tre anni il giornale ha problemi di raccolta pubblicitaria: le grandi industrie, infatti, non vogliono apparire sulle pagine del «Giorno». Il quotidiano fatica a trovare inserzionisti privati disposti a comprare spazi pubblicitari<ref>Gian Luigi Falabrino, ''op.cit.'', pag. 123.</ref>.
La situazione si sblocca nel [[1959]]: Oscar Maestro, titolare della [[SpeeD|SPE]], la [[concessionaria di pubblicità]] dei giornali dell'Eridania (società privata da sempre in polemica con l'Eni), offre al «Giorno» la "pace degli zuccherieri" in cambio della gestione pubblicitaria del quotidiano.<br/>
Nell'estate [[1959]] il ''«Giorno''» si è già collocato tra i maggiori fogli nazionali, raggiungendo le 150.000 copie. Nello stesso anno diventa noto al pubblico come il vero proprietario del quotidiano sia lo Stato.<ref>"La vera proprietà del Giorno non fu rivelata per tre anni". Enzo Forcella, ''Millecinquecento lettori'', introduzione di Guido Crainz, pag. XI, Donzelli, 2004.</ref> Il 49% appartiene all'[[ENI]] di [[Enrico Mattei]], un altro 49% all'[[IRI]] e il restante 2% al [[Ministero delle partecipazioni statali]]<ref>''Giornalismo italiano. Volume III: 1939-1968''. Mondadori, collana «I Meridiani». Pag. 1878.</ref>. La mano pubblica si fa sentire alla fine dello stesso 1959: è il [[Governo Segni II|governo]], allora presieduto da [[Antonio Segni]], che licenzia il primo direttore del «Giorno», in una riunione del [[Consiglio dei ministri (ordinamento italiano)|Consiglio dei ministri]] del 23 dicembre.
La mano pubblica si fa sentire alla fine dello stesso 1959: è il [[Governo Segni II|governo]], allora presieduto da [[Antonio Segni]], che licenzia il primo direttore del ''Giorno'', in una riunione del [[Consiglio dei ministri (ordinamento italiano)|Consiglio dei ministri]] del 23 dicembre.
===Gli anni di Italo Pietra===
Nonostante il successo di vendite, «Il Giorno» continua ad avere elevati costi di gestione. Mattei decide, con spregiudicatezza, di utilizzare denaro pubblico per ripianarne i debiti<ref>Eugenio Marcucci, ''Giornalisti grandi firme'', pag. 51.</ref>.
Poiché «Il Giorno» era l'unico quotidiano legato all'industria statale, esso subì un'accesa campagna di stampa da parte del centro-destra e in particolare dai due quotidiani dell'[[Eridania]]: il «[[Resto del Carlino]]» (diretto da [[Giovanni Spadolini]]) e «[[La Nazione]]». Questa ostilità dell'industria privata verso il giornale simbolo del centro-sinistra impediva al «Giorno» di trovare inserzionisti privati disposti a comprare spazi pubblicitari sulle proprie pagine e per tre anni attraversò grosse difficoltà economiche. Finché nel 1959 Oscar Maestro, titolare della [[SpeeD|SPE]] che era la [[concessionaria di pubblicità]] dei giornali dell'Eridania, offrì al «Giorno» la "pace degli zuccherieri" in cambio della gestione pubblicitaria del quotidiano<ref name=Falabrino127>Gian Luigi Falabrino, ''Pubblicità serva padrona'', Milano, Sole 24 Ore, 1989, pag. 127.</ref>.
A Baldacci viene data la soddisfazione di nominare il suo successore: [[Italo Pietra]], amico e collega fin dai tempi del ''«Corriere della Sera''». Poco tempo dopo si ritira Del Duca e così l'ENI rimane editore unico del quotidiano<ref>L'ingresso dell'ENI nel Giorno era datato 31 agosto 1956. Si era trattato di un vero e proprio salvataggio: il quotidiano, infatti, a pochi mesi dalla nascita aveva già accumulato perdite consistenti. L'ENI rilevò la maggioranza del giornale sotto la copertura di un fittizio "Istituto Bancario Romano". Vittorio Emiliani, ''Gli anni del ''Giorno''. Il quotidiano del signor Mattei'', Baldini&Castoldi.</ref>.
[[Italo Pietra|Pietra]] rimane alla guida del quotidiano dal [[1960]] al [[1971]]. [[Socialista]], si batte "per l'incontro tra [[cattolici]] e socialisti, per avviare l'[[Europa]] a una dimensione più ampia, per dare al nostro Paese strutture più moderne, più giuste, più adatte ai tempi"<ref>Giampaolo Pansa, ''Comprati e venduti'', Bompiani, 1977, pag. 10.</ref>.
Il 14 gennaio [[1962]] un [[reportage]] da [[Vigevano]] di [[Giorgio Bocca]] sul ''[[Miracolo economico italiano|boom economico]]'' diventa uno dei pezzi più citati del giornalismo italiano. Nel [[1963]] [[Alberto Arbasino]] intervista lo scrittore [[Carlo Emilio Gadda]].
Fu [[Gianni Brera]] a costruire la redazione sportiva del ''«Giorno''»: [[Mario Fossati]] si occupava del ciclismo, [[Giulio Signori]] dell'atletica, [[Gianni Clerici]] del tennis, [[Gian Maria Gazzaniga]] del calcio, [[Franco Grigoletti]] della pallacanestro.
Per ragioni di concorrenzialità nei confronti del ''«Corriere''», che usciva nel pomeriggio con il ''«[[Corriere d'Informazione]]''», anche il ''«Giorno''» aveva un'edizione pomeridana, diretta da [[Giorgio Susini]]. Nell'edizione mattutina il quotidiano usciva sempre arricchito con qualche supplemento: ''«[[Il Giorno dei Ragazzi]]''» (per il quale [[Benito Jacovitti]] crea, tra i tanti, ''«[[Coccobill]]''»), della [[Televisione|TV]], ecc. Le pagine di [[Cronaca (giornalismo)|cronaca]] erano intitolate con la testatina ''Fatti della vita'', che rimarrà un marchio distintivo del giornale.
===La crisi degli anni Settanta===
Nel [[1971]] ''«Il Giorno''» è il quarto quotidiano italiano d'informazione, con una vendita media di 244.276 copie<ref>V. Castronovo e N. Tranfaglia, ''La stampa italiana nell'età della tv'', Laterza 1994</ref>. L'esercizio [[1970]] si conclude però con una perdita di quasi 3 miliardi e mezzo di lire<ref>Giampaolo Pansa, ''Comprati e venduti'', Bompiani, 1977, pag. 9.</ref>. L'ENI pensa dapprima a cedere il giornale, poi decide di sostituire Italo Pietra, considerato un direttore-interventista per i numerosi articoli scritti sul quotidiano, con un direttore-organizzatore. Avutane notizia in anticipo, Pietra si dimette il 9 giugno.
Al suo posto viene chiamato [[Gaetano Afeltra]]. Nel suo editoriale di presentazione, il nuovo direttore afferma, riguardo alla linea politica, che "non muterà l'impegno democratico, civile e, quindi, [[Antifascismo|antifascista]]. La notizia è sacra, il commento è libero"<ref>Giampaolo Pansa, ''op.cit.'', pag. 69.</ref>.
Afeltra realizza invece un altro progetto: quello di smontare il "Giorno" per distoglierlo dalle precedenti posizioni politiche<ref>Giampaolo Pansa, ''op.cit.'', pagg. 107 e 109.</ref>. La linea di "disimpegno" e "spoliticizzazione" viene osteggiata dalla redazione, che entra per due volte in sciopero, a breve distanza di tempo: il 27 settembre [[1972]] e il 20 gennaio [[1973]]. Nel 1973 escono dal giornale, per disaccordi con il direttore, [[Enzo Forcella]], editorialista, e [[Paolo Murialdi]], primo redattore capo.
Il ''«Giorno''» nella primavera del 1973 aumenta di 20 000 copie la tiratura, ma il passivo rimane elevato. La crisi economica porta alla rinuncia alle pagine a colori e all'inserto.
Nel [[1976]] anche [[Giorgio Bocca]] lascia il quotidiano per partecipare alla fondazione de ''«[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]], ''pensato“pensato per lo stesso tipo di lettore del ''«Giorno''»”. Oltre a Bocca, il suo fondatore, [[Eugenio Scalfari]], riuscì a portar via dal quotidiano milanese tutte le sue firme illustri: [[Gianni Brera]], [[Bernardo Valli]], [[Natalia Aspesi]], [[Alberto Arbasino]], [[Pietro Citati]], [[Mario Pirani]] e [[Gianni Locatelli]].
Il quotidiano romano in poco tempo si ritagliò un suo spazio tra i lettori di [[centro-sinistra]], posizionandosi in un segmento medio-alto. Il ''«Giorno''» non seppe dare una risposta efficace e cominciò a perdere copie.
===Dal 1980 al 1996===
Nel [[1980]] Gaetano Afeltra compì 65 anni. L'ENI decise di affidare l'incarico di direttore della testata - a quel tempo in crisi di vendite - a [[Guglielmo Zucconi]]. Zucconi cercò di tornare alle origini e di rifare il giornale irriverente e critico verso il potere dei primi anni. Approvò, inoltre, il ritorno del colore in prima pagina. In occasione dell'[[attentato a Giovanni Paolo II]] (13 maggio 1981), ''«Il Giorno''» uscì con una foto a tutta pagina ritraente il papa in fin di vita. Nel [[1982]] il quotidiano milanese era il settimo quotidiano italiano con 261.245 copie di [[tiratura]] media<ref>''Quanto si legge in Italia?'', in «La Civiltà Cattolica», 1º ottobre 1983, n. 3199, p. 77 ([https://books.google.it/books?id=tQM5AQAAMAAJ&printsec=frontcover versione digitalizzata]).</ref> (il quinto se si escludono i quotidiani sportivi).
Nei suoi quattro anni di direzione (1980-1984) Zucconi cambiò la fattura del giornale. La televisione, ormai presente nelle case di tutti gli italiani, fu trattata in un modo nuovo, raccontando le storie personali degli attori e dei presentatori. Un'altra innovazione fu quella di inserire nelle pagine degli spettacoli la [[musica leggera]], genere ancora negletto perché considerato frivolo. Emersero cronisti come [[Paolo Martini]], [[Gigi Moncalvo]] e [[Massimo Franco]]. ''«Il Giorno''» riprese il suo posto di prestigio tra i giornali nazionali. Cominciarono a tornare anche le firme famose, fra cui [[Massimo Fini]].
===L'era Poligrafici Editoriale===
Nel [[1996]] ''«Il Giorno''» vendeva su scala nazionale una media giornaliera di 130 000 copie<ref>Dati ADS riportati da ''«[[L'espresso]]''» il 10 ottobre 1996</ref>.
Nel [[1997]] il quotidiano fu ceduto dall'Eni alla Poligrafici Editoriale S.p.A., quinto gruppo editoriale italiano diretto da [[Andrea Riffeser Monti]]. L'operazione costò 11,1 miliardi di lire, ma la casa editrice bolognese ricevette in cambio un finanziamento triennale a [[fondo perduto]] di 66 miliardi di lire<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.giornalisti.net/news.asp?id=68 "Le due storie de Il Giorno"] |date=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }}.</ref>.
La Poligrafici è già proprietaria di due quotidiani regionali, ''«Il Resto del Carlino''» e ''«La Nazione''», che escono con un'edizione unica a livello nazionale (la testata ''«[[Quotidiano nazionale]]''») e con un'edizione distinta a livello regionale.
''«Il Giorno''» possiede una propria redazione nazionale, che produce autonomamente le notizie. Tale redazione fu dismessa dal nuovo proprietario, il quale stabilisce che il fascicolo nazionale del ''«Giorno''» avrà le stesse notizie prodotte tra Bologna e Firenze.
Nell'ottobre [[2000]] il ''«Giorno''» adotta il [[Tabloid|formato tabloid]] così come le altre testate della catena. Accanto alla testata, di cui il direttore è Giovanni Morandi, in prima pagina è riportato il marchio “QN” ("Quotidiano Nazionale")<ref>Quotidiano Nazionale ha comunque una propria registrazione ed un proprio direttore responsabile.</ref>.
Nel maggio [[2016]] la redazione lascia la sede di via Stradivari e si trasferisce in Corso Buenos Aires. Quella attuale è la quinta sede del quotidiano<ref name="indirizzo"/>.
*Franco Nasi
*[[Maria Pezzi]]
*[[Pietro Bianchi (critico cinematografico)|Pietro Bianchi]]
*Pier Maria Paoletti
*Maurizio Chierici
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