Utente:Distico/Sandbox/7: differenze tra le versioni

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Peterson ha tentato di spiegare perché siano proprio questi due tratti, coscienziosità e apertura mentale – che in generale sono due parametri abbastanza indipendenti (non correlati statisticamente) tra di loro – ad essere strettamente collegati alla posizione politica: secondo Peterson la spiegazione è legata essenzialmente a concetto di «confine». Alle persone "aperte" (con alto valore di apertura mentale), infatti, piace vivere nei pressi o al di là di un confine, in tutti i sensi (concreti o figurati), sono pronte ad aprire i propri confini, a sfondare qualunque schema, qualunque barriera, a pensare fuori dagli schemi, a trovare analogie tra le cose, comportandosi spesso anche in modo disordinato e confusionario. Al contrario le persone coscienziose, soprattutto quelle con un alto livello di ordine, tendo a schematizzare, a pensare all'interno degli schemi, a distinguere le cose, a dividere, separare, confinare e strutturare su vari livelli il mondo che li circonda. Questa tendenza delle persone coscienziose a schematizzare/separare è correlata alla sensazione di disgusto, spesso associata a persone eccessivamente ordinate, interpretabile come la sensazione associata ad una repulsione nei confronti di una «violazione di confine», ovvero repulsione nel vedere toccarsi oggetti (in tutti i sensi, oggetti concreti o figurati, idee, comportamenti e categorie di persone) che, rispetto un certo schema concettuale, non è ammesso che possano toccarsi. Secondo Peterson in definitiva le persone con maggiore apertura mentale (dunque, statisticamente, più ''liberal'') tendono a vedere i vantaggi e le opportunità che si presentano nell'apertura di un «confine», mentre le persone con alti valori di coscienziosità (statisticamente, più conservatrici) tendono a vedere i difetti e i pericoli di eventuali aperture e «violazioni di confine».
==Maps of Meaning==
 
{{citazione|Sono passati quasi dodici anni da quando ho afferrato per la prima volta l'essenza del paradosso che sta alla base della motivazione umana verso il male: le persone hanno bisogno dell'identificazione di gruppo, perché quell'identificazione le protegge, letteralmente, dalle terribili forze dell'ignoto. È per questo motivo che ogni individuo che non è decadente si sforzerà di proteggere il proprio territorio, reale e psicologico. Ma la tendenza a proteggere significa odiare l'altro, e dunque l'inevitabilità della guerra – e adesso siamo troppo tecnologicamente potenti per impegnarci in guerra. Consentire la vittoria agli altri, tuttavia – o anche l'esistenza continuata, nei suoi termini – significa soggiogamento, dissoluzione delle strutture protettive e esposizione a ciò che è più temuto. Per me, questo significava «dannato se lo fai, dannato se non lo fai»: i sistemi di credenze regolano l'affetto, ma il conflitto tra i sistemi di credenze è inevitabile.
 
La formulazione e la comprensione di questo terribile paradosso mi hanno devastato. Ero sempre stato convinto che una sufficiente comprensione di un problema, qualsiasi problema, portasse alla sua risoluzione. Qui ero, tuttavia, in possesso di una comprensione che sembrava non solo sufficiente ma completa, catturato comunque tra il diavolo e il mare blu profondo. Non riuscivo a vedere come potesse esserci un'alternativa al fatto di avere un sistema di credenze o al non averlo – e potevo vedere lo svantaggio di entrambe le posizioni. Questo ha davvero scosso la mia fede.|Jordan Peterson, ''Maps of Meaning''.<ref>Jordan Peterson, ''Maps of Meaning: The Architecture of Belief'', 460.</ref>|It has been almost twelve years since I first grasped the essence of the paradox that lies at the bottom of human motivation for evil: People need their group identification, because that identification protects them, literally, from the terrible forces of the unknown. It is for this reason that every individual who is not decadent will strive to protect his territory, actual and psychological. But the tendency to protect means hatred of the other, and the inevitability of war — and we are now too technologically powerful to engage in war. To allow victory to the other, however — or even continued existence, on his terms—means subjugation, dissolution of protective structures, and exposure to that which is most feared. For me, this meant ‘damned if you do, damned if you don’t’: belief systems regulate affect, but conflict between belief systems is inevitable.
 
 
Formulation and understanding of this terrible paradox devastated me. I had always been convinced that sufficient understanding of a problem—any problem—would lead to its resolution. Here I was, however, possessed of understanding that seemed not only sufficient but complete, caught nonetheless between the devil and the deep blue sea. I could not see how there could be any alternative to either having a belief system or to not having a belief system — and could see little but the disadvantage of both positions. This truly shook my faith.|en}}
 
"{{citazione|Nella misura in cui l'AcademeAcademia ricorda le sue antiche origini, deve sapere che è statostata fondato dall'avversario più determinato e più influente della polis".|[[Hannah Arendt]], ''Verità e politica''.<ref>Hannah Arendt, ''Truth and Politics''.</ref>|To the extent that the Academe remembers its ancient origins, it must know that it was founded by the polis’s most determined and most influential opponent.|en}}"
Hannah Arendt, "Verità e politica" [2]