Si occupò poi dell'amministrazione della [[Gallia citeriore]], che condusse egregiamente, a parte una caduta di stile. Volendo ottenere onori militari, cercò lo scontro con dei nemici, ma non ne trovò; pensò allora di sottomettere delle tribù innocue e chiese il [[trionfo]] per questa azione: fu solo per l'intervento di Scevola che la cosa non ebbe buon fine.
NelIntorno al [[93 a.C.]] partecipò ad una delle cause legali più note dell'epoca, quella tra Marco Curio e Marco Coponio riguardo ad una eredità: Crasso difese Curio, mentre le parti di Coponio furono prese da Scevola, che era un ottimo avvocato. La causa verteva su di un testamento, fatto da un uomo che riteneva la moglie incinta di pochi mesi, e che lasciava i propri beni al figlio nascituro, a meno che questi non fosse morto prima dei quattordici anni, nel qual caso l'eredità sarebbe andata a Curio. Il figlio non nacque, e Scevola, difendendo l'interesse di Coponio, affermò che la clausola fosse stata annullata da questo fatto. Crasso, invece, affermò che l'autore del testamento non poteva distinguere tra il non verificarsi della clausola per morte del figlio dal caso in cui il figlio non fosse nato affatto, e quindi avanzava la richiesta di riconoscimento del ruolo di erede del suo cliente. La corte diede ragione a Crasso, e Curio ereditò.
Nel [[92 a.C.]] fu [[censore (storia romana)|censore]] con [[Gneo Domizio Enobarbo (console 96 a.C.)|Gneo Domizio Enobarbo]].