Luigi Facta: differenze tra le versioni

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Dopo la morte in battaglia del figlio, affermò di esser fiero di aver consegnato l'esistenza del ragazzo alla Patria. Nel dopoguerra continuò la sua ascesa e venne nominato dapprima Ministro della Giustizia nel [[governo Orlando]] ([[1919]])<ref>[http://storia.camera.it/deputato/luigi-facta-18610913/governi?reloaded#nav Luigi Facta], Camera dei Deputati</ref> e successivamente ancora ministro delle Finanze nel [[governo Giolitti V|quinto esecutivo guidato da Giolitti]] ([[1920]] - [[1921]])<ref name=treccani/>.
 
Il re [[Vittorio Emanuele III di Savoia]] lo nominò presidente del [[Consiglio dei ministri]] il 26 febbraio [[1922]] ([[Governo Facta I]]). Facta (che occupò ''ad interim'' anche il ruolo di Ministro degli Interni) fu sfiduciato a luglio; ma il re, non riuscendo a trovare nessuno disposto a formare un nuovo governo rinviò Facta alla cameraCamera che votò la fiducia il 1º agosto ([[Governo Facta II]]). Facta conservò tale incarico fino al 27 ottobre dello stesso anno. Quando seppe che i [[fascismo|fascisti]] avrebbero organizzato una [[marcia su Roma]], fu dapprima indeciso sul da farsi e successivamente propose al Re di promulgare lo stato d'assedio, senza però ottenere la firma del sovrano<ref name=treccani/>.
 
Facta non volle mai rivelare a nessuno che cosa fosse successo la notte in cui il re si rifiutò di firmare lo stato d'assedio: l'indomani, lui e il governo rassegnarono le dimissioni, e Vittorio Emanuele III fece telegrafare a Mussolini che si trovava a Milano di recarsi immediatamente a Roma per formare il nuovo governo<ref>[http://www.britannica.com/EBchecked/topic/199996/Luigi-Facta Luigi Facta], [[Enciclopedia Britannica]]</ref>. Facta non si oppose al [[regime fascista|regime]], e nel [[1924]] fu nominato [[senatore del Regno]]<ref>[[Aldo Mola]], [http://archiviostorico.corriere.it/2003/settembre/13/Era_unico_grado_fermare_ascesa_co_0_030913086.shtml ''Era l'unico in grado di fermare l'ascesa di Mussolini ma Facta riuscì a bloccarlo nell'eremo di Cavour''], ''[[Corriere della Sera]]'', 13 settembre 2003</ref>.