Papa Gregorio II: differenze tra le versioni

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È probabile che Leone fosse sinceramente ispirato da un sentimento religioso che lo spinse a tentare di ricomporre l'unità spirituale dell'impero, ma uno dei maggiori ostacoli alla realizzazione di quel progetto era il fatto che il cristianesimo ammetteva il culto delle immagini, che era escluso per gli ebrei. L'evento che fece precipitare la situazione fu l'ordine, impartito nel [[723]] dal [[califfo]] arabo [[Yazid II ibn 'Abd al-Malik|Yazid]], di togliere tutte le immagini sacre dalle chiese cristiane del suo territorio; Leone pensò che adottando una simile iniziativa avrebbe risolto il principale problema della conversione degli ebrei e contemporaneamente migliorato i rapporti con gli Arabi, ma non valutò la portata dei gravi tumulti che una tale decisione provocò presso la popolazione cristiana.
 
Il [[Patriarcato ecumenico di Costantinopoli|Patriarca di Costantinopoli]] non lo appoggiò, e Leone si rivolse direttamente al papa (promettendo, forse, di non insistere sul problema delle tasse rimasto insoluto), il quale, anziché assecondare l'editto imperiale, convocò un concilio che confermò la venerazione delle immagini e diffidò l'imperatore dall'emanare disposizioni in materia di fede. [[Leone III Isaurico|Leone]] minacciò di destituirlo, ma il papa, con una serie di lettere inviate a tutte le diocesi d'Italia provocò una tale sollevazione di tutto il popolo e il clero dei territori bizantini d'Italia contro l'imperatore, che questi fu costretto a ricorrere alla violenza: incaricò il nuovo esarca [[Eutichio]], di organizzareordire l'assassinioun delpiano per assassinare
il pontefice. Eutichio sbarcò a [[Napoli]] nel [[727]]; da lì avviò contatti con funzionari imperiali presenti a Roma, ma il complotto fu scoperto e i congiurati uccisi o costretti a riparare in convento per salvarsi. Allorché lo stesso esarca puntò direttamente a Roma, al [[ponte Salario]] fu bloccato e costretto alla ritirata dalle truppe [[Longobardi|longobarde]] del [[ducato di Spoleto]] e della [[Tuscia]].
 
Tutta l'Italia si sollevò contro i bizantini che vennero cacciati e sostituiti da funzionari locali. Gregorio però non approfittò della situazione: l'eliminazione completa del potere imperiale in Italia, e magari la scomunica di Leone III, per eresia avrebbe prodotto uno squilibrio di forze di cui si sarebbero avvantaggiati i [[Longobardi]], che la Chiesa non vedeva di buon occhio; poteva essere sufficiente un segnale di forza da parte del papato e di insofferenza da parte delle popolazioni italiche. Ma soprattutto veniva ribadita con forza la posizione del papa come capo indiscusso della cristianità occidentale, e non solo spirituale. Un capo che, in una lettera, poteva ormai permettersi di minacciare l'imperatore: «... la tua rabbiosa violenza nulla può contro Roma… L'Europa intera venera il santo principe degli apostoli <nowiki>[</nowiki>[[Pietro Apostolo|San Pietro]]<nowiki>]</nowiki>; se tu manderai a distruggere la sua immagine, noi ci dichiariamo fin d'ora innocenti del sangue che sarà versato e dichiariamo che esso ricadrà interamente sul tuo capo.»<ref>C. Rendina, ''op. cit.'', pp. 212 e segg.</ref><ref>Paolo Brezzi, ''La civiltà del Medioevo europeo'', Eurodes, 1978, vol. I, pp. 156 e segg., 159 e segg.</ref>.
 
Chi invece tentò di approfittare della situazione fu, come Gregorio aveva previsto, il re longobardo [[Liutprando]], che nel [[728]] si alleò con l'[[esarca]] di [[Ravenna]] e discese verso Roma, avendo facilmente ragione dei duchi di [[Benevento]] e di [[Spoleto]] che erano accorsi in difesa del papa. Trovandosi scoperto, Gregorio non se la sentì di usare anche con Liutprando le maniere forti, e preferì seguire l'esempio di [[papa Leone I]] con [[Attila]]: si recò dal re longobardo e riuscì a convincerlo a deporre ai suoi piedi la spada e la corona e a chiedere il perdono per sé e la revoca della [[scomunica]] per l'esarca<ref>C. Rendina, ''op. cit.'', p. 215. Secondo altre versioni (P. Brezzi, ''op. cit.'') l'atto di sottomissione avvenne in [[Antica basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]], davanti alla tomba dell'[[Pietro Apostolo|Apostolo]].</ref>, cedendo inoltre alcuni territori e castelli del [[Ducato romano]] in quella che è conosciuta come [[Donazione di Sutri]].
 
Passata la fase più acuta della crisi, Gregorio si adoperò per ammorbidire i contrasti con l'imperatore, e mentre l'esarca ristabiliva il potere imperiale anche a Roma; nel [[730]] Gregorio s'impegnò in prima persona pernel denunciare e sventare un tentativo di usurpazione del trono bizantino da parte di un duca della [[Tuscia]]; per il momento era necessario e opportuno mantenere in Italia il potere statale di [[Costantinopoli]], anche a garanzia della sopravvivenza del papato.
 
Gregorio morì l'11 febbraio del [[731]], e fu sepolto in [[Antica basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]].