Anche gli studi epidemiologici prospettici finalizzati a definire la relazione tra SFA della dieta e CHD non hanno permesso di ottenere conclusioni univoche.<ref name=":10">{{Cita pubblicazione|autore=P.W. Siri-Tarino|anno=2010|titolo=A meta-analysis of prospective cohort studies evaluating the association of saturated fat with cardiovascular disease|rivista=Am. J. Clin. Nutr.|volume=91|numero=|pp=535–546|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2824152/}}</ref> Neppure due importanti metanalisi hanno trovato un’associazione significativa tra SFA e CHD.<ref name=":10" /><ref>{{Cita pubblicazione|autore=A. Mente|anno=2009|titolo=A systematic review of the evidence supporting a causal link between dietary factors and coronary heart disease|rivista=Arch. Intern. Med.|volume=169|numero=|pp=659–669|url=https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/1108492}}</ref> Tuttavia nessuna di esse studi ha considerato i macronutrienti che erano assunti in sostituzione degli SFA.
Dall'esame di una serie di studi clinici è emerso che la sostituzione degli SFA con PUFA riduce la mortalità da CHD, mentre la sostituzione con carboidrati raffinati non ottiene significativi vantaggi; più incerti sono i benefici di una sostituzione con MUFA.<ref name=":9" /> Anche unaUna metanalisi (''Pooling Project of Cohort Studies on Diet and Coronary Disease'') di 11 studi osservazionali prospettici, comprendenti circa 345.000 individui adulti di entrambi i sessi seguiti per 4-10 anni, ha preso in considerazione gli alimenti assunti in alternativa agli SFA. Questo lavoro ha rilevato come l’apporto dietetico di SFA sia associato a un più elevato rischio CHD rispetto ai PUFA, ma non rispetto ai carboidrati o ai MUFA; anzi la sostituzione degli SFA con i carboidrati rifiniti comporta un maggiore rischio CHD.<ref name=":12">{{Cita pubblicazione|autore=M.U. Jakobsen|anno=2009|titolo=Major types of dietary fat and risk of coronary heart disease: a pooled analysis of 11 cohort studies|rivista=Am. J. Clin. Nutr.|volume=89|numero=|pp=1425–1432|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2676998/}}</ref> È stato calcolato che la sostituzione del 5% dell’introito calorico come SFA con un’equivalente quantità di PUFA può ridurre gli eventi CV del 13%, mentre la sostituzione con carboidrati raffinati ne causa un aumento del 7%.<ref name=":12" />
Nei 25 anni dello studio policentrico ''Seven Countries Study'' (vedi sotto "I grandi studi trasversali") il contenuto in SFA della dieta era fortemente correlato alla mortalità CHD, così come lo erano, in minor grado, i MUFA e il colesterolo, l'incidenza della mortalità CHD. Tuttavia a parità di colesterolemia la mortalità CHD presentava notevoli differenze fra le diverse popolazioni. È stato ipotizzato che laLa relazione tra dieta e colesterolo spieghispiega solo in parte gli effetti della dieta sulla mortalità CHD. InfattiÈ anche èda probabileconsiderare che a un dato valore di colesterolemia totale corrispondanocorrispondono differenti livelli di LDL ossidate (le vere responsabili dell'aterosclerosi) e che differenze qualitative e quantitative nella composizione della dieta potrebbero avere notevole influenza sul grado di ossidazione delle LDL (es. le [[Vitamina C|vitamine antiossidanti C]], [[Vitamina E|E]] e [[beta-carotene]] oppure i [[flavonoidi]]). La [[dieta mediterranea]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=A. Menotti|anno=2015|titolo=Le origini storiche della dieta mediterranea: il Seven Countries Study of cardiovascular diseases|rivista=Epidemiol. Prev.|volume=39|numero=|pp=285-288|url=http://www.sossanita.it/doc/2015_11_origini_DIETAmediterranea.pdf}}</ref> e quella giapponese, a basso contenuto di grassi saturiSFA e ricche di antiossidanti e grassi insaturiPUFA, oltre a un effetto diretto sui livelli delle LDL, potrebbero avere azioni favorevoli sia sull'ossidazionesulla delleloro LDLossidazione che sulla trombogenesi. Naturalmente, oltre alla dieta, altri fattori, ambientali e genetici, hanno un ruolo nel creare le differenze di mortalità coronaria tra le varie popolazioni.
A queste considerazioni va ricondotto il cosiddetto "[[paradosso francese]]". Diversi studiosi hanno evidenziato: la relativamente bassa incidenza di CHD in Francia rispetto ad altri paesi industrializzati con simile introito dietetico di grassi saturiSFA e colesterolo. Questo apparente contrasto è stato definito il "paradosso francese" (anche se è stato rilevato in altri paesi). Sebbene non si abbia certezza sulle cause di tale discrepanza, sono state chiamate in causa abitudini dietetiche, quali un consistente consumo di vegetali e un'assunzione di quantità moderate di vino rosso.
== Colesterolemia e stress ==
Esiste un teoria secondo la quale fattori psicologici, e in particolare lo stress emotivo, influenzerebbero la colesterolemia. I suoi sostenitori affermano che neavrebbe sarebbeun responsabileruolo l'aumento di [[ormone|ormoni]] e neuroormonineurormoni, come [[adrenalina]], [[noradrenalina]] e [[cortisolo]]. In particolare è stato sottolineato come il [[cortisolo]], promuovendo la [[lipolisi]], inibisca l'elaborazione di LDL da parte del fegato (il che fa aumentare la colesterolemia e peggiora la relazione LDL/HDL)<ref>{{cita pubblicazione|autore=Rosenman R.H.|anno=1993|titolo=Psycological Influence on the Variability of Plasma Colesterol|rivista=Homeostasis|numero=34|pp=129 - 136|lingua=en}}</ref>.
== Colesterolemia e rischio cardio-vascolare ==
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