Primo Levi: differenze tra le versioni

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===Chimico e scrittore===
L'esperienza nel campo di concentramento lo sconvolse profondamente, fisicamente e psicologicamente. Giunto a [[Torino]], si riprese fisicamente e riallacciò i contatti con i familiari e gli amici superstiti della Shoah. Mosso dalla prorompente necessità di testimoniare l'incubo vissuto nel [[lager]], si gettò febbrilmente nella scrittura di un romanzo che fosse testimonianza della sua esperienza ad [[Auschwitz]] e che verrà intitolato ''[[Se questo è un uomo]]''. In questo periodo conobbe Lucia Morpurgo (1920-2009), che diventò sua moglie. Levi ebbe poi ad affermare che questo incontro sarebbe stato fondamentale per la stesura di ''Se questo è un uomo'', permettendogli di passare dalla prospettiva dolorosa di un convalescente a quella descritta dall'autore nel libro ''Il sistema periodico'' con queste parole: ''"un'opera di chimico che pesa e divide, misura e giudica su prove certe, e s'industria di rispondere ai perché"''. Nel [[1947]] terminò il manoscritto, ma molti editori, tra cui [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]], lo rifiutarono. Venne pubblicato da un piccolo editore, De Silva. Nonostante la buona accoglienza della critica, inclusa una recensione favorevole di [[Italo Calvino]] su ''[[l'Unità]]'', incontrò uno scarso successo di vendita. Delle 2.500 copie stampate, se ne vendettero solo 1.500, soprattutto a Torino.[[File:Primo Levi (1960).jpg|miniatura|thumb|Primo Levi seduto alla scrivania mentre legge, 1960]]
 
L'opera di Primo Levi fu uno dei primissimi memoriali di deportati ebrei nei campi di sterminio nazisti. Sette furono i deportati ebrei autori di racconti autobiografici pubblicati in Italia nei primi anni del dopoguerra: Lazzaro Levi alla fine del 1945, [[Giuliana Fiorentino Tedeschi]], [[Alba Valech Capozzi]], [[Frida Misul]] e [[Luciana Nissim Momigliano]] nel 1946, e infine nel 1947 Primo Levi e [[Liana Millu]]. A essi vanno aggiunti: [[Luigi Ferri (deportato)|Luigi Ferri]], la cui deposizione (in tedesco) è resa nell'aprile 1945 di fronte a uno dei primi tribunali chiamati a giudicare sui crimini nazisti; [[Sofia Schafranov]], la cui testimonianza è raccolta nel 1945 in un libro-intervista di [[Alberto Cavaliere]]; e [[Bruno Piazza]], il cui memoriale, scritto negli stessi anni, sarà però pubblicato solo nel 1956.<ref>Anna Baldini (2012), "La memoria italiana della Shoah (1944-2009)", in ''Atlante della letteratura italiana'', Torino, Einaudi, Vol.3, pag. 758-763.</ref>