Chilivani: differenze tra le versioni
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Le campagne a ovest di Ozieri furono infatti scelte per costruire lo scalo, denominato successivamente [[Stazione di Ozieri Chilivani|Chilivani]], dove dalla linea principale si sarebbe diramata la linea per i due centri turritani.<ref>Elettrio Corda. ''Le contrastate vaporiere - 1864/1984: 120 anni di vicende delle strade ferrate sarde: dalle reali alle secondarie, dalle complementari alle statali'', Chiarella Editore</ref>.
Una delle teorie riguardo alla denominazione Chilivani fa risalire il nome dello scalo ferroviario e della borgata che lo circonda da quello di una principessa [[parsi]], chiamata Kiliwani, che l'ingegner Piercy aveva conosciuto durante il suo lungo soggiorno in [[India]], dove lavorò per la realizzazione delle ferrovie reali<ref>{{cita libro|autore=Edoardo Altara |titolo=Binari a Golfo Aranci - Ferrovie e treni in Sardegna dal 1874 ad oggi|anno=1992 |editore=Ermanno Albertelli Editore |ISBN=88-85909-31-0|pagine=21}}</ref>. {{Citazione necessaria|Si dice che nelle fondamenta della stazione di Chilivani siano conservate delle perle donate dalla principessa all'ingegnere inglese}}. La verità è che il nome di Chilivani è molto più antico: in un documento del 1643 della Mensa vescovile di
Con la fine della [[seconda guerra mondiale]], il Governo (particolarmente attivo su questo tema, almeno in loco, fu il futuro presidente della repubblica [[Antonio Segni]]) decise di avviare un programma di riforma fondiaria. La [[Cassa del Mezzogiorno]], per il tramite dell'[[Ente Trasformazione Fondiaria Agricola Sarda]] (ETFAS, sorto nel dopoguerra), nei primi anni '50 decise di favorire la creazione della cosiddetta "[[piccola proprietà contadina]]"<ref>Riservata a chi già lavorava in agricoltura, e non possedeva proprietà di rilievo, in pratica gli ex braccianti agricoli e i piccoli mezzadri. In Sardegna ciò si espresse con la suddivisione in piccoli poderi (della superficie variabile tra i 5 ed i 15 ettari, a seconda della composizione di ciascun nucleo familiare) di ampie distese di territorio (presumibilmente acquisito o espropriato dallo Stato a danno dei latifondisti) posto nelle zone più vocate all'agricoltura</ref>
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