Invidia: differenze tra le versioni

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Il termine '''invidia''' (dal latino ''in'' - avversativo - e ''videre'', guardare contro, ostilmente, biecamente o genericamente guardare male, quindi "gettare il [[malocchio]]") <ref>[[Marco Tullio Cicerone]] definisce l'invidia il «produrre la disgrazia altrui mediante il proprio malocchio» (In Cicerone, ''Tusc''. III, 9, 20</ref><ref>Afferma [[Agostino d'Ippona]]: «Video, sed non invideo» - ''Vedo, ma non invidio'' - in ''Evangelium Ioannis Tractatus'' 44, 11</ref> si riferisce a uno stato d'animo o [[sentimento]] per cui, in relazione a un bene o una qualità posseduta da un altro, si prova dispiacere e astio per non avere noi quel bene e a volte un risentimento tale da desiderare il male di colui che ha quel bene o qualità.<ref>''Dizionario della Salute e della Medicina'' Treccani alla voce corrispondente</ref>
A volte confusa o compresente con la [[gelosia]] molto simile che differisce perchèperché riferita ad un ambito di carattere affettivo sentimentale <ref>Monia Frandina, Edoardo Giusti, ''Terapia della gelosia e dell'invidia'', Sovera Edizioni, 2007 </ref> .
 
==L'invidia nella filosofia==
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{{Vedi anche|Invidia degli dei}}
 
Uno degli autori più antichi, [[Erodoto]] ([[484 a.C.]]–[[425 a.C.]]) estende questo sentimento malevolo persino agli dei arcaici, dagli umani attributi, custodi gelosi della propria gloria e del proprio potere e garanti di quell'ordine universale che se compromesso causa l'intervento della divinità, in base a quel principio che l'autore definisce come φθόνος τῶν θεῶν ("invidia degli dei") per il quale l'uomo che ottiene troppa fortuna, al di là dei limiti stabiliti, viene ucciso o privato della propria gloria.
 
In molte tragedie greche l'invidia degli dei costituisce lo sviluppo narrativo che porta come conseguenza al commettere un atto di [[hýbris]] e, di conseguenza, essere uno hýbristes ossia un colpevole di tracotanza che vìola leggi divine immutabili, ed è la causa per cui, anche a distanza di molti anni, i personaggi o la loro discendenza sono portati a commettere crimini o subire azioni malvagie. Al termine hýbris viene spesso associato quello di "némesis", in [[lingua greca|greco]] νέμεσις, che è la sua conseguenza: significa infatti "vendetta degli dei", "ira", "sdegno", e si riferisce alla punizione giustamente inflitta dagli dei a chi si era macchiato personalmente di hýbris, o alla sua discendenza o al popolo di cui fa parte.
 
Tra i filosofi greci [[Epicuro]] ([[341 a.C.]]–[[271 a.C.]]) mette in rilievo il danno morale e l'inutilità di colui che invidia