Brigida Banti: differenze tra le versioni

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=== La grande carriera europea ===
Dopo essere passata per [[Vienna]] nel [[1780]], la Banti decise di rientrare in Italia scritturata, per la stagione di carnevale [[1782]]/[[1783]], dal [[Teatro San Benedetto]] di [[Venezia]], dove riscosse un notevole successo nelle prime del ''Piramo e Tisbe'' di [[Francesco Bianchi]] (che sarebbe diventato il suo compositore preferito) e dell<nowiki>'</nowiki>''Attalo, re di Bitinia'' di [[Giuseppe Sarti]], nonché in una ripresa dell<nowiki>'</nowiki>''[[Orfeo ed Euridice (Bertoni)|Orfeo ed Euridice]]'' di [[Ferdinando Bertoni|Bertoni]] che destò l'entusiasmo di un ascoltatore d'eccezione come il tenore [[Irlanda|irlandese]] [[Michael Kelly (tenore)|Michael Kelly]]. Cantò successivamente a [[Torino]], [[Milano]], di nuovo a Venezia, ed anche, nel [[1786]]/[[1787|87]], a [[Varsavia]], ove si esibì in opere di [[Giuseppe Giordani|Giordani]], [[Pietro Persichini|Persichini]] e [[Angelo Tarchi (compositore)|Tarchi]].<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/brigida-giorgi_(Dizionario-Biografico)/ Staccioli].</ref> Nello stesso 1787 approdò infine al [[Teatro San Carlo]] di [[Napoli]], creando il ruolo di ''Sofonisba '' nella prima rappresentazione dello ''Scipione Africano'' del suo prediletto Bianchi, ed eseguendo anche opere di [[Giovanni Paisiello|Paisiello]], [[Pasquale Anfossi|Anfossi]] e [[Pietro Alessandro Guglielmi|Guglielmi]]. La Banti rientrò quindi, nel [[1789]], al San Benedetto di Venezia, dove fu la prima protagonista della ''Zenobia in Palmira'' di Anfossi, che divenne uno dei suoi cavalli di battaglia, assieme al ruolo di ''Semiramide '', creato per la prima rappresentazione de ''La vendetta di Nino'' di Bianchi alla fine dell'anno successivo. Nel giugno del [[1792]] partecipò all'inaugurazione del nuovo [[Gran Teatro La Fenice]] a Venezia, a fianco di [[Gaspare Pacchierotti]] (il quale non mancò di influenzarla notevolmente nelle sue attitudini artistiche), nella prima rappresentazione de ''[[I giuochi d’Agrigento]]'' di Paisiello.
Dopo una breve stagione a [[Madrid]] nel [[1793]], dal [[1794]] al [[1802]] ella fu scritturata, come soprano principale al ''[[Her Majesty's Theatre|King’s Theatre]]'' di [[Londra]], dove debuttò con il ruolo di ''Semiramide '' nell'opera citata di Bianchi e dove incontrò [[Lorenzo Da Ponte]] che, nelle sue Memorie, le attribuì, con notevole malevolenza, caratteristiche umane piuttosto sgradevoli<ref>Da Ponte, [http://ww2.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit000490/bibit000490.xml&chunk.id=d4192e3111&toc.depth=1&toc.id=&brand=bibit ''op. cit. '', versione digitale (terza parte)] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110929110620/http://www.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit000490%2Fbibit000490.xml&chunk.id=d4192e3111&toc.depth=1&brand=default |data=29 settembre 2011 }}: la Banti “''era una femminaccia ignorante, sciocca e insolente, che, avvezza nella sua prima giovinezza a cantar pei caffè e per le strade, portò sul teatro, dove la sola voce la condusse, tutte le abitudini, le maniere e i costumi d'una sfacciata Corisca ''[personaggio negativo de'' [[Il pastor fido (Guarini)|Il pastor fido]]'', n.d.r.]''. Libera nel parlare, più libera nelle azioni, dedita alla crapola, alle dissolutezze ed alla bottiglia, appariva sempre quello che era in faccia di tutti, non conosceva misure, non aveva ritegni; e, quando alcuna delle sue passioni era stuzzicata dalle difficoltà o dalle opposizioni, diventava un aspide, una furia, un demone dell'inferno, che avrebbe bastato a sconvolgere tutto un impero, nonché un teatro''".</ref>, oltre che una relazione con [[William Taylor]], direttore del teatro. Ritornata in Italia nell'autunno del [[1802]] a seguito del rientro in patria di [[Elizabeth Billington]], continuò per qualche anno ad esibirsi sia alla [[La Scala|Scala]] che alla Fenice, ma la sua voce stava deteriorandosi e fu quindi costretta a ritirarsi, peraltro poco prima di morire, nel [[1806]]. Tanto splendida e così potente era stata quella stessa voce che, alla sua morte, il suo corpo fu sottoposto ad un'autopsia che rivelò due polmoni di straordinaria ampiezza<ref>Celletti, R. ''La grana ...'', "San Carlo e Scala", pag. 66.</ref>