Ferdinando Mittiga: differenze tra le versioni

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Dopo l'[[Unità d'Italia]], il vicegovernatore di [[Gerace]] si rivolse al possidente liberale Francesco Oliva, compaesano di Mittiga, affinché il brigante, che aveva ulteriormente ingrossato le sue fila con i disertori del disciolto [[esercito borbonico]], sciogliesse la sua banda e si consegnasse alle autorità; tuttavia, Oliva non si mosse da Gerace, essendo stato avvertito di un potenziale agguato ai suoi danni fra i monti di [[Cirella]], mentre Mittiga rispose che non si sarebbe mai consegnato<ref>Vittorio Visalli, I Calabresi nel Risorgimento italiano. Storia documentata delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862, Walter Brenner Editore, Cosenza, 1989, p. 335. </ref>.
 
Nel frattempo i piani del brigante, proclamatosi generale dell'esercito borbonico, divennero più ambiziosi: essendo venuto a conoscenza che erano in corso i preparativi per una spedizione in Calabria, guidata dal generale catalano [[José BorjésBorjes]], in partenza da [[Malta]], fece sapere che era pronto a mettersi al servizio del comandante borbonico. Così, l'[[11 settembre]] [[1861]] Borjés sbarcò a [[Brancaleone (Italia)|Brancaleone]] con 21 compagni e prese immediatamente contatto con la banda di Mittiga, forte di 120 uomini, accampata nei pressi di Cirella: tra i due uomini sorse subito l'inimicizia rispetto al controllo delle operazioni militari, in quanto Mittiga voleva dare l'assalto al paese natale, dove stazionavano un reparto di Guardie nazionali e pochi soldati regolari, contro il parere del generale catalano, che alla fine dovette cedere. L'attacco iniziò il [[17 settembre]] 1861 e vide un iniziale vantaggio dei briganti, per via della confusione che provocò l'effetto sorpresa, ma la disorganizzazione e l'improvvisazione tattica della banda di Mittiga, oltre all'arrivo di una compagnia di soldati regolari in rinforzo alla guarnigione di Platì, tramutò l'operazione in un disastro. Il capo banda riuscì ad uccidere alcuni possidenti liberali, come Rosario Oliva, ma alla fine decise di togliere l'assedio a Platì.
 
Nella ritirata la banda passò da [[Ciminà]], dove i briganti fecero incetta di tutte le armi trovate, inseguiti, sotto una pioggia torrenziale, dai [[bersaglieri]] del generale De Gori. Mittiga dovette subito spostare l’accampamento, dirigendosi verso la sommità dello [[Zomaro]], da dove entrò nella piana di [[Gerace]]. La guarnigione si era di molto ridotta, mentre la banda di Mittiga si era ridotta a soli 40 uomini validi. Gli ufficiali spagnoli, liberatisi dei beni utili al finanziamento della rivolta popolare, si diressero verso i monti della [[Sila]] piccola, nei pressi di [[Serrastretta]].