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Tuttavia non sono pochi gli storici che rigettano tale interpretazione come politicizzata e non obiettiva nel cercare di capire i reali complicati e vasti rapporti che intercorsero tra il novello potere fascista e i tradizionali blocchi politico-economici e sociali della Sicilia<ref>{{Cita libro|autore=Giuseppe Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|ed=|editore=opera citata}}</ref>. Infatti, come spiega lo storico [[G. Tricoli]]<ref>{{Cita libro|autore=Giuseppe Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=opera citata}}</ref>, la prima preoccupazione del fascismo fu quella di restituire all'Italia la Sicilia, senza che il fascismo perdesse la sua autorità e si compromettesse troppo, la quale, a dispetto di ciò che pensavano i filosofi del [[neo-idealismo]] legati al filosofo [[Giovanni Gentile]], nel loro sforzo risorgimentale di vedere la Sicilia unita all'Italia, era ed era considerata dal fascismo stesso come "sequestrata" per secoli da forze molto potenti e oscure. Per ottenere questo, nella considerazione che non è possibile cambiare la realtà storica di un popolo e di una terra nel giro di qualche anno, ma che occorrono decenni e forse qualche secolo, il regime fascista dovette trovare e attuare una via che gli permettesse di giungere a ciò, con il minor danno possibile per se stesso e per i siciliani, arrivando a dei "compromessi", i quali però vanno visti nell'ottica giusta<ref>{{Cita libro|autore=Giuseppe Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=opera citata}}</ref>.
In primo luogo che il fascismo, attraverso l'opera di [[Cesare Mori]] e non solo, abbia costretto alla fuga, mandato al confino e in galera, con migliaia di condanne, boss, anche di alto livello, gregari, manutengoli, complici, collusi ecc., della mafia, andando a scardinare e distruggere la base dell'organizzazione mafiosa, impiegando anche la tortura, la pena di morte, le azioni notturne e all'alba, circondando paesi e città, imponendo il coprifuoco ecc., è cosa risaputa e accertata definitivamente dalla storiografia<ref>{{Cita libro|autore=G. C. Marino|titolo=Storia della Mafia|editore=op. cit}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=A. Petacco|titolo=Il Prefetto di Ferro. L'Uomo di Mussolini che Mise in Ginocchio la Mafia|anno=2004|editore=Mondadori|città=Milano}}</ref>. Tra l'altro è in questo periodo che si parla storicamente per la prima volta dell'esistenza della "cupola"<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>, cioè di quella sorta di "assemblea" composta dai maggiori capi-mafia della Sicilia, che dirigeva la mafia. E questo non solo tra i mafiosi di città, ma anche tra quel ceto di campieri, mezzadri, gabelloti, e finanche proprietari terrieri come ad esempio don Calogero Vizzini, ecc., che costituiva la base e la forza del potere agrario-mafioso<ref>{{Cita libro|autore=Giuseppe Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=opera citata}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=G. C. Marino|titolo=Storia della Mafia|editore=opera citata}}</ref>. Non si risparmiò dalla repressione neppure quella piccola e media borghesia di città, fatta di insospettabili "colletti bianchi": medici, sacerdoti, farmacisti, avvocati, insegnanti, ingegneri, imprenditori, militari, impiegati, membri delle Forze dell'Ordine, ecc., che spesso costituivano il tramite della mafia tra la città e la campagna<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=opera citata}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=G. C. Marino|titolo=Storia della Mafia|editore=opera citata}}</ref>. Venne anche e soprattutto colpita la classe politica di qualsiasi schieramento in primis liberale, sia a livello locale (come il sindaco di [[Piana degli Albanesi]] Francesco Cuccia, il quale rivolgendosi a Mussolini durante il suo viaggio in Sicilia, scortato da polizia e carabinieri, gli disse che non c'era bisogno di tutta quella scorta, dal momento che era sufficiente la sua presenza affinché non succedesse nulla al Duce<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>), sia a livello regionale: sindaci, assessori, consiglieri comunali e provinciali, esponenti di partiti<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=G. C. Marino|titolo=Storia della Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Gli interessi e le attività della mafia di città e di campagna, vennero stroncati: le estorsioni, i sequestri, le rapine, i furti, le minacce, i ricatti, gli abigeati (furto di animali), gli incendi e gli attentati, come gli omicidi e i tentati omicidi, la corruzione ecc., subirono un drastico ridimensionamento quasi a sparire del tutto, come sottolineò Mussolini nel [[Discorso dell'Ascensione]]<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Questo dimostra che il fascismo pur procedendo per ora "dal basso", intendeva davvero liberare la Sicilia dal cancro mafioso, restituendo ai siciliani la libertà di vivere e lavorare e recuperare agli occhi della popolazione quella credibilità che lo Stato italiano quasi sicuramente non aveva mai avuto, in modo anche da ottenere prestigio e autorità per se stesso<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Difatti quello che rendeva il fascismo diverso dal [[regime liberale]], era il culto dello Stato che i fascisti avevano, che non permetteva che l'autorità politica e statale scendesse a compromessi con chicchessia, in modo da compromettere l'autorità e il prestigio stesso del governo e dello Stato<ref>{{Cita libro|autore=Arrigo Petacco|titolo=Il Prefetto di Ferro. L'Uomo di Mussolini che Mise in Ginocchio la Mafia|edizione=|anno=2004|editore=Mondadori|città=Milano}}</ref>. Permettere che lo Stato si accordasse con la mafia, equivaleva a dire che era possibile estromettere lo Stato dal suo naturale potere giuridico, a vantaggio di forze che pensavano unicamente ai loro interessi di parte. Questo per il regime fascista era inammissibile<ref>{{Cita libro|autore=A. Petacco|titolo=Il Prefetto di Ferro. L'Uomo di Mussolini che Mise in Ginocchio la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Ovviamente quando si trattò di colpire il potere agrario, si procedette con una certa oculatezza, che non vuol dire asservimento verso questo potere<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Innanzi tutto il fascismo non era di per sé contro l'esistenza del potere economico (questo lo differenziava dal [[comunismo]]); tuttavia contro il volere del [[liberalismo]], non permetteva neppure che il potere economico agisse con troppa libertà e disinvoltura nei confronti dell'autorità statale. Quindi se è vero che tutelò gli interessi legali in Sicilia della proprietà terriera, dall'altro ne controllò l'azione, assoggettandola al potere dello Stato<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Ecco quindi una serie di misure a favore del ceto lavoratore (giornata lavorativa di otto ore, straordinario, tutela sanitaria e contributiva ecc.), che in qualche modo impedivano lo sfruttamento dei contadini. Dall'altro si costrinse il potere agrario a rompere con la mafia, in quanto che, nella giusta ottica, i suoi interessi sarebbero stati tutelati dal regime, in una funzione di prevenzione del pericolo comunista<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Tuttavia va ricordato che, se da un lato non fu estromessa la proprietà terriera, dall'altro si parlò sempre nel fascismo della possibilità di eliminare il latifondo ("L'assalto del Latifondo"), venendo così incontro a quegli ideali sansepolcristi del primo fascismo, ideali antiborghesi e anticapitalisti<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Poi è vero che parte del sistema agrario colluso con la mafia, si riciclò sotto il fascismo, come diversi politici che ne avevano sostenuto gli interessi, ma si tenga presente che intanto non era sempre facile dimostrare tale complicità, soprattutto per i meno compromessi, e comunque coloro i quali transitarono nel nuovo potere fascista, furono obbligati a seguire la svolta impressa dal fascismo, pena la loro fine<ref>{{Cita libro|autore=G. Tricoli|titolo=Il Fascismo e la Lotta Contro la Mafia|editore=op. cit}}</ref>. Da ciò si capisce la vera natura del rapporto tra potere agrario e fascismo in Sicilia.
=== La seconda guerra mondiale, il separatismo e i moti contadini ===
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