Raimbaut d'Aurenga: differenze tra le versioni
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Con Raimbaut d'Aurenga il lavoro poetico viene assimilato alle tecniche del ''limar'' e del ''roire'', diventando metafora di una ricerca della perfezione e della bellezza, ovvero della Verità. Inizialmente il poeta dispone solo di parole oscure ed opache, da cui deve eliminare ogni difetto al fine di portare il componimento al massimo splendore. La metafora dell'artefice che estrae dalla materia grezza un oggetto perfettamente levigato si può accostare a quella della lotta del cristiano contro la ruggine del peccato o a quella del clerc contro la patina letteraria della scrittura sacra.
Si attribuiscono a lui diverse composizioni poetiche, tra cui un [[sirventes]] e una [[
La possibilità che Raimbaut d'Orange possa aver esercitato la sua attività [[poesia|poetica]] tra il [[1160]] e il [[1173]], lo collocherebbe dunque, cronologicamente, immediatamente dopo la prima generazione di [[trovatore|trovatori]], all'inizio di ciò che si potrebbe chiamare, come scrive [[Joseph Anglade]], « l'età lirica classica della lirica [[lingua occitana|occitana]] », vale a dire il momento in cui, dopo [[Guglielmo IX d'Aquitania]], [[Cercamon]], [[Jaufré Rudel]] e [[Marcabru]] - l'influenza di quest'ultimo è del resto evidente in Raimbaut - la lirica occitana arriva a un punto di maturità e dove comincia a farsi sentire la necessità di un rinnovamento, o piuttosto di un approfondimento del già acquisito. È il momento delle « esperienze » e l'inizio di ciò che [[Robert Lafont]] e [[Christian Anatole]] chiamano « l<nowiki>'</nowiki>''infléchissement'' [piegamento] dei ''trobars'' ».
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