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Antonio Salvi rileva che potrebbe esserci un errore tra l'anno e l'[[Indizione]] riportata nel testo. Osserva che nel 1389 correva la XII Indizione e non l'XI, ma si può supporre che il computo sia stato calcolato con sistemi cronologici diversi. L'anno è stato scritto seguendo la datazione romana, mentre il numero dell'indizione potrebbe essere stato individuato con lo stile fiorentino ''ab incarnatione'' (25 marzo). Se così fosse il lavoro annunciato in questa epigrafe sarebbe stato concluso entro il 25 marzo del 1389.<ref>A. Salvi, ''Due epigrafi medievali nella Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno'', ''op. cit.'', pag. 12.</ref>
==Architettura==
===Cronistoria delle vicende architettoniche dell'edificio elaborate da Enrico Cesari===
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<!-- ==reimpiego del vecchio portale nella facciata trecentesca==
L'antichità della datazione 1036 rivela che la composizione delle sculture e le modanature dell'intradosso dell'arco hanno avuto una loro primitiva collocazione nella facciata più antica e sono state trasposte e reimpiegate a decorazione del nuovo prospetto trecentesco.<ref> C. Mariotti, Ascoli Piceno, op. cit., pag. 47.</ref> Come scrive Cesari: «''Il vecchio portale, amorosamente conservato, vene utilizzato nella nuova facciata ed arricchito di nuove decorazioni, specialmente dell'archetto esterno, con fregio e meandri e fogliami di laboriosa fattura. Per la facciata venne adottato il partito a quadrati uguali, ripartiti entro lesene.''» <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6"/> «''portale maggiore, specialmente della parte interna di esso la lunetta e con le rozze statue primitive''». <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 5"/> L'ingegnere precisa «''che la porta del [[1036]] è certo posteriore alla primitiva chiesetta''» e questa considerazione la deduce dall'osservazione della lavorazione del travertino utilizzato per realizzarla confrontandolo con quello impiegato nella navata centrale lavorato con «''scarsa maestria''». <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 5"/> Definisce costruzione non «''[[isodomo|isodoma]]''» costituita da «''materiale rozzamente lavorato con corsi orizzontali non sempre perfettamente tenuti e spesso livellati con frammenti di mattoni''». Rileva che anche le piccole bifore sono architravate con semplici pietre ed incavate per ottenere gli archetti, «''come si usava nell'epoca della massima decadenza''» <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6">E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit''., pag. 6.</ref> Al contrario di quanto descritto gli stipiti della porta mostrano una «''lavorazione perfetta''», buone connessure ed un archivolto di cunei tagliati secondo la direzione dei raggi.<ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6"/>
La cripta della chiesa è dedicata a [[Papa Silvestro I|san Silvestro papa]] e risale al [[IV secolo|IV]] - [[VI secolo]].<ref name="beniculturali.marche.it scheda CHiesa SS. Vincenzo e Anastasio"/> La sua struttura muraria si compone di blocchi di travertino che, per la loro lavorazione «''molto povera''», non sono ascrivibili ad opere di epoca romana. <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno, pag. 8>E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit.'', pag. 8.</ref> Fu costruita dai cristiani per l'amministrazione del battesimo <ref name="beniculturali.marche.it scheda CHiesa SS. Vincenzo e Anastasio"/> e si trova al di sotto della zona presbiteriale. Vi si accede attraverso due scale aperte all'interno dell'aula liturgica.<br>
Lo spazio ipogeo, durante i lavori del 1897, si rivelò «''leggermente prolungato verso [[nord]] durante uno dei rimaneggiamenti del fabbricato''» rispetto alla consistenza originaria.<ref>E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit.'', pag. 7.</ref> Si compone di due ambienti contigui, di diverse dimensioni: una stanza più grande, originariamente di m. 12 x 4,80, ed un'altra più modesta che misura m. 2,80 x 2,30, <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno, pag. 8/> entrambe racchiuse da una copertura a tetto spiovente che mostra la presenza di due [[finestra|finestre]] rimurate, dalle dimensioni di cm 60 x 60, destinate ad illuminare le stanze. <ref>E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit.'', pag. 9.</ref> Questo particolare induce a ritenere che, in epoca anteriore all'elevazione della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio, la cripta sia stata un piccolo oratorio e luogo di ritrovo dei cristiani per le funzioni religiose. <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno, pag. 10.">E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit.'', pag. 10.</ref> Secondo Balena lo considera un «''primitivo piccolo edificio cui è legato il ricordo di avvenimenti sacri perduti nel tempo''», <ref>S. Balena, ''Ascoli la storia per le strade'', ''op. cit.'', pag. 96.</ref> «''appena emergente dal suolo, forse internato tra gli orti''». <ref>E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit.'', pag. 13.</ref> All'interno, lungo un muro longitudinale, si trova la vasca chiamata «''Pozzo di San Silvestro''», <ref name="beniculturali.marche.it scheda CHiesa SS. Vincenzo e Anastasio"/> un tempo alimentata dall'acqua sorgiva. Si tratta di un piccolo bacino quadrato, scavato nella roccia, che misura cm 60x60 e profondo cm 80, munito di 4 scalini che ne consentono la fruibilità. <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno, pag. 10."/> Le pareti della cripta sono decorate dalle tracce ancora visibili di un ciclo di [[affresco|affreschi]] trecentesco ispirato e dedicato alla «''Leggenda di San Silvestro papa''». <ref>AA. VV., ''Le trame del romanico. Tesori Medioevali nella Città del Travertino'', ''op. cit.'', pag. 125.</ref
==Note==
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