Processo Enimont: differenze tra le versioni

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m * La vicenda, oltre che assai risalente nel tempo, così come riportata > nell’articolo non risulta aggiornata alla evoluzione storica dei > fatti. L’articolo quindi non rispecchia la attuale identità del Sig. > CARLO SAMA e viola di conseguenza il suo legittimo diritto alla autodeterminazione informativa digitale. > > > > * Il Sig. SAMA, ha già adempiuto il suo debito con la giustizia e non > vuole rimanere legato a queste informazioni. > > > > * L’articolo in commento sta severament
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Le tangenti vennero pagate dal finanziere [[Raul Gardini]]<ref>Una prima rimessa finanziaria, che sarebbe avvenuta nel 1989 a ridosso della mancata approvazione del decreto-legge sulla defiscalizzazione delle operazioni di fusione tra ENI e Montedison, non è mai venuta in rilievo nel processo come autonomo capo di imputazione: v. {{cita libro| Giampiero | Buonomo | Lo scudo di cartone | 2015 | [[Rubbettino Editore]]|p = 38 |ISBN = 9788849844405}}, nota 63.</ref> perché si arrivasse alla conclusione di un accordo che non andava in porto, l'affare [[Enimont]] (fusione dei due poli della chimica, l'[[Eni]], a controllo statale, e la [[Montedison]], privata),<ref>La scalata di [[Enimont]] (società paritetica per il 40% statale e per un altro 40% dei Ferruzzi) da parte di Gardini non era andata in porto e si era giunti a una guerra legale e finanziaria tra lo stesso Gardini e l'Eni per aggiudicarsi l'intera azienda. Nel novembre [[1990]] il [[Governo Andreotti VII|governo Andreotti]] per porre fine alla vicenda decide l'acquisizione da parte dello stato di Enimont: l'Eni rileva così il 40% della [[Montedison]] a un prezzo nettamente superiore a quello di mercato per 2805 miliardi di [[lira (moneta)|lire]] (2,1 miliardi di [[euro]]) e il gruppo ravennate esce di scena. I sospetti si concentrarono sulla defiscalizzazione della quota di Enimont che l'Eni compra ai Ferruzzi, per ottenere la quale Gardini sborsa una "maxi-tangente".</ref> attraverso l'intermediario [[Sergio Cusani]], dirigente del gruppo [[Ferruzzi]] (azionista di maggioranza della Montedison). La "tangente" passò per buona parte (circa 2/3, pari a 90 miliardi di [[lira (moneta)|lire]]), sotto forma di titoli di Stato (in gran parte [[Certificato di credito del tesoro|CCT]]), attraverso conti speciali detenuti presso lo [[Istituto per le Opere di Religione|IOR]] (che garantiva le giuste coperture per la sua natura ''[[Società offshore|off shore]]''), avendo come destinatari personaggi di rilievo della politica, o legati a tale personaggi indirettamente, come nel caso di [[Giulio Andreotti]]<ref>Il nome di Andreotti presso lo Ior era adeguatamente coperto sotto "''omissis''" e il deposito che vi faceva riferimento non era in alcun modo legato al suo reale intestatario. Sotto la denominazione di "Fondazione Cardinale Francis Spellman" e la facciata delle finalità benefiche, si svolgeva una grossa movimentazione di somme di denaro; i miliardi del conto residui sarebbero dovuti andare al [[Senatore a vita (ordinamento italiano)|senatore a vita]] Andreotti nel 2001, alla morte di De Bonis (''dominus'' dello IOR), come espressamente indicato nelle volontà testamentarie dello stesso inizialmente, ma nel 1993 le disposizioni testamentarie di De Bonis vennero modificate e fu deciso che i soldi sarebbero rimasti nella banca vaticana.</ref> (che si è scoperto dopo il processo detenere un conto attraverso prestanome nella banca vaticana, intestato a "Fondazione [[Francis Joseph Spellman|Cardinale Francis Spellman]]") e [[Arnaldo Forlani]] (anche attraverso il suo cassiere [[Severino Citaristi]]), al [[Partito Socialista Italiano|PSI]] di [[Bettino Craxi]] (con l'intermediazione di Mauro Giallombardo).<ref name=vaticanospa>[[Gianluigi Nuzzi]], ''Vaticano S.P.A'', [[Chiarelettere]], Milano 2012, p. 74 ss e ''passim''</ref><ref>{{cita web|autore= Eric Frattini |url= http://books.google.it/books?id=jgRXYUErAc4C&pg=PT40&lpg=PT40&dq=fondazione+francis+spellman&source=bl&ots=xBljukICkc&sig=qOADT_l0chmI0BJFWPb5OYOM_z4&hl=it&sa=X&ei=Q9e5UbGULs_X7Abz0oCgDg&ved=0CGoQ6AEwBw|titolo=I corvi del Vaticano |accesso=13 giugno 2013}}</ref> Va precisato tuttavia che la figura di Andreotti rimase sempre estranea al processo.
 
Il numero di politici, [[ministro della Repubblica Italiana|ministri]], partiti (quasi tutti quelli dell'arco parlamentare, compreso il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e la [[Lega Nord]]), intermediari, membri del CDA dell'ENI coinvolti fu molto numeroso. La gestione del passaggio di denaro venne affidata direttamente all'allora direttore ''de facto'' dello IOR, Monsignor [[Donato De Bonis]] (che si occupò di trasformare gran parte dei titoli in denaro liquido da stornare su banche estere, utilizzato come provvigione ai politici), e a diversi intermediari tra cui [[Carlo Sama]] (appartenente al gruppo [[Ferruzzi]]), il costruttore [[Domenico Bonifaci]] (che ricavò la gigantesca [[plusvalenza]] trasformata poi in titoli di stato che servì per le tangenti), Sergio Cusani (consulente Montedison) e il [[giornalista]] [[p2|piduista]] [[Luigi Bisignani]].<ref name=vaticanospa /><ref>[[Marco Travaglio]], ''La scomparsa dei fatti'', [[Il Saggiatore (casa editrice)|Il Saggiatore]], Milano 2008, pp. 92-93</ref> In una lettera del direttore dello IOR [[Angelo Caloia|Sergio Caloia]] (dopo la sostituzione di [[Donato De Bonis|De Bonis]]) al [[Angelo Sodano|cardinal Sodano]] si legge:
{{citazione|Mi trovo di fronte a un problema che è di dimensioni enormi e finora non immaginabili. Oltre a quello che Lei già conosce (e che all'ordine di una quarantina di miliardi) è emersa, da approfondimenti in corso, l'esistenza di una lista di titoli di credito che lo IOR potrebbe aver acquistato nel 1991 per un importo molto più elevato [...] ciò che rende gravissima la situazione è che la lista proviene da Cusani (dirigente Motedison, ndr) che ha informato i giudici sui titoli passati attraverso lo IOR. Sono il risultato di pagamenti di tangenti a uomini politici, per importi certamente ritornati a loro in forma pulita. È l'esatta replica di meccanismi del passato. |[[Gianluigi Nuzzi]], ''Vaticano Spa'', [[Chiarelettere]], Milano 2012, p. 93}}
 
Le chiamate in correità che alimentarono le indagini vennero, una volta venuta alla luce la trama, dai dirigenti di Montedison Carlo Sama e [[Giuseppe Garofano]].
 
Tra gli imputati figuravano noti esponenti politici, come [[Renato Altissimo]] (segretario del [[Partito Liberale Italiano|PLI]] ed ex [[ministero della Salute|ministro della Sanità]]), [[Umberto Bossi]], leader della [[Lega Nord]], [[Bettino Craxi]] (segretario del PSI e presidente del Consiglio dal [[1983]] al [[1987]]), [[Gianni De Michelis]] ([[ministro degli esteri]] dal [[1989]] al 1992), [[Arnaldo Forlani]] (segretario della DC e presidente del Consiglio tra il [[1980]] e il [[1981]]), [[Giorgio La Malfa]], segretario del [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]], [[Claudio Martelli]] (vicesegretario del PSI e [[ministero della giustizia|ministro della Giustizia]] tra il 1991 e il [[1993]]), [[Carlo Vizzini]], segretario del [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]]. Personaggi dell'opposizione come Bossi e Alessandro Patelli<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/04/Patelli_idraulico_diplomato_leghista_che_co_0_9401043162.shtml Patelli, idraulico diplomato e leghista che si è dato del " pirla "]</ref>, tesoriere della Lega Nord, e [[Primo Greganti]] del [[Partito Democratico della Sinistra|PDS]] erano ugualmente imputati.
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*[[Sergio Cusani]] (Montedison): 8 anni.
*[[Giuseppe Garofano]] (ex presidente Enimont): 4 anni e 8 mesi.
*[[Carlo Sama]] (ex amministratore delegato Enimont): 4 anni e 8 mesi.
*[[Bettino Craxi]] (ex. Segr. politico PSI): 4 anni.
*[[Mauro Giallombardo]] (ex. Segr. amministr. PSI): 3 anni e 6 mesi.
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*[[Luigi Bisignani]]: 2 anni e 6 mesi.
*[[Giuseppe Garofano]]: 3 anni e 2 mesi.
*[[Carlo Sama]]: 3 anni e 2 mesi.
*[[Mauro Giallombardo]]: 2 anni e 2 mesi.
 
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*[[Severino Citaristi]]: 3 anni.
*[[Giuseppe Garofano]]: 3 anni.
*[[Carlo Sama]]: 3 anni.
*[[Luigi Bisignani]]: 2 anni e 6 mesi.
*[[Romano Venturi]]: 1 anno e 8 mesi.