Giovanni Boccaccio: differenze tra le versioni

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Il periodo che va dal 1363 all'anno della morte (1375) viene denominato «periodo fiorentino-certaldese»: infatti, l'autore del ''Decameron'' comincerà sempre più a risiedere a Certaldo, nonostante i maggiorenti fiorentini avessero deciso di reintegrarlo nei pubblici uffici, inviandolo come in passato in missioni diplomatiche<ref>{{Cita|Casa del Boccaccio|titolo = Giovanni Boccaccio - Percorso della memoria}}</ref>.
 
A partire dal 1363, infatti, Boccaccio risiedette per più di dieci mesi nella cittadina toscana, dalla quale sempre più raramente si mosse anche a causa della salute declinante (negli ultimi anni fu afflitto dalla [[gotta]], dalla [[scabbia]] e dall'[[Edema|idropisia]]<ref>{{Cita|Branca 1986|p. 350}}</ref>). Gli unici viaggi che avrebbe compiuto sarebbero stati per rivedere il Petrarca, alcune missioni diplomatiche per conto di Firenze, oppure per ritentare la fortuna presso l'amata Napoli. Oltre alla decadenza fisica, si aggiunse anche uno stato di abbattimento psicologico: nel 1362 il [[Ordine certosino|monaco certosino]] (e poi beato) [[Pietro Petroni (religioso)|Pietro Petroni]]<ref>{{Cita web|url = http://www.santiebeati.it/dettaglio/95903|titolo = Beato Pietro Petroni|accesso = 11 giugno 2015|editore = santiebeati.it|data = 24 agosto 2012}}</ref> rimproverò lui e Petrarca di dedicarsi ai piaceri mondani quali la letteratura<ref>{{Cita|Bonghi}}</ref>, critica che toccò nel profondo l'animo di Boccaccio, tanto che questi pensò addirittura di bruciare i propri libri<ref>{{Cita|Bonghi}}{{citazione|Erano, quindi, anni intensi di studio da un lato, e di dolore dall'altro, che avevano messo a dura prova il suo spirito, agitato da preoccupazioni religiose, come ci è attestato da alcune sue egloghe latine di questo periodo, e dai suoi rapporti con la Chiesa che abbiamo appena accennati. In questo contesto un fatto ancor più grave viene a sconvolgere l'equilibrio del suo spirito: nella primavera del '62, va a fargli visita a Firenze, in gran mistero, il monaco Gioacchino Ciani, il quale, da parte del certosino senese Pietro Petroni, morto qualche anno prima in odore di santità, si faceva premura d'informarlo di certe rivelazioni avute da quel sant'uomo, prima di morire: per esse, lo spensierato scrittore avrebbe dovuto aspettarsi la morte entro poco tempo e quindi avrebbe dovuto prepararvisi seriamente, rinunziando alle seduzioni della poesia profana, per dedicarsi tutto ad argomenti più elevati di religione e di morale. Il povero Boccaccio rimane come fulminato da questo avviso, ch'egli, nel turbamento dell'animo suo, non dubitava fosse ispirato dalla misericordia divina; la paura della morte lo invade a tal punto, che viene tentato di dare alle fiamme tutte le sue carte e di finirla con la gloria di questo mondo. Fortunatamente, ha la prudenza di consigliarsi col suo grande amico Petrarca che gli risponde con tale nobiltà e opportunità di argomenti, da dissipare ogni timore e farlo persistere negli studi prediletti.}}</ref> e rinunziare agli studi, vendendo al Petrarca la biblioteca<ref>{{Cita|Natalino Sapegno-DBI}}{{citazione|Nella primavera del '62 si presentava al B[occaccio] un monaco, con un messagiomessaggio per lui del certosino senese Pietro Petroni, morto poco prima in fama di santità: veniva a ricordargli la morte incombente e a consigliargli di abbandonare gli studi profani [...] In un primo momento, profondamente turbato, avrebbe voluto bruciare subito tutti i suoi scritti e proponeva al Petrarca di vendergli la sua biblioteca.}}</ref><ref>Petrarca risponderà all'amico con la ''[http://www.cassiciaco.it/navigazione/scriptorium/testi%20medioevo/petrarca/seniles/01_5_boccaccio.html Senile]'' [http://www.cassiciaco.it/navigazione/scriptorium/testi%20medioevo/petrarca/seniles/01_5_boccaccio.html I, 5], ribadendo il valore sacro della letteratura sulla base delle esperienze biografiche di Lattanzio e Agostino d'Ippona.</ref>.
 
==== La riabilitazione pubblica ====