L'armata Brancaleone: differenze tra le versioni

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A Civita, nella buia [[Italia]] dell'[[XI secolo]], [[Brancaleone da Norcia]], unico e spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta, dotato però di una non comune eloquenza ed animato da sane virtù e [[cavalleria|cavallereschi]] princìpi, guida un manipolo di miserabili (l'anziano notaio [[Ebraismo|giudeo]] Abacuc, il robusto Pecoro, un ragazzino di nome Taccone e lo scudiero Mangoldo) alla presa di possesso del [[feudo]] di Aurocastro in [[Puglia]], secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena imperiale scritta da [[Ottone I di Sassonia|Ottone I il Grande]] che gli stessi miserabili gli porgono e che affermano di aver rinvenuto in modo del tutto lecito e casuale, benché in realtà sia stata rubata al suo proprietario, un cavaliere aggredito e creduto morto. Brancaleone inizialmente non vuole mettersi al comando di un gruppo di straccioni e rifiuta con disprezzo. Tuttavia il torneo a cui si accingeva a partecipare si conclude con un'umiliante sconfitta, e il cavaliere accetta di unirsi con il gruppo di miserabili.
 
Attraversando tutta la [[Penisola italiana|penisola]], viene coinvolto in diverse avventure: incontra un [[principe]] [[Bisanzio|bizantino]] diseredato, Teofilatto dei Leonzi, che si aggrega all'armata; entra in una città apparentemente deserta dando licenza di saccheggio, salvo scoprirla poi infestata dalla [[peste]]; dopodiché si aggrega al monaco Zenone (cioèispirato a [[Pietro l'eremita]]), che, a capo di un gruppo di pellegrini, è diretto a [[Gerusalemme]] per unirsi alla lotta per la liberazione del Santo Sepolcro. In seguito, per superare un instabile [[ponte]] ("cavalcone" nel film), diversi di loro passano ma, quando tocca a Pecoro, questi precipita: Zenone pensa che qualcuno non abbia fede, e perciò abbia dato il "[[malocchio]]" all'uomo. Si scopre che l'anziano Abacuc è di fede ebraica e quindi non nella "retta via". Battezzato Abacuc con il nome di Mansueto (sotto una piccola cascata gelata), riprendono la strada per Gerusalemme ma raggiungono un ennesimo "cavalcone": il gruppo ha paura di oltrepassarlo per non fare la stessa fine di Pecoro, e Zenone, per dar fede, passa per primo, precipitando però nel fossato. Senza guida che li porti a Gerusalemme, l'armata di Brancaleone riprende la strada per Aurocastro.
[[File:BRANCALEONE33.jpg|thumb|upright=1.3|Gassman con [[Folco Lulli]] e [[Ugo Fangareggi]]]]
Durante il cammino si inoltrano in un bosco e proprio qui il cavaliere salva una giovane promessa sposa, Matelda, dalle grinfie di avidi barbari che hanno massacrato le guardie di scorta che erano con la ragazza. Brancaleone uccide il capo dei manigoldi e, in seguito, lei si offre di guidarli fino al suo tutore, ferito mortalmente dai barbari, che in punto di morte fa promettere a Brancaleone di portarla in sposa al nobile Guccione. Lei però non vuole sposare Guccione e vorrebbe invece Brancaleone, ma il cavaliere - spinto dai suoi ideali cavallereschi - rifiuta: la donna allora si concede nottetempo a Teofilatto. Dopo altri giorni di viaggio la comitiva giunge alla roccaforte di Guccione. Durante i festeggiamenti per il matrimonio, il nobile scopre che qualcuno ha deflorato Matelda e fa rinchiudere Brancaleone, da lei accusato, in una gabbia. I suoi amici decidono di liberarlo. Dopo averlo liberato, si recano dal fabbro del paese, Mastro Zito, per farlo liberare dalle catene in cui si trova. Brancaleone scopre dai suoi compagni di viaggio che Matelda è stata portata in un monastero da Guccione. Raggiunge quindi il convento e, dopo aver ucciso diverse guardie del nobile, arriva alla sua stanza, ma lei ha scelto di prendere i voti per espiare la giusta penitenza per il fatto di averlo accusato ingiustamente, e non intende venir meno alla sua scelta. Brancaleone, sorpreso e amareggiato per la perdita del suo amore, parte quindi con i suoi amici, con l'aggiunta del fabbro Zito.