I bacini ceramici sono dei recipienti in ceramica, variamente rivestiti, inglobati nelle superfici murarie esterne di edifici prevalentemente religiosi cristiani e islamici, anche se non mancano esempi di questo impiego anche in edifici civili, pubblici e privati. Il termine si riferisce a sole forme aperte, originariamente create per scopi diversi dalla decorazione architettonica. Tra le località dove esse furono utilizzate per decorare le murature, quella che presenta l’attestazione più precoce e prolungata è senz'altro la città di Pisa, dove vennero importate da diverse località del Bacino Mediterraneo a partire dalla fine del X secolo e fino al XIV secolo circa [1][2][N 1].

A Pisa fino a tutto il XII secolo erano fabbricati soltanto recipienti privi di rivestimenti vetrosi e di colore (per questo detti anche “acromi”). Questi, venivano usati principalmente per la cottura delle vivande e per la loro conservazione nelle dispense, oltre che per alcuni usi legati alla mensa (ad esempio per la mescita delle bevande liquide). Dalla fine del X secolo compaiono però in città ceramiche che avevano ben altro pregio rispetto a quelle di produzione locale, tecnologicamente più avanzate, perché provviste di rivestimenti impermeabili (vetrine a base di piombo o smalti a base di stagno e piombo), ed esteticamente più gradevoli, perché arricchite di decori colorati. Queste ceramiche giunsero a Pisa grazie agli importanti commerci che la Repubblica Marinara riuscì ad instaurare e mantenere per diverso tempo in molti porti del Mediterraneo[3][4][5][6].

Le ceramiche giunte in città tra il Mille e il Trecento hanno trovato due impieghi distinti. Alcune, sono state usate in casa sulle mense, sia in forme aperte (prevalenti) sia in forme chiuse (boccali, alberelli, etc.) [N 2] Altre invece, tutte forme aperte quali scodelle, catini, piatti, ciotole, ect., sono state usate per ornare le murature esterne degli edifici religiosi cittadini[N 3][7][8][9][10][11].

Fino al XII secolo sui perimetrali esterni e i campanili delle chiese pisane troviamo murati soltanto prodotti ceramici importati da varie località del Mediterraneo, che arrivano prevalentemente dalle zone occidentali poste sotto l’influenza islamica e, soprattutto, dall’al-Andalus. Non mancano tuttavia “bacini” dalla Tunisia e dalla Sicilia islamica, dall’Egitto e dal Vicino Oriente e anche dall’area bizantina. Dalla fine del XII secolo si cominciano inoltre ad importare e ad impiegare come “bacini” anche le ceramiche rivestite di produzione savonese e fabbricate in diversi centri dell’Italia meridionale peninsulare. A partire dalla prima metà del XIII secolo, infine, si usano come bacini le “maioliche arcaiche” di fabbricazione locale. Tra la fine del XIII e i primi decenni del XIV le ceramiche utilizzate come “bacini” sono quasi esclusivamente di produzione pisana. Sono cinque gli edifici religiosi più importanti sui quali sono attestate queste ultime: tre, San Sisto, Santa Cecilia e il campanile di San Francesco, situati a nord dell’Arno; uno, San Martino, a sud; un'altro è posto fuori città, in prossimità della costa, San Piero a Grado[12].

La datazione dei manufatti ceramici usati come "bacini"

Per datare i manufatti che ornano le murature esterne delle chiese, in assenza di dati più precisi dalle stesse aree di produzione, gli studiosi hanno fatto riferimento al periodo di edificazione degli edifici stessi. Questo è reso possibile in quanto, di norma, le ceramiche usate come bacini, venivano inserite contemporaneamente all’innalzamento delle mura e venivano collocate dagli operai stessi operando con più tecniche[3]. Sono stati individuati diversi modi per la posa in opera, suddivise in base ai materiali di costruzione degli edifici: la pietra e i laterizi[13][14][15]. In base a queste evidenze per i monumenti della Toscana decorati con “bacini” è stata costruita quella che da Graziella Berti è stata definita una “stratigrafia ideale”.

Questa è stata suddivisa in cinque periodi che vanno dalla fine del X secolo fino al XV[16].

[N 4]


Note

Esplicative

  1. ^ Tra le altre principali città e regioni dove i “bacini” vennero usati maggiormente come decorazione architettonica figurano: Roma, Pavia, Ascoli Piceno, Sardegna.
  2. ^ L'mpiego è attestato da numerosi scavi archeologici urbani negli ultimi 25 anni, i primi due dei quali furono realizzati in Piazza Dante del 1991 e in Piazza dei Cavalieri del 1993. Vedi: BERTI - GIORGIO 2011, p. 13; BRUNI 1993; BRUNI - ABELA - BERTI 2000.
  3. ^ Gli esemplari originali sono stati distaccati dai monumenti di Pisa tra gli anni ‘70 e ‘80 del XX secolo e sono stati conservati, restaurati e poi esposti presso il Museo nazionale di San Matteo.
  4. ^ Bellooo. Vedi: BERTI - GIORGIO 2011, pp. 198-199.

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  2. ^ BERTI - GIORGIO 2011, pp. 11-28.
  3. ^ a b BERTI - GIORGIO 2011, p. 13.
  4. ^ BERTI - GELICHI 1995a.
  5. ^ BERTI - MENCHELLI 1998.
  6. ^ GIORGIO - TROMBETTA 2008.
  7. ^ BERTI - GIORGIO 2011, pp. 13, 28-31 per ulteriori dettagli sui "bacini" pisani.
  8. ^ BERTI - TONGIORGI 1981a, per una rassegna dei "bacini ceramici" presenti a Pisa.
  9. ^ BERTI 1993c, per la catalogazione di "baini ceramici" presenti nella provincia di Pisa e in altre località Toscane.
  10. ^ BERTI 1993e, per la catalogazione di "baini ceramici" presenti nella provincia di Pisa e in altre località Toscane.
  11. ^ BERTI 2003a, per la catalogazione di "baini ceramici" presenti nella provincia di Pisa e in altre località Toscane.
  12. ^ BERTI - GIORGIO 2011
  13. ^ BERTI - GIORGIO 2011, pp. 15-26, Figg. 3-45.
  14. ^ BERTI - GABRIELLI - PARENTI 1993, pp. 255-257.
  15. ^ BERTI - PARENTI 1994, p. 198.
  16. ^ BERTI - GIORGIO 2011, pp. 18, 25

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