Attilio Depoli

Attilio Depoli (Fiume, 22 ottobre 1887Genova, 1 marzo 1963) è stato uno storico, politico e educatore italiano.

Vita

Nato da Pasquale e da Enrichetta Schiavon a Fiume, all'epoca corpus separatum direttamente soggetto alla Corona di Santo Stefano nell'ambito dell'Impero Austro-Ungarico, fu fratello minore di Guido, a sua volta noto studioso di storia locale, nonché entomologo e geografo[1].

A Fiume frequentò le scuole cittadine nonché il liceo-ginnasio (Regio Ungarico Ginnasio Superiore di Stato). Vinse quindi il concorso per entrare nella Scuola Normale di Budapest, e qui frequentò per quasi due anni la facoltà di lettere. Insofferente dell'ambiente, si trasferì dapprima all'Università di Firenze e infine a quella di Roma, ove si laureò nel 1912 con una tesi sul dialetto fiumano, ispirata alle dottrine del Meyer-Lübke. A partire dall'anno scolastico 1912-1913 iniziò ad insegnare materie letterarie nelle scuole fiumane.

Socio fin dal 1906 del circolo irredentistico La Giovine Fiume, dopo il suo scioglimento a seguito di una serie di pellegrinaggi patriottici degli italiani dell'Adriatico orientale alla tomba di Dante a Ravenna fu fra i fondatori del Circolo accademico di Fiume.

Alle elezioni comunali del 1914 venne eletto nelle file degli autonomisti incarnandone - assieme ad Armando Hodnig - l'ala dei giovani irredentisti. Fra i suoi primi atti vi fu la contestazione di una serie di deliberazioni adottate dal governatore ungherese di Fiume, István gróf Wickenburg de Capelló. Allo scoppio della guerra con l'Italia, Depoli fu dapprima internato come irredentista nel campo ungherese di Kiskunhalas, poi nel 1917 fu costretto ad arruolarsi e spedito sul fronte russo. A novembre dello stesso anno fu però rimandato a Fiume a seguito di una malattia. Qui riprese l'insegnamento.

Alla vigilia della dissoluzione dell'Impero Austrungarico, Depoli fu una delle personalità più impegnate nelle attività clandestine che - nell'ambito del duplice e contrapposto irredentismo italiano e croato - si apprestavano a chiedere l'inserimento dello stato vuoi nel Regno d'Italia, vuoi nel costituendo Stato dei Serbi, Croati e Sloveni che alla fine del 1918 divenne il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.

Attilio Depoli entrò quindi a far parte del Consiglio Nazionale Italiano presieduto da Antonio Grossich, che il 30 ottobre 1918 proclamò il desiderio dei fiumani italiani (che in città erano la maggioranza) di unirsi alla Madrepatria, in nome del diritto all'audodecisione proclamato solennemente l'8 gennaio 1918 dal presidente americano Woodrow Wilson all'interno di un discorso poi chiamato dei Quattordici punti.

All'attività politica, Depoli coniugò in quel frangente un'intensa attività storica e pubblicistica, scrivendo una serie di studi, pamphlet ed articoli giornalistici a sostegno della posizione annessionistica italiana, espressa nel corso delle trattative nell'ambito della Conferenza di pace di Parigi.

Nel periodo dell'Impresa di Fiume Depoli da un lato - assieme ad una parte del Consiglio Nazionale Italiano - cercò di moderare le intemperanze dannunziane e di porre un argine contro le sue "evasioni celebrative e verbali [...] [con] un richiamo costante alla realtà effettuale, alle necessità impreteribili dell'amministrazione efficiente e rispettosa dei diritti dei cittadini, all'esigenza di una certezza del diritto"[2], dall'altro - quando D'Annunzio proclamò la Reggenza italiana del Carnaro (8 settembre 1920) - vi si oppose recisamente, propugnando il mantenimento della linea annessionistica. Quando infine lo Stato Libero di Fiume venne costituito in seguito al Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 fra Regno d'Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, Depoli si oppose alla cessione di Porto Baross (che finora era stato parte integrante del complesso portuario di Fiume) a quest'ultimo.

Fece parte del governo provvisorio dello Stato Libero, con la carica di "rettore" all'istruzione pubblica. Alle elezioni per l'Assemblea Costituente fiumana del 24 aprile 1921 si presentò fra i candidati del movimento poi definito "nazionale", contrapposto agli "autonomisti", capeggiati da Riccardo Zanella e per questo chiamati anche "zanelliani". Le elezioni vennero vinte proprio dai zenelliani che formarono di conseguenza il governo, mentre Depoli fu nominato vicepresidente dell'assemblea. Il 3 marzo 1922 l'ala più intransigente dei nazionali, alla guida di Nino Host Venturi e Riccardo Gigante rovesciò il governo, con l'appoggio dei fascisti locali. Zanella e il suo governo furono costretti all'esilio e ad Attilio Depoli - che non aveva partecipato al colpo di stato - venne chiesto dall'assemblea di assumere le funzioni di capo provvisorio dello Stato o - secondo le sue stesse parole - di "dittatore infolontario": "Sono il primo ad augurarmi che questo mandato sia di brevissima durata, restando inteso che si riferisce unicamente all'ordinaria amministrazione e che per questioni importanti mi riservo di convocare l'Assemblea"

Note

  1. ^ Tutte le notizie biografiche sono tratte da Dassovich 1991 e Cella 1991.
  2. ^ Enrico Burich, Ricordo di Attilio Depoli, in Fiume, X, n. 1-2, Roma, Società di Studi Fiumani, gennaio-giugno 1963..

Opere principali

Bibliografia

  • Mario Dassovich, Attilio Depoli, in Francesco Semi (a cura di), Istria e Dalmazia. Uomini e tempi. Istria e Fiume, II, Udine, Del Bianco Editore, 1991, pp. 474-477.

Collegamenti esterni

  • Sergio Cella, DEPOLI, Attilio, su Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 1991. URL consultato il 21 ottobre 2018.