Biodiesel

tipo di combustibile
Versione del 11 ago 2005 alle 15:43 di Michele Bini (discussione | contributi) (Disponibilità: riprendo le stime di Sandro kensan)

Il biodiesel è un carburante alternativo ottenuto da fonti rinnovabili quali olii vegetali, grassi animali, analogo al gasolio derivato dal petrolio.

Avvertenze

Contrariamente a quanto si crede comunemente, non è un olio vegetale puro e semplice, come ad esempio l'olio di colza, bensì il risultato di un processo chimico a partire da questi o altri componenti biologici (processo di esertificazione - aggiunta di alcol metilico). L'uso diretto degli olii vegetali nei motori diesel normali può danneggiare questi ultimi, in quanto dalla loro combustione derivano maggiori impurità e residui. A lungo andare, se usati puri, gli olii vegetali causano danni al motore, tanto che in Germania, Canada e USA sono in vendita kit per risolvere completamente o in parte i problemi dovuti al loro utilizzo. Inoltre, per la legge italiana, è prevista una sanzione amministrativa per chi evade l'Accisa sui carburanti: infatti il decreto legislativo n. 504 del 26 ottobre 1995, il Testo Unico in materia di accise, all'art. 40 prevede:

"è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a euro 7.746, chiunque: ...omissis... destina ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate".

Qualità del carburante, specifiche e proprietà

Il biodiesel è un biocombustibile liquido, trasparente e di colore ambrato, ottenuto interamente da olio vegetale (colza, girasole o altri). Il Biodiesel ha una viscosità simile a quella del gasolio per autotrazione ottenuto per distillazione frazionata del petrolio grezzo.

Per l'identificazione delle miscele si ricorre alla siglatura BD (analoga alla BA per le miscele contenenti bio-alcol). Al biodiesel puro viene assegnata la sigla BD100, alle miscele un numero corrispondente alla percentuale di biodiesel contenuto (ad esempio, BD20 per un gasolio tagliato al 20% con biodiesel). Negli Stati Uniti la siglatura è simile, ma senza la D (B100, B20, B50, eccetera.).

Le specifiche internazionali standard per il biodiesel sono fissate nella norma ISO 14214; gli Stati Uniti fanno riferimento inoltre alla specifica ASTM D 6751; la Germania ad una apposita specifica DIN che identifica tre tipi di biodiesel:

  • RME (esteri metilici del'olio di colza - DIN E 51606)
  • PME (esteri metilici di soli oli vegetali - DIN E 51606)
  • FME (esteri metilici di grassi vegetali e animali - DIN V 51606)

Le specifiche fissano alcuni punti importanti nei processi di produzione del biodiesel:

La conformità a queste caratteristiche viene generalmente verificata tramite gascromatografia.

Il carburante ottenuto secondo questi standard qualitativi risulta molto poco tossico; la dose letale LD50 è maggiore di 50 ml/Kg, ben dieci volte superiore a quella del sale da cucina.

Il biodiesel può essere mescolato con il gasolio in ogni proporzione ed impiegato nei moderni motori diesel, anche se alcuni autoveicoli possono subire una degradazione di tubi e giunti in gomma per via del maggior potere solvente del biodiesel rispetto al gasolio tradizionale. La gomma sciolta dal biodiesel può poi formare depositi o intasare le linee dell'alimentazione del veicolo. L'adozione di gomme più resistenti nei veicoli di recente fabbricazione (dal 1992 in poi) dovrebbe aver risolto questo inconveniente, senza contare che il maggior potere solvente del biodiesel aiuta a mantenere pulito il motore sciogliendo residui eventualmente presenti.

Dal punto di vista ambientale, il biodiesel presenta alcune differenze rispetto al gasolio:

  • il biodiesel, ripetto al gasolio, riduce le emissioni nette di ossido di carbonio (CO) del 50% circa e di anidride carbonica del 78,45% perché il carbonio delle sue emissioni è quello che era già presente nell'atmosfera e che la pianta ha fissato durante la sua crescita e non, come nel caso del gasolio, carbonio che era rimasto intrappolato in tempi remoti nella crosta terrestre.
  • il biodiesel praticamente non contiene idrocarburi aromatici; le emissioni di idrocarburi aromatici polinucleati (benzopireni) sono ridotte fino al 71%.
  • il biodiesel non ha emissioni di diossido di zolfo (SO2), dato che non contiene zolfo.
  • il biodiesel riduce l'emissione di polveri sottili fino al 65%.
  • il biodiesel produce più emissioni di ossidi di azoto (NOx) del gasolio; inconeniente che può essere contenuto riprogettando i motori diesel e dotando gli scarichi di appositi catalizzatori.
  • il biodiesel ha un numero di cetano superiore a quello del gasolio, si incendia quindi più facilmente quando viene iniettato nel motore.

Il biodiesel puro (BD100 o B100) può essere utilizzato in qualsiasi motore Diesel a petrolio, anche se viene più comunemente utilizzato in concentrazioni inferiori. In alcune zone è richiesto l'uso di diesel a bassissimo contenuto di zolfo, che riduce la naturale viscosità e lubrificazione del carburante poiché sono stati rimossi lo zolfo e certe altre sostanze. Per far si che scorra propriamente nei motori sono richiesti degli addittivi, e il biodiesel è una popolare alternativa. Concentrazioni fino al 2% (BD2 o B2) si sono mostrate il grado di restituire la lubrificazione. Inoltre, molte municipalità hanno iniziato a usare il biodiesel al 5% (BD5 o B5) nei mezzi per la rimozione della neve e in altri sistemi. Usato come additivo al gasolio, ne migliora il potere lubrificante.

Poiché il biodiesel viene più spesso utilizzato in miscela con il diesel di petrolio, ci sono meno informazioni e studi formali sugli effetti del biodiesel puro sui motori non modificati e sui veicoli attualmente in uso, tuttavia non ci si attendono particolari problemi nell'utilizzo del biodiesel puro con i motori attuali, quantomeno finché tutte le parti del motore siano compatibili con il suo maggior potere solvente.

Il punto di gel del biodiesel è funzione della natura e delle quantità degli esteri che contiene. La maggior parte di esso tuttavia, compreso quello ottenuto dall'olio di soia, ha un punto di gel superiore a quello del gasolio; questo rende necessario il riscaldamento dei serbatoi di stoccaggio, soprattutto nelle zone a clima rigido.

Il biodiesel, rispetto al gasolio, non è esplosivo, con un flash point posto a 150 °C per il biodiesel rispetto ai 64 °C del gasolio. Contrariamente al gasolio, è biodegradabile, non tossico e riduce significativamente le emissioni tossiche quando viene bruciato come carburante.

Storia

La transesterificazione dell'olio vegetale era stata condotta già nel 1853, dagli scienziati E. Duffy e J. Patrick, molti anni prima che il primo motore Diesel diventasse funzionale. Il primo modello di Rudolf Diesel, un singolo cilindro in ferro di 3 metri con un volano alla base, funzionò per la prima volta ad Augusta (Germania) il 10 agosto 1893. In ricordo di questo evento, il 10 agosto è stato dichiarato Giornata Internazionale del Biodiesel'. Diesel successivamente presentò il suo motore all'Esposizione Mondiale di Parigi del 1898. Questo motore rimase come esempio della visione di Diesel, poiché era alimentato da olio di arachidi — un biocarburante, anche se non strettamente biodiesel, in quanto non era transesterificato. Diesel credeva che l'utilizzo di un carburante ottenuto dalla biomassa fosse il vero futuro del suo motore. In un discorso del 1912, Rudolf Diesel disse, "l'uso di oli vegetali per il carburante dei motori può sembrare insignificante oggi, ma tali oli possono diventare, nel corso del tempo, importanti quanto i derivati dal petrolio e dal carbone dei nostri giorni."

Nel corso degli anni '20, i produttori di motori diesel modificarono i loro propulsori per sfruttare la minore viscosità del carburante fossile (petrodiesel) a scapito dell'olio vegetale, un carburante di biomassa. Le industrie petrolifere furono in grado di far breccia nel mercato dei carburanti perché il loro prodotto era più economico da produrre rispetto alle alternative ricavate dalla biomassa. Il risultato fu, per molti anni, la quasi completa eliminazione dell'infrastruttura di produzione del carburante di biomassa. Solo recentemente le preoccupazioni circa l'impatto ambientale e una differenza di costo in diminuzione hanno reso i carburanti di biomassa come il biodiesel un'alternativa sempre più valida.

Negli anni '90 la Francia ha lanciato la produzione locale di biodiesel (nota localmente come diester) ottenuto dalla transesterificazione dell'olio di colza. Viene mischiato in proporzione del 5% nel normale carburante diesel, e in proporzione del 30% nel carurante diesel di alcune flotte di mezzi (trasporto pubblico). Renault, Peugeot e altri produttori hanno certificato dei motori da camion per l'utilizzo con questo biodiesel parziale. Sono in corso esperimenti per impiegare un biodiesel al 50%.

Dal 1978 al 1996, il National Renewable Energy Laboratory (NREL) statunitense ha sperimentato l'uso delle alghe come fonte di biodiesel, nell'ambito dell'"Aquatic Species Program". Le sperimentazioni [1] durate 16 anni del NRLE riguardo le alghe per il biodiesel sono attualmente terminate in quanto si è preferito dirigere i fondi presso più profittevoli studi.

Produzione

Articolo principale: produzione del biodiesel

Sintesi chimica

Chimicamente il biodiesel è un carburante composto da una miscela di esteri alchilici di acidi grassi a lunga catena. Un processo di transesterificazione dei lipidi viene usato per convertire l'olio base nell'estere desiderato e per rimuovere gli acidi grassi liberi. Dopo questo procedimento, contrariamente al semplice olio vegetale, il biodisel possiede proprietà di combustione simili al diesel ricavato dal petrolio e può sostituirlo nella maggior parte dei suoi impieghi.

Il processo produttivo più diffuso impiega metanolo per produrre esteri metilici, tuttavia anche l'etanolo può essere usato, ottenendo così un biodiesel composto da esteri etilici. Come sottoprodotto del processo di transesterificazione, si ottiene il glicerolo.

 
Reazione di trans-esterificazione di un grasso con metanolo; R è una catena lineare generalmente lunga da 16 a 22 atomi di carbonio la cui esatta struttura dipende dalla specie vegetale o animale. Il primo prodotto indicato è il glicerolo, il secondo è il generico estere metilico che costituisce il biodiesel.

Oli base

File:Biodiesel.jpg
La soia può essere lavorata per produrre biodiesel. Immagine del National Biodiesel Board

Una varietà di biolipidi può essere usata per produrre il biodiesel. Tra questi troviamo:

Molti sostenitori suggeriscono che l'olio vegetale di scarto sia la miglior fonte di olio per la produzione del biodiesel. Comunque, le forniture disponibili sono decisamente meno della quantità di carburante derivato dal petrolio che viene bruciato per i trasporti e il riscaldamento domestico in tutto il mondo. Secondo l'Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti, i ristoranti degli USA producono circa 13.6 milioni di litri (3 milioni di galloni) di olio da cucina di scarto all'anno mentre ad esempio in Italia si consumano annualmente 39 miliardi di litri di gasolio e benzina.

Anche se è economicamente vantaggioso usare gli oli vegetali di scarto per produrre il biodiesel, è ancor più profittevole utilizzarli per convertirli in prodotti come il sapone. Perciò, la gran parte degli oli vegetali di scarto non viene gettato in discarica, ma usato per altri scopi. I grassi animali hanno limitazioni simili nella disponibilità, e non sarebbe efficente allevare animali solo per il loro grasso. Comunque, produrre biodiesel con grassi animali che altrimenti verrebbero scartati potrebbe sostituire una piccola percentuale del diesel di petrolio.

Per avere una fonte veramente rinnovabile di olio, dovrebbero essere considerate coltivazioni apposite. Le piante utilizzano la fotosintesi per convertire parte dell'energia del sole in energia chimica. Parte di questa energia chimica viene immagazzinata nel biodiesel e rilasciata quando bruciata. Ne risulta che le piante potrebbero fornire una fonte sostenibile per la produzione di biodiesel. Ecco una stima della produzione media di alcune piante (in metri cubi per chilometro quadrato):

  • Soia: da 40 a 50
  • Senape: 130
  • Colza: da 100 a 140
  • Olio di Palma: 610
  • Alghe: da 10,000 a 20,000

La coltivazione di alghe unicellulari per estrarre olio per biodiesel non è stata ancora intrapresa commercialmente, ma studi condotti per stimarne la efficacia sono arrivati ai numeri preindicati. Varietà specialmente selezionate di Sènape possono produrre quantità di olio ragionevolmente elevate, e hanno il valore aggiunto di poter utilizzare alcuni scarti della produzione come un pesticida biodegradabile. Ci sono filoni di ricerca per trovare coltivazioni con una rendita di olio piu elevata, ma con le tecniche attuali vaste aree di terreno dovrebbero essere messe in produzione per ottenere abbastanza olio con il sostituire l'utilizzo attuale dei combustibili fossili, entrando in competizione con le coltivazioni alimentari o comunque esponendo ulteriori aree di terreno all'erosione e al rischio di desertificazione.

I baccelli di soia non sono una fonte efficente per la produzione di biodiesel, ma, dato che negli Stati Uniti c'è ampia disponibilità di soia, che viene usata per usi alimentari anche dopo l'estrazione dell'olio, la soia è diventata la fonte primaria di biodiesel.

Efficienza ed economia

Attualmente i costi di produzione del biodiesel ne rendono talvolta competitivo il prezzo rispetto al gasolio, ma l'attuale produzione mondiale di grassi animali e oli vegetali necessari per produrlo non è sufficiente a rimpiazzare i combustibili fossili, se non in piccola parte. Alcuni gruppi ambientalisti paventano un massiccio aumento dell'uso di pesticidi ed uno sfruttamento incontrollato del suolo per far fronte all'aumentata richiesta di oli vegetali da destinare alla produzione del biodiesel.

In Italia si parla [2] di produzioni medie di biodiesel da colza e girasole pari a 966 litri per ettaro (850 Kg/ha). In USA di 1029 litri per ettaro.

E.R.O.E.I.

Per valutare se il dispendio energetico per produrre un litro di biodiesel abbia senso (cioè se venga consumato meno di un litro di carburante per produrre un litro di biodiesel), occorre rifarsi a concetti come l'EROEI (rapporto tra energia ottenuta (ricavata) e energia spesa (investita)).

Comunemente viene considerata come resa energetica (EROEI) del biodiesel un valore pari a circa 3, questo significa che dal puro punto di vista energetico con l'energia di un litro di biodiesel si ricavano dopo un anno di coltivazione tre litri di biodiesel. Esattamente non passa un anno per ottenere i tre litri di biodiesel partendo da un litro ma passa un numero di anni pari all'Energy Pay Back ratio del biodiesel.

Nell'EROEI non sono conteggiate le spese economiche ma sono solo computate le energie, quindi gli stipendi dei contadini non sono considerati. Un valore di resa energetica pari a 3 è un valore molto più basso dell'EROEI di un impianto eolico (20-30) o quello del petrolio (10-100) ma è un valore accettabile per le coltivazioni agricole.

Secondo uno studio elaborato dai dott. Van Dyne e Raymer per la Tennessee Valley Authority, la media degli agricoltori statunitensi consuma carburante in misura di 82 litri per ettaro (8.75 galloni US per acro) di terreno per la produzione di un raccolto. Ma il petrolio necessario per le coltivazioni non è limitabile a quello usato dai trattori, è per questo che si usa il concetto di EROEI in modo da comprendere l'energia per fabbricare il concime chimico, gli antiparassitari, i diserbanti, per fabbricare i trattori, ecc, ecc.

Secondo lo stesso studio un raccolto standard americano di semi di colza produce olio per una media di 1.029 L/ha (110 US gal/acro), mentre una coltivazione degli stessi semi a resa elevata produce circa 1.356 L/ha (145 US gal/acro).

Dalla coltivazione di piante oleaginose si ricavano molti prodotti utili e importanti (proteine, biomassa per riscaldarsi, ecc) che rendono utile la produzione di biodiesel oltre il valore del suo EROEI.

Nel 2005, sulla rivista Natural Resources Research, l'ecologo David Pimentel e l'ingegnere ambientale Tad W. Patzek hanno pubblicato uno studio secondo cui sia la produzione di biodiesel da soia e girasole, sia quella dell'etanolo da mais, legno ed erba, consumano di gran lunga più energia di quanta se ne possa ricavare dai combustibili, non tenendo conto nè delle tasse, nè dei danni ambientali. Tuttavia, oltre a non aver esaminato le materie prime a più alto rendimento (ad esempio la canna da zucchero e la barbabietola da zucchero per l'etanolo, o la colza e l'olio di palma o le alghe per il biodiesel), l'articolo trascura anche la produzione dal riciclo di materiali vegetali per questo scopo: ad esempio gli olii vegetali di scarto, gli scarti della lavorazione agricola, e via dicendo. In questo caso, il vantaggio è che lo smaltimento produce una materia prima, mentre se distrutti o stoccati rappresentano solo un costo, quindi qualunque guadagno, se pur piccolo, è meglio di nulla.

Insufficienza delle risorse

In alcuni stati e regioni dove è stato valutato il passaggio integrale ai biocombustibili si è giunti alla conclusione che tale soluzione avrebbe richiesto enormi estensioni di territorio se si fossero scelte le coltivazioni tradizionali. Considerando solo queste ultime ed analizzando il quantitativo di biodiesel che può essere prodotto per unità di terreno coltivato, è emerso che gli Stati Uniti, nazione con una richiesta energetica pro capite tra le più elevate, non possiede abbastanza territorio coltivabile per rifornire i veicoli della propria popolazione.

La Coldiretti ha pubblicato un documento in cui afferma che la resa media di biodiesel italico è di circa 850 Kg per ettaro, visto che la superficie agricola utile (SAU) è di circa 13 milioni di ettari nemmeno in Italia vi è la possibilità di soddisfare il fabbisogno del parco veicoli nostrano che si aggira sui 34 milioni di mezzi. Si tenga presente che il consumo medio di un veicolo è un po' sopra la tonnellata (1000 Kg) l'anno di carburante. Un ovvio compromesso sarebbe decimare il numero di veicoli italiani e utilizzare motori diesel di piccola cilindrata e veicoli leggeri, il cui consumo arriva ad essere di 2 o 3 litri per 100Km, come ad esempio il 1200 cc TDi sulla Lupo della Volkswagen, o il progetto Twingo SMILE di Greenpeace.

Altri stati sviluppati o in via di sviluppo potrebbero essere in una condizione migliore, anche se molte regioni non possono permettersi di sottrarre coltivazioni alla produzione alimentare. Per i paesi del terzo mondo può avere senso l'utilizzo di sorgenti per il biodiesel che usano terreni marginali, ad es. le noci di Honge (Pongamia pinnata [3] altrimenti detto "faggio indiano"), pianta che cresce normalmente ai margini delle strade.

Si tenga comunque presente che pro capite il terreno coltivabile è molto limitato: nel 2000 l'area coltivabile (SAU) nel mondo era pari a 0.11 ettari per persona (fonte FAO) in gran parte usati per produrre cibo. I veicoli mondiali sono secondo stime del DoE (Dipartimento dell'energia americano) 700 milioni e consumano molto gasolio e benzina (si consideri che i veicoli italiani consumano 1 tonnellata all'anno) ed è probabile che per alimentarle a biodiesel sia necessario coltivare una buona parte (percentuali a due cifre) dei 0.11 ettari pro capite a piante che alimenteranno i motori delle auto.

Un tale uso delle risorse agricole comporterà la presumibile uscita dal mercato alimentare di una parte enorme della popolazione mondiale e la salita dei prezzi dei terreni coltivabili.

Un calcolo calorico porta a dire che mantenere i veicoli col cibo umano è dispendioso. Vengono consumate in Italia 39 miliardi di litri/anno di benzina e di gasolio per l'autotrazione, ogni grammo di olio ha 9 Calorie e un umano consuma 2500 Calorie al giorno, quindi si può eseguire un semplice calcolo calorico sulla capacità di sfamare le persone da parte del biodiesel (olio) che si potrebbe consumare in Italia.

Il conteggio porta a più di 300 milioni di umani sfamabili col consumo di biodiesel dei veicoli italiani, si noti che la popolazione italiana è di quasi 60 milioni.

Efficienza alghe

Studi più recenti su una specie di alga con un contenuto di olio che può arrivare al 50% hanno concluso che potrebbero bastare appena 28.000 Km² del territorio statunitense (corrispondenti allo 0,3% del totale) per produrre il biodiesel necessario per sostituire tutto il carburante da autotrazione che viene attualmente utilizzato nel paese. Un ulteriore incoraggiamento arriva dal fatto che il terreno più adatto alla crescita delle alghe avrebbe caratteristiche di tipo desertico a forte irraggiamento solare, quindi con basso valore economico per qualunque altro utilizzo, e che si potrebbero utilizzare gli scarti agricoli e l'eccesso di CO2 prodotto dalle industrie per velocizzare la crescita delle alghe stesse.

Un recente documento di Michael Briggs del Biodiesel Group dell'Università del New Hampshire, offre stime per la sostituzione di tutto il carburante per autotrazione con biobiesel, utilizzando alghe che hanno un contenuto di olio superiore al 50%.

I critici affermano che non vi è alcuna sperimentazione in larga scala sulle alghe, non sono note le malattie che le affliggono quando si ha una monocoltura estesa, non si hanno i costi dell'impianto per produrre il biodiesel da alghe. Nel campo della produzione agricola intensiva non si usa più il concime naturale e si è dovuto metter mano a costose ricerche, prodotti chimici contro i parassiti e per la concimazione. I critici si chiedono se per le alghe ci saranno analoghe o nuove necessità per avere alte rese.

In un documento [4] del "National Renewable Energy Laboratory" americano si pubblicano alcuni inconvenienti delle micro alghe come il costo doppio rispetto al gasolio considerando ipotesi di produzione "agressive", la necessità di fare gorgogliare CO2 nelle vasche, il problema di riscaldare le vasche di coltura nel deserto durante la notte e altri problemi. Comunque la produzione di olio e quindi di biodiesel è ottima e si parla di una quantità 30 volte maggiore rispetto alle oleaginose che crescono sul suolo.

Tale rapporto è una summa dei risultati raggiunti ed è stato fatto in quanto la DOE (Dipartimento dell'Energia) americana ha deciso di tagliare i finanziamenti per i progetti che riguardano il biodiesel da alghe dopo 16 anni di studi per dedicare i propri fondi a ipotesi più promettenti.

La sorgente diretta del contenuto energetico del biodiesel è l'energia solare catturata dalle piante mediante la fotosintesi. L'efficienza della fotosistesi delle piante superiori si aggira sull'1 percento contro ad esempio una efficienza del 12% e sperimentale del 50% dei pannelli fotovoltaici, mentre il rendimento osservato negli esperimenti con le alghe unicellulari è stato attorno al 6%, e teoricamente si ritiene non possa comunque superare l'11%.

Produzione

Il biodiesel sta attirando l'interesse di compagnie orientate alla produzione finalizzata al commercio in larga scala, così come più in generale è successo per coloro che utilizzano il biodiesel di fabbricazione artigianale oppure direttamente l'olio vegetale (puro o di scarto) nei motori diesel. Esistono molti tipi, aventi le più svariate caratteristiche, di bioraffinerie artigianali.

Disponibilità

Un sempre maggior numero di stazioni di servizio sta rendendo il biodiesel disponibile ai consumatori e un numero crescente di grosse compagnie di trasporto usa una percentuale di biodiesel nel loro carburante.


Negli USA il prezzo del gasolio senza le tasse (22%) era ad agosto 2005 pari a 76 dollari al barile [5] (0,48USD/l) mentre il biodiesel prodotto dall'agricoltura americana molto sovvenzionata dallo stato, ha un prezzo che nel 2001 era compreso escluse le tasse tra i 55 e i 63 dollari al barile (0,34-0,40USD/l) [6].

Secondo una fonte del 2004 del governo australiano, il biodiesel non sovvenzionato ha un costo di è di 97 dollari al barile (0,80AUSD/gal) [7].

Il biodiesel è commercialmente disponibile nella maggior parte degli Stati produttori di olii vegetali degli Stati Uniti. Al momento è notevolmente più costoso del gasolio di origine fossile, tuttavia è ancora generalmente prodotto in quantità relativamente modeste (se confrontate con i prodotti del petrolio e con l'etanolo). Molti agricoltori che producono semi da olio usano per principio una miscela di biodiesel per trattori e macchinari, allo scopo di aiutare la produzione di biodiesel e stimolare l'opinione pubblica. Di norma è più facile reperire il biodiesel nelle aree rurali piuttosto che nelle città. Allo stesso modo, alcuni imprenditori agricoli e persone generalmente connesse alla produzione di semi da olio usano il biodiesel per ragioni legate alle relazioni pubbliche. Per il 2003 negli Stati Uniti sono state concesse riduzioni fiscali per l'uso del biodiesel. Nel 2002 quasi 3,5 milioni di galloni US (13 000 m³) di biodiesel prodotto commercialmente sono stati venduti negli Stati Uniti, in netto aumento rispetto al totale di 0,1 milioni di galloni US (380 m³) del 1998. A causa dell'innalzamento dei requisiti di controllo delle emissioni inquinanti e dei benefici fiscali, si prevede che l'utilizzo del biodiesel negli Stati Uniti aumenterà fino a 1 - 2 miliardi di galloni US (4 000 000 - 8 000 000 m³) entro il 2010. Il prezzo del biodiesel è sceso da una media di $3,50 per gallone US ($0,92/l) nel 1997 a $1,85 per gallone US ($0,49/l) nel 2002, ma rimane di solito più costoso del petrodiesel nei paesi produttori di petrolio (nel 2002, negli Stati Uniti, prima dell'introduzione della "road tax", il prezzo medio del gasolio era di circa $0.85 per gallone US, $0,22 al litro).

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Bibliografia (in inglese)

Collegamenti esterni

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