Spoliazioni napoleoniche

spoliazioni attuate dalla Francia napoleonica

I furti napoleonici[1][2] o, più correttamente, le spoliazioni napoleoniche[3][4] sono una serie di sottrazioni di beni, in particolare opere d'arte e in genere di opere preziose, effettuate da parte dell'esercito francese tramite armistizi a titolo di indennizzo o da parte di funzionari napoleonici durante l'occupazione francese negli stati preunitari della penisola italiana, penisola iberica, Paesi Bassi, Europa centrale ma anche Egitto. Simile terminologia è presente in Spagna, dove si parla di expolio napoleónico, e in Germania, dove il termine utilizzato comunemente è Napoleonischen Kunstraub. Per dimensioni e periodo, è stato definito il piu grande sacco della storia dell'arte d'Italia, poiché le spoliazioni vennero costantemente rinnovate dal 1797 fino al 1815 (periodo dell'occupazione napoleonica), e riguardarono non solo le arti pittoriche o scultoree, ma anche beni archeologici, archivistici e librari, collezioni glittiche, numismatiche, naturali, mineralogiche e botaniche, ma anche distruzione di opere d'arte, specialmente provenienti da chiese, monasteri e demani pubblici che venivano fuse in cerca di oro e argento per finanziare le campagne militari. Molte opere rimangono ancora oggi in Francia, altre sono state rimpatriate.

I cavalli bronzei di piazza San Marco vengono inviati a Parigi. Venezia, 1797.

Le vicende di opere d’arte nei Paesi Bassi, Austria e Germania, Bénédicte Savoy, Patrimoine annexé. Les biens culturels saisis par la France en Allemagne autour de 1800 rappresenta il piu completo resoconto unitario delle opere trafugate e restituite. Manca, in Italia un’opera di analogo respiro, e spesso ci si concentra sulla storia locale anziché nazionale.

Storia

Le celebrazioni

Nel nono giorno di Termidoro dell'anno VI della Repubblica Francese (27 luglio 1798), avvenne la piu grande celebrazione di vittoria che si sia vista a Parigi. L'evento è ricordato da una stampa presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Mostra l'arrivo del primo convoglio confiscato al termine della Campagna d'Italia di Napoleone, che arrivava a Champ de Mars, di fronte all'École Militaire di Parigi. Nelle stampe d'epoca si notano i cavalli della Basilica di San Marco a Venezia trainato da sei cavalli, preceduto da una gabbia di leoni e succeduto da quattro dromedari. Davanti un pannello dichiara: "La Grèce les ceda; Rome les a perdus; leur sort changea deux fois, il ne changera plus". In questa processione, erano inclusi l'Apollo Belvedere, la Venere Medici, il Discobolo, il Laocoonte, e una sessantina di altre opere tra cui nove Raffaello, due famosi Correggio, collezioni minerali e antiquarie, diversi animali esotici, ma anche diversi manoscritti dal Vaticano datati prima del 900 d.C.[5] L'attenzione popolare era attratta dagli animali esotici e dalla opera lignea della Vergine di Loreto, ritenuta opera di San Luca e capace di realizzare miracoli.[6] Le giustificazioni ideologiche per le spoliazioni erano varie, oltre il mero diritto di preda e di bottino. Da un lato, una petizione di artisti francesi riteneva che le opere servissero a ispirazione per il progresso delle arti, mentre il luogotenente Hussars riteneva che le opere fossero rimaste "imprigionate da troppo tempo...opere immortali non piu in terra straniera, ma nella patria delle arti e dei geni, la patria delle libertà e della sacra uguaglianza, ossia la Repubblica Francese"[7]. Ancora, "statue che i francesi hanno prelevato dalla degenere chiesa romana cattolica per adornare il grande museo di Parigi, per distinguere i piu nobili tra i trofei, il trionfo della libertà sulle tirannie, della conoscenza sulla superstizione"[8]. Di fronte a quelli che anche all'epoca venivano ritenuti bottini militari, alcuni come Quatremère de Quincy ricordò che fortunatamente le piu grandi opere del genio umano non potevano essere rimosse come il Colosseo, la Cappella Sistina o le Stanze del Vaticano, aggiungendo che se i francesi volevano ricollegarsi con il passato, invece di spogliare Roma, avrebbero dovuto "sfruttare le rovine in Provenza, investigare le rovine di Arles, Orange, e restaurare l'anfiteatro di Nîmes". [9] Questa non fu tuttavia la linea riconosciuta dal governo francese.

Il sacco d'Italia

La prima campagna d'Italia aveva dato numerosissimi oggetti di valore, da quando nel maggio del 1796 gli armistizi vennero firmati coi Ducati di Modena e di Parma fino al Trattato di Campoformio con la Repubblica di Venezia nel 1797. I duchi di Modena e Parma erano obbligati a consegnare venti dipinti dalle loro collezioni private e dalle collezioni pubbliche. In giugno, sia il Re di Napoli sia il Papa firmarono armistizi in cui si impegnavano a consegnare 500 manoscritti dal Vaticano e un centinaio di dipinti e busti. Una clausola specifica prevedeva i busti di Marco e Giunio Bruto. I manoscritti vennero selezionati da Joseph de la Porte du Theil, erudito francese che conosceva bene le biblioteche vaticane. Il papa dovette pagare le spese di trasporto dei manoscritti e delle opere fino a Parigi. Simili saccheggi avvennero nelle biblioteche vaticane, le biblioteche estensi di Modena, la biblioteca ambrosiana di Milano, quelle di Bologna, Monza, Pavia e Brera. Successivamente, il Trattato di Tolentino aggiungeva opere dai tesori di Ravenna, Rimini, Perugia, Loreto e Pesaro. Nel Vaticano, le stanze vennero completamente aperte e rovistate per le collezioni personali degli ufficilali e per Napoleone, mentre i medaglioni in oro e argento venivano fusi[10]. A Venezia, i cavalli di bronzo di San Marco attribuiti a Lisippo vennero spediti a Parigi, le Nozze di Cana del Veronese vennero tagliate e spedite al Louvre, la Pala di San Zeno del Mantegna venne tagliata e spedita in Francia. L'Arsenale di Venezia venne smantellato, i cannoni, le armature più belle e le armi da fuoco vennero spedite in Francia, altri vennero fusi[11]. Fortunatamente talvolta l'incompetenza dei commissari francesi incaricati delle requisizioni fece sì che alcuni capolavori rimanessero in loco, come fu per la Sacra conversazione di Piero della Francesca poiché ritenuta di scarsa importanza, o per La Velata di Raffaello poiché attribuita a Sustermans.[12]

Spoliazioni nel Ducato di Modena

L'armistizio venne stipulato il 17 maggio a Milano da parte di san Romano Federico d'Este rappresentante del Duca Ercole III, richiedendo la consegna di venti dipinti dalle collezioni d'Este e una somma in denaro tripla rispetto a quella dell'armistizio con Parma. La prima spedizione venne curata da Giuseppe Maria Soli, direttore dell'accademia atesia di belle arti, si occupo della selezione dei dipinti, che furono levati dagli appartamenti del Duca d'Este, e spediti a Milano nel 1796 insieme con i commissari Tinet e Bethemly. Tuttavia, arrivati in Francia vennero giudicati mediocri da Le Brun e Napoleone dichiarò infranto l'armistizio col duca d'Este a causa della violazione delle clausole. Il 14 ottobre, Napoleone entrò a Modena con due nuovi commissari Gara e Saliceti che si recarono piu volte a setacciare le gallerie delle medaglie e la galleria del palazzo ducale per prelevare la collezione di cammei e pietre dure incise. Il 17 ottobre, dopo aver prelevato dalla biblioteca ducale numerosissimi manoscritti e libri antichi, vengono consegnati 1213 esemplari: 900 monete romane imperiali in bronzo, 124 monete dalla colonie romane, 10 monete d'argento, 31 contornati, 44 monete di città greche, 103 monete dei pontefici inviati alla Bibliothèque Nationale di Parigi e da allora li conservati. [13] La moglie Giuseppina nel febbraio del 1797 non fu da meno: alloggiando a Palazzo ducale di Modena volle vedere la collezione di cammei e pietre preziose, ma non si accontentò di guardarle e ne prese circa duecento, oltre a quelli di cui si impossessarono alcuni aiutanti di campo del marito che la accompagnavano. Vennero spediti al Louvre 1.300 disegni trovati nelle collezioni estensi, 16 cammei in agata, 51 pietre dure e diversi vasi in cristallo di rocca, dove si trovano da allora.[14]Il 20 ottobre vennero requisiti il busto di Lucio Vero e Marco Aurelio, un disegno della colonna traiana, e un altro coi busti degli imperatori. Saliceti e Garrau prelevarono a titolo personale diversi cammei con montatura in oro e oro smaltato. La seconda spedizione di dipinti avvenne il 25 ottobre, quando Tinet, Moitte e Berthelmy scelsero 28 dipinti da spedire a Parigi, insieme con altri 554 disegni, quattro album per un totale di 800 disegni. Numerosissimi dipinti della scuola emiliana rimasero in Francia:

Spoliazioni nel Granducato di Toscana

Le spoliazioni nel Granducato di Toscana vennero portate a termine dallo stesso direttore del Louvre, Dominique Vivant Denon. Tra l'estate e l'inverno 1811, setacciò prima Massa, Carrara, Pisa, poi Volterra e infine Firenze. In ciascuna annotò le opere da spedire a Parigi. A Pisa Denon selezionò in totale nove opere e un bassorilievo:

A Firenze, Denon rovisto nel deposito del convento di Santa Caterina e spedì

  • Incoronazione della Vergine dipinto da Fra Angelico, proveniente dal convento di S. Domenico di Fiesole
  • La Vergine con Gesù Bambino e quattro angeli, dipinto da Sandro Botticelli, dalla Sala delle Belle Arti di Firenze.
  • L'Incoronazione della Vergine e quattro santi, dipinto da Raffaellino del Garbo, proveniente dal Convento di S. Salvi.
  • San Giovanni Battista e due monaci dipinto da Andrea del Castagno, proveniente dall'Accademia delle Belle Arti di Firenze.
  • La Natività, dipinto da Filippo Lippi, provenente da un convento soppresso della città di Prato.
  • La Vergine, il Bambin Gesù e S. Bernardo, dipinto da Cosimo Rosselli, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, di Firenze.
  • La Visitazione della Vergine, dipinto da Domenico Ghirlandaio, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, di Firenze.
  • La Vergine, Gesù, S. Giuliano, S. Niccolò, dipinto da Lorenzo di Credi, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi, di Firenze
  • Presentazione al tempio, dipinto da Gentile da Fabriano, proveniente dall'Accademia delle Belle Arti di Firenze
  • Incoronazione della Vergine, dipinto da Piero di Cosimo, proveniente dalla chiesa soppressa di S. Girolamo di Firenze.
  • L'Annunciazione della Vergine, dipinto da Giorgio Vasari, proveniente dalla soppressa chiesa di S. Maria Novella d’Arezzo.
  • Gesù che appare alla Maddalena, dipinto da Angelo Bronzino, proveniente dalla chiesa di Santo S. Spirito di Firenze
  • Portare della Croce dipinto da Benedetto Ghirlandaio, proveniente dalla chiesa di S. Spirito di Firenze.
  • Vergine con Bambino in braccio e due santi dipinto da Mariotto Albertinelli, proveniente dalla chiesa di SS.ma Trinita di Firenze
  • Vita di Cristo dipinto da Taddeo Gaddi, proveniente dal convento di Santa Maria degli Angeli di Firenze.
  • San Francesco, e il Miracolo del moribondo dipinti da Pesello Peselli, provenienti dal convento di Santa Croce di Firenze.
  • La Madonna con Bambino in braccio, Sant'Anna, San Sebastiano, San Pietro e San Benedetto a figure intere, dipinto da Jacopo da Pontormo, proveniente dalla chiesa di Sant' Anna sul Prato di Firenze.
  • Incoronazione della Vergine, dipinto da Ridolfo Ghirlandaio, proveniente dalla chiesa di Ripoli di Firenze
  • Vergine col Bambino in braccio, diversi santi e angeli, dipinto dall'Empoli, proveniente dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze
  • Vergine col Bambino in braccio, e diversi santi e angeli , dipinto da Fra Filippo Lippi, proveniente dalla Sala dell'Accademia suddetta, e precedentemente dalla sagrestia di Santo Spirito di Firenze.
  • Incoronazione della Vergine e due angeli , dipinto da Simone Memmi, proveniente dal convento della SS.ma Annunziata di Firenze

Spoliazioni nella Repubblica di Venezia

La commissione francese incaricata di spedire i capolavori in Francia era guidata da Monge, Berthollet, Berthélemy e Tinet, che in precedenza erano passati a Modena.

Vennero fuse le opere in oro e argento accumulate nel corso di secoli presso la Zecca di Venezia e spedite in Francia.[19] L'Arsenale di Venezia venne smantellato, i cannoni, le armature più belle e le armi da fuoco vennero spedite in Francia, altri vennero fusi[11]. Si fusero oltre 5.000 cannoni facenti parte dell'armeria - museo, nonché le armi antiche, i cannoni e le pietraie in ferro e in rame che erano il vanto dell'Arsenale e frutto delle conquiste e delle vittorie della Repubblica vennero spedite nei musei francesi.[20] Presso l'Hôtel National des Invalides conosciuto come Les Invalides, si ospita anche il celebre Musée de l'Armée. Il Museo é tra i più grandi musei d'arte e di storia militare del mondo, inclusi un cannone in bronzo di fattura veneziana, da 36 libre non destinato ad uso militare, fuso dalla Serenissima per celebrare l'alleanza tra il regno di Danimarca e di Norvegia e la Repubblica di Venezia, i cui emblemi sono posti ad ornamento dell'arma stessa. Il cannone i questione porta la data di fusione: Anno Salutis. MDCCVIII.[21]

Le Nozze di Cana del Veronese un tempo presso il refettorio benedettino dell'Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia a vennero tagliate in due e spedite al Louvre, dove si trovano ancora. La Pala di San Zeno del Mantegna, in origine a Verona presso San Zeno, venne tagliata e spedita in Francia. Le predelle sono oggi rimaste in Francia al Louvre mentre il pannello principale è tornato a Verona, rompendo l'autenticità del capolavoro per sempre.

Nell'aprile 1797 i francesi rimossero il leone e le famose statue in bronzo dei cavalli di San Marco, che la tradizione attribuiva a Lisippo, il bronzista di Alessandro Magno. Quando Napoleone decise di commemorare le sue vittorie del 1805 e 1806, ordino la costruzione dell'Arco di Trionfo in piazza du carrousel e che i cavalli fossero posti in cima come unico ornamento dell'arco. Il Leone alato di San Marco non fece piu ritorno, mentre gli austriaci si premunirono di ottenere il recupero dei cavalli ma non delle glorie sottratte all'Arsenale.

Spoliazioni nel Regno di Napoli

Nel 1799, il generale Jean Étienne Championnet attuò la stessa politica nel Regno di Napoli, come risulta da una missiva inviata al direttorio il 7 ventoso anno VII (25 febbraio 1799):[22]

«Vi annuncio con piacere che abbiamo trovato ricchezze che credevamo perdute. Oltre ai Gessi di Ercolano che sono a Portici, vi sono due statue equestri di Nonius, padre e figlio, in marmo; la Venere Callipigia non andrà sola a Parigi, perché abbiamo trovato nella Manifattura di porcellane, la superba Agrippina che attende la morte; le statue in marmo a grandezza naturale di Caligola, di Marco Aurelio, e un bel Mercurio in bronzo e busti antichi del marmo del più gran pregio, tra cui quello d'Omero. Il convoglio partirà tra pochi giorni.»

Le spoliazioni napoleoniche non furono limitate ai dipinti e alle sculture, ma riguardarono anche i patrimoni librari e le oreficerie. Gran parte di questi oggetti preziosi non fecero più ritorno.

Vendite forzate

In seguito, durante l'occupazione francese si verificarono molte vendite forzate a prezzi ribassati. La biblioteca privata di papa Pio VI venne comprata dal funzionario Daunou e nel 1809 la collezione di marmi del principe Borghese venne venduta a Napoleone sotto coercizione per otto milioni di franchi. Il principe non ottenne neanche tutte le somme promesse, ma venne pagato in terreni requisiti alla chiesa e in diritti minerari in Lazio, che successivamente dovette restituire ai legittimi proprietari[23]. W. Buchanan nel 1824 notava come Napoleone avesse "imposto una pesante tassazione sui principi e la nobiltà romana...che si era opposta alla sua armata, e come noto che le sue richieste venivano corrisposte dai proprietari rinnovava le richieste nella misura in cui notava che i proprietari di opere d'arte detenevano ancora tesori: cosi fu che i Colonna, Borghese, Barberini, Chigi, Corsini, Falconieri, Spada e molte altre famiglie nobili di Roma furono obbligate a vendere le loro opere per dimostrare che non avevano piu i mezzi per sostenere il pagamento delle tasse".[24]

Museo del Louvre

Napoleone attuò nel campo dei beni culturali una politica di spoliazione delle nazioni vinte, incamerando opere d'arte dai luoghi di culto del clero, dalle corti reali e dalle collezioni nobili e private delle famiglie dell'Ancien régime[2] che, a scopi propagandistici, trasferiva in prima battuta nel palazzo del Louvre di Parigi dove aveva voluto nel 1795 il Musée des Monuments Français oltre che in altri musei di Francia.

La collezione del Museo del Louvre fu inizialmente costituita da reperti tratti dalle collezioni borboniche e dalle famiglie nobili francesi, oltre che da fondi ecclesiastici. Ma già in occasione della prima campagna di guerra nei Paesi Bassi (1794-1795) incamerò oltre 200 capolavori di pittura fiamminga, tra i quali almeno 55 Rubens e 18 Rembrandt.[2]
Con la successiva Campagna d'Italia del 1796 portò in Francia altri 110 capolavori grazie all'armistizio di Cherasco (1º maggio 1796).[2] Stessa sorte subirono, con il trattato di Tolentino (22 gennaio 1797), numerose opere d'arte dello Stato Pontificio. La politica di trasferimento in Francia dei beni dei territori italiani occupati rispondeva a un preciso ordine del direttorio, che il 7 maggio 1796 inviò a Bonaparte le seguenti direttive:

«Cittadino generale, il Direttorio esecutivo è convinto che per voi la gloria delle belle arti e quella dell'armata ai vostri ordini siano inscindibili. L'Italia deve all'arte la maggior parte delle sue ricchezze e della sua fama; ma è venuto il momento di trasferirne il regno in Francia, per consolidare e abbellire il regno della libertà. Il Museo nazionale deve racchiudere tutti i più celebri monumenti artistici, e voi non mancherete di arricchirlo di quelli che esso si attende dalle attuali conquiste dell'armata d'Italia e da quelle che il futuro le riserva. Questa gloriosa campagna, oltre a porre la Repubblica in grado di offrire la pace ai propri nemici, deve riparare le vandaliche devastazioni interne sommando allo splendore dei trionfi militari l'incanto consolante e benefico dell'arte. Il Direttorio esecutivo vi esorta pertanto a cercare, riunire e far portare a Parigi tutti i più preziosi oggetti di questo genere, e a dare ordini precisi per l'illuminata esecuzione di tali disposizioni[25]

Proprio i trattati di pace furono lo strumento legale usato da Napoleone per legittimare queste spoliazioni: tra le clausole faceva rientrare la consegna di opere d'arte (oltre all'imposizione di tasse a titolo di tributi di guerra).
Queste stesse opere erano già state individuate in precedenza da una specifica commissione composta da specialisti,[26] al seguito del suo esercito, guidata dal barone Dominique Vivant Denon che seguì personalmente, a questo scopo, sette campagne di guerra.

Tutte le opere di maggior pregio erano destinate al Louvre, mentre quelle meno importanti furono collocate nei musei francesi di provincia (Reims, Arles, Tours).

La Restaurazione

All'indomani della sconfitta di Napoleone nella battaglia di Waterloo (18 giugno 1815) tutti i regni d'Europa inviarono a Parigi propri commissari artistici per pretendere la restituzione delle opere spoliate o il loro risarcimento (per esempio Antonio Canova partecipò in rappresentanza dello Stato Pontificio).[2][27]

Come scriveva il Corriere di Londra il 15 ottobre 1815, l'opinione pubblica nei paesi alleati protestava contro l'arroganza dei francesi: "le truppe di ufficiali francesi tornano a Parigi, e girando senza uniforme aizzano la popolazione. Al ritirarsi delle truppe alleate, l'insolenza dei parigini aumenta. Vogliono la rimozione degli articoli sulle opere d'arte. Perché? in base a quale diritto? Il diritto di conquista? ebbene, non hanno già loro perso due volte? insistono a invocare il diritto di preda? Allora perché non consentiamo agli alleati di saccheggiare la Francia di ogni articolo che valga la pena di rimuovere che avevano in proprietà fino al periodo di Bonaparte?". I francesi erano molto orgogliosi dei trofei delle vittorie di Napoleone e desideravano tenerli. I francesi ritenevano che tenere nelle collezioni di Francia le opere d'arte fosse un gesto di generosità ma anche un tributo alla loro importanza. Come diceva Lord Liverpool ai rappresentanti inglesi a Parigi "La parte ragionevole del mondo sta dalla parte di chi vuole la restaurazione agli originari proprietari. E desiderabile sul punto di politica da perseguire, rimuoverli dalla Francia, poiché ricordano le memorie delle loro conquiste e alimentano la vanità e lo spirito militare della loro nazione".[28] Ancora, il Corriere di Londra scriveva: "Il Duca di Wellington arriva nelle conferenze diplomatiche con una nota a mano in cui si richiede espressamente che tutte le opere vengano restituite ai legittimi proprietari. Ciò ha generato grande attenzione, e i Belgi, che hanno enormi richieste da fare, e sono stati ostinatamente opposti alla permanenza delle opere d'arte in Francia, non hanno aspettato che gli venisse detto che potevano incominciare a riprendersi ciò che vi era di loro. I coraggiosi belgi sono già sulla via per la restituzione dei loro Rubens e dei loro Potter".

Durante il settembre 1814, l'Austria e la Prussia ottenere indietro tutti i loro manoscritti. La Prussia ebbe immediato successo e recuperò tantissime parti di statuaria e varie opere, includendo 10 Carnach e 3 Correggio. Il Duca di Brunswich ottenne 85 dipinti, 174 porcellane di Limoges, 980 vasi in majolica. I Prussiani furono i primi a muoversi, con re Federico Guglielmo delegando von Ribbentropp insieme con Jacobi e de Groote. A Denon, direttore del Louvre, venne ordinato di restituire i tesori prussiani, ma Denon oppose la mancanza di una specifica autorizzazione del governo francese. Von Ribbentropp allora minaccio di mandare soldati prussiani a prelevare le opere e mandare Denon in prigione in Prussia se non avesse lasciato agire Jacobi. In meno di qualche settimana, tutti i tesori prussiani erano fuori dal Louvre e in deposito per la spedizione in Prussia[29]. I prussiani aiutarono anche gli altri stati tedeschi settentrionali a recuperare le loro opere.

Gli olandesi mandarono i loro delegati, ma Denon negò loro accesso. Denon scrisse allora a Metternich: "Se cediamo alle richiese di Olanda e Belgio, neghiamo al museo uno dei piu importanti cespiti. Russia non è ostile, l'Austria ha tutto restituito, la Prussia è soddisfatta. C'è solo l'Inghilterra, che siccome ha appena acquistato i Marmi Elgin dal Partenone, ora pensa di poter rivaleggiare con il bel Museo Universale (il Louvre)."[30]

Il 20 settembre 1814, Austria, Inghilterra e Prussia si accordarono che tutti gli oggetti d'arte dovessero essere restituiti ai loro proprietari. Lo Zar non era parte di questo accordo, e si oppose, avendo acquistato dai discendenti di Napoleone diversi dipinti per l'Hermitage e avendo ricevuto in dono da Giuseppina Bonaparte un cameo vaticano di Tolomeo e Arsinoe.[31]

Per quanto riguarda le città italianie, queste si erano mosse tardi e in modo disorganizzato, a causa della divisione in ducati, regni e repubbliche divise le une dalle altre. Solo sui dipinti, su 506 opere catalogate che presero la via della Francia, infatti, ne fu restituita meno della metà, 249 opere. Il Duca di Brunswick da solo ottenne 85 dipinti e tutti e 980 i suoi vasi di majolica. I rimanenti (per la gran parte dallo Stato Pontificio, ma anche del Ducato di Modena e del Granducato di Toscana) sono rimasti in Francia. Il 24 ottobre 1815, terminate le trattative, fu organizzato un convoglio di 41 carri che, scortato da soldati prussiani, giunse a Milano da dove le opere d'arte furono instradate verso i legittimi proprietari sparsi per la penisola. Le collezioni di camei, disegni e altre opere minori rimasero in Francia e ne vennero perse le tracce.

Degna di nota la vicenda dei cavalli in bronzo di San Marco. Secondo il corrispondente del Corriere di Londra: "Ho appena visto che gli austriaci stanno togliendo i cavalli in bronzo dall'arco. l'intera corte di Tuileries, piazza de carousel sono piene di fanti austriaci e cavalleria armata, e nessuno e autorizzato ad avvicinarsi, le truppe ammontano a diverse migliaia, con folle di francesi in tutte le vie che guardano e danno sforzo alle loro emozioni con grida ed imprecazioni...". Il leone alato della serenissima in bronzo era stato issato su una fontana a Esplanade des Invalides. Quando gli operai cercarono di rimuoverlo, cadde a terra e si ruppe in migliaia di pezzi, con grande delizia della folla di francesi ivi accorsa[32].

A differenza delle confische di opere d'arte in Olanda, Belgio e paesi renani dal 1794 al 1795 da parte dei funzionari del direttorio, Napoleone legalizzo tutte le cessioni di opere d'arte attraverso trattati in Italia. Le restituzioni amareggiarono tutti i francesi, al punto che lo stesso Stendhal, in merito alla spedizione di un gruppo di dipinti verso Milano, scrisse "Gli alleati hanno preso 150 dipinti. Spero di essere autorizzato a osservare che noi li abbiamo presi attraverso il Trattato di Tolentino, gli alleati si prendono i nostri dipinti senza trattato"[33]. In altre parole, le acquisizioni francesi erano legalizzate attraverso trattati, le appropriazioni degli alleati erano mere confische.

Restituzione in epoca successiva

Nel 1994, l’allora direttore generale del Ministero dei Beni Culturali, Francesco Sisinni, riteneva che ci fossero le condizioni culturali per il rientro delle Nozze di Cana del Veronese. Nel 2010, lo storico Ettore Beggiatto, già assessore regionale del Veneto ai lavori pubblici e consigliere regionale per quindici anni, scrisse una lettera all’allora première dame Carla Bruni per sollecitare il ritorno dell’opera medesima. [34]

Diverse personalita pubbliche si sono pronunciate sulle opere oggi in Francia a seguito delle spoliazioni napoleoniche. Alberto Angela dichiara " È pieno di opere sottratte da Napoleone con i fucili spianati; quando giro tra quelle sale e leggo il cartellino 'Campagna d'Italia' avverto un moto di fastidio profondo: vuol dire che è stata razziata"[35].

L'Egitto ha fatto richiesta di restituzione della Stele di Rosetta scoperta ed esportata dall'Egitto al British Museum dopo l'occupazione francese dell'Egitto. Zahi Hawass, autorità suprema per le antichità egiziane, all'indomani della restituzione da parte del Louvre delle pitture staccate dalla tomba Tetiki, sovrano della 18° dinastia sepolto a Luxor che il Louvre aveva acquistato in violazione delle norme internazionali sulla circolazione di opere d'arte, ha affermato: «Non ci fermeremo. Ora vogliamo ottenere anche la restituzione di altri sei altri reperti conservati al Louvre, fra i quali lo Zodiaco di Dendera». Lo Zodiaco di Dendera venne tagliato e spostato in Francia durante la Restaurazione ed è oggi al Louvre.

Rimaste in Francia (elenco parziale)

 
Gruppo del Lacoonte

Opere ritornate (elenco parziale)

Ritornate in Spagna (elenco parziale)

Ritornate in Austria (elenco parziale)

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ Paul Wescher, I furti d'arte. Napoleone e la nascita del Louvre, Einaudi, Torino, 1988
  2. ^ a b c d e Marco Albera, I furti d'arte. Napoleone e la nascita del Louvre, Cristianità n. 261-262, 1997
  3. ^ Mauro Carboni, La spoliazione napoleonica Archiviato il 29 ottobre 2013 in Internet Archive.
  4. ^ B. Cleri, C. Giardini, L'arte conquistata: spoliazioni napoleoniche dalle chiese della legazione di Urbino e Pesaro, Artioli, 2010 ISBN 978-8877920881
  5. ^ Tristan Jordan, Le dossier Edmond de Goncourt dans les Archives de la Préfecture de police de Paris, in Cahiers Edmond et Jules de Goncourt, vol. 1, n. 18, 2011, pp. 155–158, DOI:10.3406/cejdg.2011.1061. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  6. ^ Prévost, Histoire générale des voyages ou Nouvelle collection de toutes les relations de voyages par mer et par terre, qui ont été publiées jusqu'à présent dans les différentes langues de toutes les nations co contenant ce qu'il y a de plus remarquable, de plus utile, & de mieux avéré, dans les pays où les voyageurs ont pénétré, touchant leur situation, leur étendue, leurs limites ... : avec les moeurs et l, Chez E. van Harrevelt & D.J. Changuion,, 1777, ISBN 0665359136. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  7. ^ List of Historical Books recently published, in The English Historical Review, IX, XXXIII, 1894, pp. 194–201, DOI:10.1093/ehr/ix.xxxiii.194. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  8. ^ T. R. Anderson e T. A. Slotkin, Maturation of the adrenal medulla--IV. Effects of morphine, in Biochemical Pharmacology, vol. 24, n. 16, 15 agosto 1975, pp. 1469–1474, DOI:10.7861/clinmedicine.13-1-7. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  9. ^ J. Marniemi e M. G. Parkki, Radiochemical assay of glutathione S-epoxide transferase and its enhancement by phenobarbital in rat liver in vivo, in Biochemical Pharmacology, vol. 24, n. 17, 1º settembre 1975, pp. 1569–1572. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  10. ^ Christoph Überhuber, Die Technik und die Musen, Böhlau Verlag, 31 dicembre 2016, ISBN 9783205202349. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  11. ^ a b Carlo Beltrame e Marco Morin, I Cannoni di Venezia. Artiglierie della Serenissima da fortezze e relitti, All’Insegna del Giglio, 1º gennaio 2014, ISBN 9788878145887. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  12. ^ Raffaello a Firenze, Dipinti e disegni delle collezioni fiorentine, Electa editore, 1984
  13. ^ Dispense sulle spoliazioni di Napoleone Bonaparte a Modena - Museologia a.a. 2011/2012 - LCC-00029: Museologia e Organizzazione del Museo - StuDocu, su StuDocu. URL consultato il 4 febbraio 2019.
  14. ^ www.ilgiornaledellarte.com, https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2018/2/128881.html. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  15. ^ a b Dispense sulle spoliazioni di Napoleone Bonaparte a Modena - Museologia a.a. 2011/2012 - LCC-00029: Museologia e Organizzazione del Museo - StuDocu, su StuDocu. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  16. ^ a b Dispense sulle spoliazioni di Napoleone Bonaparte a Modena - Museologia a.a. 2011/2012 - LCC-00029: Museologia e Organizzazione del Museo - StuDocu, su StuDocu. URL consultato il 3 febbraio 2019.
  17. ^ a b Dispense sulle spoliazioni di Napoleone Bonaparte a Modena - Museologia a.a. 2011/2012 - LCC-00029: Museologia e Organizzazione del Museo - StuDocu, su StuDocu. URL consultato il 3 febbraio 2019.
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Bibliografia

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Voci correlate

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