Anticattolicesimo

sentimento di odio o avversione verso i cattolici o il cattolicesimo

Si definisce antipapismo l’opposizione ideologica, la critica accesa e l’ostilità verso le posizioni del papa della Chiesa cattolica e, per estensione, verso quelle della gerarchia ecclesiastica (in quanto identificantesi integralmente con quelle del papa).

A tale termine si è affiancato più recentemente, nel secondo dopoguerra, il suo quasi sinonimo anticattolicesimo (più in uso nei Paesi di orientamento religioso cattolico, e preferito ad antipapismo nei dibattiti, soprattutto da parte religiosa); nei suoi aspetti più deteriori l’anticattolicesimo (quando non si tratta di casi più generali di anticristianesimo o di xenofobia) può arrivare fino alle persecuzioni o alle aggressioni nei confronti di esponenti del clero o di laici che professino la religione cristiana o, nel caso di specie, quella cattolica.

Motivazioni

L’antipapismo può avere diverse motivazioni. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, si riportano le più frequenti:

ideologiche

Affini all’anticlericalismo, talora anche da parte di determinate frange di cattolici che dissentano dalle posizioni dottrinali o sociali del papa; ma anche anarchia, in quanto rifiuto dell’autorità sia civile che religiosa e di qualsivoglia potere, spirituale o temporale.

socio-politico-economiche

In forma di rivendicazione da parte di gruppi secolari della non ingerenza delle gerarchie cattoliche nella vita civile di un Paese, oppure nella contestazione di politiche fiscali tendenti a trasferire fondi dall’Erario alla Chiesa cattolica, come, nel caso italiano, l’istituto dell’Otto per mille oppure l’esenzione dal pagamento dell’ICI garantita anche a edifici religiosi non espressamente destinati al culto ma ad attività economiche.

filosofiche

Come nel caso della professione d’ateismo che si accompagna anche al momento proattivo della contestazione della legittimità della figura del capo di una religione e della sua autorità, giudicata basata sul nulla

etniche

Nella misura in cui l’appartenenza religiosa si configuri anche come, in tutto o in massima parte, appartenenza a un distinto e determinato gruppo etnico, nazionale o linguistico considerato rivale o nemico.

nazionalistiche

Quando, stante la natura di capo di Stato del papa, l’osservanza ai precetti papali da parte dei fedeli venga vista come attività in contrasto con i loro doveri nazionali di cittadini, considerati preminenti dal loro Stato

religiose

In tale caso si parla parla più propriamente di anticattolicesimo. Generalmente è caratterizzato da ostilità o forme di discriminazione praticate da adepti o da figure istituzionali appartenenti ad altra confessione cristiana (nel caso più generale in cui gli autori delle discriminazioni siano appartenenti a confessioni diverse da quella cristiana, si parla più genericamente di anticristianesimo, salvo che i soggetti delle discriminazioni non siano espressamente e specificatamente seguaci della religione cattolica). Le suddette tali manifestazioni sono, comunque, molto spesso riconducibili a forme di integralismo o fondamentalismo religioso, che rifiuta quindi una qualsiasi religione diversa dalla propria oppure una in particolare

Origini del fenomeno

Riforma protestante e anglicana

 
L’Anticristo di Lucas Cranach il vecchio, 1521, raffigura il papa come l’Anticristo

Le origini del fenomeno antipapista possono essere fatte risalire al XVI secolo, durante il papato di Leone X, i costumi della cui corte furono una delle concause della nascita della Riforma: il monaco agostiniano tedesco Martin Lutero , autore di pesanti critiche contro la corruzione morale ed economica della Chiesa di Roma (e a seguito delle quali ricevette la bolla di scomunica dallo stesso Leone X), descrisse il papa come l’Anticristo e la stessa Chiesa cattolica come la Prostituta di Babilonia vaticinata nel Libro dell’Apocalisse[1].

Tali dichiarazioni di Lutero vennero trasferite nella liturgia di alcune confessioni riformate, tanto da divenire una professione di fede. Riporta infatti la professione di fede di Westminster, recitata dai fedeli anglicani, che il capo della Chiesa è Gesù Cristo, e che il papa non può quindi esserlo, in quanto peccatore e figlio della perdizione. La confessione di fede battista di Londra del 1689 (calvinista) recita nei suoi punti essenziali che, ribadito il ruolo di Gesù Cristo come capo della Chiesa, il papa è escluso dal ruolo di guida in quanto espressamente definito “Anticristo”.

In Inghilterra, invece, il fenomeno antipapista ebbe origine con lo scisma anglicano di Enrico VIII (1534): già prima di lui diversi sovrani inglesi si erano opposti al sistema di tassazione del clero operato da Roma, ed Enrico VIII colse l’occasione del diniego del papa Clemente VII di concedergli il divorzio dalla moglie Caterina d'Aragona per fare approvare dal parlamento alcune norme che svincolavano il clero inglese dall’autorità papale per porla in capo alla Corona. Nel 1534, poi, fu approvato l’Atto di Supremazia (Act of Supremacy) con il quale la Corona inglese veniva dichiarata la massima autorità religiosa d’Inghilterra, e di conseguenza ogni qualsiasi atto di fedeltà o sottomissione al papa sarebbe stato considerato tradimento (cosa questa che portò all'esecuzione di Tommaso Moro).

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scisma anglicano.

Tale Atto, soppresso nel 1554 da Maria Tudor (figlia di Enrico VIII e di Caterina d’Aragona), fervente cattolica e ribattezzata Maria la Sanguinaria (Bloody Mary) per via delle feroci persecuzioni operate nei confronti dei protestanti a seguito dei suoi tentativi per ripristinare il cattolicesimo in Inghilterra, fu reintrodotto da Elisabetta I (figlia dello stesso Enrico VIII e di Anna Bolena) nel 1559, dopo la deposizione di sua cugina, la scozzese Maria Stuarda, anch’essa cattolica e regina per un breve tempo. La condanna a morte per cospirazione decretata da Elisabetta nei confronti di Maria Stuarda (al centro di un complotto per uccidere la regina, da lei definita la bastarda in quanto figlia del matrimonio considerato illegittimo con Anna Bolena) pose definitivamente fine a qualsiasi tentativo di reintrodurre il cattolicesimo come religione di Stato in Inghilterra.

Durante il regno di Elisabetta I, le persecuzioni operate in precedenza da sua sorella Maria la Sanguinaria nei confronti dei protestanti furono sfruttate in chiave propagandistica contro i papisti (così venivano definiti i cattolici in Inghilterra) nel Libro dei Martiri di John Foxe (Foxe’s Book of Martyrs). Nel 1571 il sinodo dei vescovi anglicani stabilì che il Libro dovesse venire esposto per pubblica lettura in tutte le cattedrali e in tutte le abitazioni del clero, e in molte chiese parrocchiali esso venne esposto di fianco alla Bibbia. Tale libro divenne popolarissimo soprattutto tra i Puritani inglesi e lo rimase fino al XIX secolo, anche se la trattazione invero partigiana alimentò in senso negativo i pregiudizi verso il cattolicesimo al di là della critica alle numerose persecuzioni da quest’ultimo messe in atto (direttamente dal papato oppure da sovrani cattolici), in Inghilterra e nel resto d’Europa.

A peggiorare ulteriormente il clima di ostilità ormai palese tra cattolici da una parte, e anglicani e protestanti dall'altra, vi fu il tentativo di Pio V di delegittimare Elisabetta con una bolla (Regnans in Excelsis, 1571) che definiva la regina eretica e tramite la quale si intendeva sciogliere i cattolici inglesi dal vincolo d'obbedienza alla loro sovrana. Come risultato, tale bolla ebbe solo quello di aumentare la diffidenza di Elisabetta verso i cattolici, considerati politicamente inaffidabili quando non sospetti di infedeltà verso la Corona.

Ulteriore motivo di astio verso i cattolici e il papato fu il tentativo di Filippo II di Spagna di dare attuazione pratica alla bolla di Pio V, invadendo l’Inghilterra per sedersi sul trono di Londra, su cui il re di Spagna rivendicava diritti in quanto vedovo di Maria Tudor. Nel 1588 la flotta spagnola, l’Invincibile Armata, mosse verso le Isole Britanniche ma fu sconfitta e decimata nel Canale della Manica dalle navi anglo - olandesi (altra popolazione che si era ribellata al cattolicesimo e all’occupazione spagnola durata quasi un secolo) comandate dall’ammiraglio Francis Drake.

Tale clima ostile generò anche da parte anglicana persecuzioni nei confronti dei cattolici: missionari gesuiti vennero giustiziati a Tyburn, poco fuori Londra. La Chiesa cattolica li canonizzò come martiri e poco lontano dal luogo della loro esecuzione oggi sorge un convento.

 
Guy Fawkes, che ordì la Congiura delle Polveri

Tra gli altri episodi che acuirono tra gli anglicani e i protestanti inglesi il sentimento antipapista e, più in generale, anticattolico, vi fu la fallita cospirazione del cattolico Guy Fawkes nota come Congiura delle Polveri (Gunpowder Plot): questi, di concerto con altri correligionari, organizzò un attentato dinamitardo contro il re Giacomo I e il Parlamento riunito nella Camera dei Lord nella sessione d’apertura del 1605: il complotto fu scoperto in tempo per impedire che le polveri esplodessero; ugualmente influente sull’immaginario collettivo fu il Grande incendio di Londra del 1666, che qualcuno attribuì ai cattolici (sebbene non vi sia alcuna evidenza al riguardo) in base al fatto che una mano ignota aveva inciso sul monumento commemorativo di tale incendio una dichiarazione, che ascriveva la paternità del disastro a un non meglio “fanatico papista”. A inasprire il clima da parte anglicana, infine, vi fu l’invenzione di un complotto papista da parte di Titus Oath, che denunciò a un magistrato anglicano un piano ordito da alcuni cattolici per uccidere il re e sostituirlo con un papista che avrebbe reintrodotto l’obbedienza a Roma nel regno. Tale montatura portò alla condanna a morte di almeno 15 persone con l’accusa di tradimento, prima che venisse scoperta e Oath venisse imprigionato.

Le ragioni alla base del fiero sentimento anticattolico che permeava il Regno Unito di quell'epoca sono riassunte da William Blackstone nei suoi Commentari sulle leggi inglesi (Commentaries on the Laws of England):

«Riguardo ai papisti, al fine di assicurare la generale tolleranza nei loro confronti basterebbe fare lo stesso discorso fatto per i protestanti dissidenti, ammesso che la distinzione che i cattolici rivendicano riguardi solo la sfera religiosa e non implichi il sovvertimento delle leggi civili. Se solo rinunciassero al primato papale, essi potrebbero tranquillamente amministrare i propri sette sacramenti, godersi il loro purgatorio, il loro confessionale, l’adorazione delle loro reliquie e pure la loro transustanziazione. Ma nel momento in cui riconoscono un’autorità straniera, cui attribuiscono un potere superiore a quello del loro stesso re, essi non possono lamentarsi se le leggi del loro regno li trattano alla stregua di pessimi soggetti»

Il nocciolo dell’accusa, quindi, è che i cattolici costituivano un Imperium in imperio, una quinta colonna che riservavano maggior obbedienza al papa che non alle leggi del proprio Stato. A seguito di ciò, un corpus di leggi penali fu emanato per limitare i diritti civili e politici dei cattolici che non riconoscessero l’autorità del re sopra ogni altra. Con la loro emancipazione nel 1829 tali leggi furono in seguito abrogate.

Nonostante la fine di tali limitazioni legali, tuttavia, rimase un diffuso pregiudizio verso i cattolici per tutto l’Ottocento, acuito dall’esodo in Inghilterra degli irlandesi che cercavano di sfuggire alla Grande carestia di metà secolo. A tutt’oggi i membri della famiglia reale britannica perdono qualsiasi prerogativa di successione al trono qualora si convertissero al cattolicesimo, oppure si unissero in matrimonio a una persona di religione cattolica, come previsto dall’Act of Settlement, 1701 (Legge di Successione del 1701[2]).



Note

Voci correlate

  Portale Cattolicesimo: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cattolicesimo