Le locomotive del gruppo D.342 sono state progettate, nell'ambito dello sforzo di modernizzazione che le Ferrovie dello Stato intrapresero nel secondo dopoguerra, allo scopo di sperimentare la trasmissione idraulica anche in Italia e comprendeva 20 locomotive divise in tre sottogruppi: 2000, 3000 e 4000, dove la cifra delle migliaia come in uso per le motrici diesel indica il costruttore: 1 per Fiat, 2 per Breda, 3 per OM, 4 per Ansaldo.[1]

Locomotiva FS D.342.2001
Locomotiva Diesel
La D.342.2001 nel DL di Bologna
Anni di progettazione 1956
Anni di costruzione 1957
Anni di esercizio 1957- ?
Quantità prodotta 1
Costruttore Breda
Rodiggio B'B'
Diametro ruote motrici 1040 mm
Potenza oraria 625 kW
Velocità massima omologata 110 km/h
Alimentazione Diesel
Locomotiva FS D.342.3000
Locomotiva Diesel
Anni di progettazione 1955-1956
Anni di costruzione 1960
Anni di esercizio 1960- 1977
Quantità prodotta 2
Costruttore OM
Dimensioni 15.200 x 3.050 x 4.170 mm
Interperno 8.000 mm
Passo dei carrelli 3.000 mm
Massa in servizio 65,5 t
Massa aderente 65,5 t
Rodiggio B'B'
Diametro ruote motrici 1040 mm
Potenza oraria 2 x 625 kW (342.3001)
2 x 660 kW (342.3002)
Sforzo trazione massimo 193 kN
Velocità massima omologata 110 km/h
Alimentazione Diesel
Locomotiva FS D.342.4000
Locomotiva Diesel
Locomotiva D.342 numero 4010 a Siena
Anni di progettazione 1956
Anni di costruzione 1957 - 1959
Anni di esercizio 1957 - 1990
Quantità prodotta 17
Costruttore Ansaldo
Rodiggio B'B'
Diametro ruote motrici 1040 mm
Potenza oraria 590 kW/735 kW (3a serie)
Velocità massima omologata 110 km/h
Alimentazione Diesel

Storia

Le locomotive furono progettate a metà degli anni cinquanta in collaborazione con l'industria ferroviaria (prima era l'Ufficio Studi Materiale e Trazione di Firenze a curare i progetti) nell’ambito di un programma di progressiva riduzione della trazione a vapore per i treni composti da materiale ordinario, e la relativa sostituzione con motrici Diesel, prendendo in considerazione due possibili alternative in concorrenza tra loro: la trasmissione idromeccanica, più leggera ma a rendimento più basso e con problemi di raffreddamento del fluido presente nel convertitore idraulico, e la trasmissione elettrica, più pesante, ma con rendimento più alto e con la possibilità di sfruttare valori di potenza elevati per tempi più lunghi. Venne deciso di valutare sul campo le alternative, e si procedette alla progettazione di vari prototipi: la D.442.4001, prototipo Ansaldo diesel-idraulico di grande potenza ordinato nel 1956 ed entrato in servizio nel 1958, le D.341 (Diesel-elettriche) e le D.342 (Diesel-idrauliche) delle quali ne vennero commissionate alcune unità a industrie diverse allo scopo di valutarne le prestazioni. Nel 1957 furono ordinati 5 prototipi:[1]

  • D.342 401-402 Ansaldo, consegnate nel 1958, e rinumerate poi D.342 4001-4002;
  • D.342.3001-3002 OM consegnate nel 1961-62;
  • D.342.2001 Breda consegnata nel 1962.

Le Ansaldo furono le uniche macchine per le quali ai prototipi seguì una produzione di serie, con la costruzione di altre 15 unità.[1]

Caratteristiche

Tutte le locomotive della serie D.342 avevano cabine di guida alle due estremità quindi perfettamente bidirezionali e la cassa divisa in tre ambienti con un grande comparto centrale per il gruppo motore, i compressori e i dispositivi di raffreddamento.

Le macchine di Breda e Ansaldo erano esteticamente piuttosto simili: la più evidente differenza era il frontale, verticale per la prima e inclinato per le Ansaldo, che presentavano al centro del frontale un fregio di dimensioni e foggia molto più appariscenti dello stemma presente sul frontale delle Breda; in origine sui due prototipi il fregio Ansaldo era di forma diversa.[1] La similitudine era accentuata dal fatto che vestivano la stessa livrea: colore dominante l’isabella, fascia di metallo a metà fiancata, che proseguiva sul frontale raddoppiandosi ed interrompendosi per lo spazio della porta anteriore, fascia rossa che proseguiva dal pancone lungo le fiancate, colore castano usato sotto la fascia rossa, come cornice dei finestrini di cabina e sull’imperiale.

Anche carrelli della Breda e delle Ansaldo erano simili, ed erano entrambi imperniati con una leggera asimmetria. La Breda aveva con passo di 3200 mm: 1650 mm dall’asse esterno al perno, 1550 dal perno all’asse interno. Le prime due Ansaldo avavano carrelli a passo più lungo (3610 mm) ed anch’essi asimmetrici.[1] Quando venne deciso di produrre altre macchine Ansaldo, queste ebbero carrelli a passo accorciato, identici alla Breda. Le carenature dei due prototipi Ansaldo erano inizialmente molto avvolgenti, lasciando a vista solo una porzione centrale del carrello e vennero poi ridotte per alleggerire le macchine e soprattutto per poter accedere comodamente per le verifiche e la manutenzione delle boccole degli assi.[1]

Le OM avevano un aspetto completamente differente. I loro carrelli avevano passo di 3300 mm,[1] ed erano di un tipo del tutto diverso da quelli di Breda e Ansaldo, simile a quello delle D.341 e anche la livrea era differente.

Le Ansaldo e le Breda potevano raggiungere i 120 km/h, anche se la velocità massima omologata fu di 110 km/h, che era anche la massima effettiva per le OM, con prestazioni adeguate a sostituire le vecchie locomotive a vapore per il traino di treni merci e passeggeri sulle linee non elettrificate.

La macchine di tutte le serie erano a comando multiplo, ed avevano in origine una porta intercomunicante al centro del frontale, che venne poi rimossa ad eccezione della 2001, sulla quale era ancora presente nel 1977. Sulle serie 2 e 4 venne aggiunto un terzo faro frontale, mentre sulla serie 3 quello che sembrava il terzo faro sopra il finestrino centrale era in realtà una presa d’aria.[1]

Sia le OM che le prime due Ansaldo avevano a bordo, nei primissimi anni, una caldaia per il riscaldamento a vapore delle carrozze.[1]

Locomotiva FS D.342.2001

  Lo stesso argomento in dettaglio: Locomotiva FS D.342.2001.

La costruzione di una unità classificata 342.2001 venne commissionata alla Breda. La motorizzazione si avvaleva di due motori uguali del tipo Breda D26 S12 V, a iniezione indiretta, a 12 cilindri a "V" di alesaggio 180 mm e corsa 190 mm in grado di sviluppare la potenza complessiva di 850 CV a 1.500 giri/min, mentre la trasmissione era costituita da un cambio idromeccanico Mekydro tipo K 104U a 4 velocità con moltiplicatore, lo stesso del prototipo D.442 realizzato dall'Ansaldo. I carrelli e la meccanica relativa erano Breda.[2]

Locomotiva FS D.342.3000

  Lo stesso argomento in dettaglio: Locomotiva FS D.342.3000.

Le locomotive D.342.3000 sono state una sottoserie di due locomotive la cui costruzione di due unità venne commissionata alla OM[3]

Furono costruite nel 1957, con motorizzazione differente ma con uguale trasmissione idraulica OM – SRM DS 1.2/1.3, costruito in Italia su licenza Svenka Rotor Maskiner.[2] I carrelli a due assi erano in acciaio con sospensione sia primaria che secondaria a molle elicoidali; tutte le molle della sospensione secondaria erano del tipo Eligo SAGA-Pirelli con elementi ricoperti in gomma. I carrelli e la meccanica relativa erano OM.[2] Le macchine erano previste per l'accoppiamento in comando multiplo, tuttavia mai utilizzato, e dotate di caldaia a gasolio per il riscaldamento delle carrozze viaggiatori.

I motori installati erano di due tipi:

  • Fiat-Grandi Motori: la motorizzazione della D.342.3002 era costituita da 2 motori del tipo Mercedes-Benz 820 Bb, a precamera, a 12 cilindri a "V" di alesaggio 175 mm e corsa 205 mm in grado di sviluppare ciascuno la potenza di 900 CV a 1.500 giri al minuto.
  • OM: la motorizzazione della D.342.3001 era costituita da due motori OM/Saurer, tipo SEVL ad iniezione diretta a 12 cilindri a "V" e potenza di 859 CV ciascuno a 1.500 giri al minuto.

La trasmissione, uguale per ambedue, era costituita da un gruppo indipendente per carrello composto di un cambio idromeccanico OM – SRM DS 1.2/1.3 accoppiato ad un moltiplicatore di giri, un collegamento con giunto cardanico, un invertitore di marcia differenziale per applicare correttamente la coppia agli assi e il ponte riduttore ad ingranaggi. Proprio il cambio fu il tallone di Achille della macchina, e convinse le FS a non proseguire nella produzione di questa sottoserie.[1]

Locomotiva FS D.342.4000

  Lo stesso argomento in dettaglio: Locomotiva FS D.342.4000.

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j Le diesel idrauliche FS dei primi anni ’60: le D.342
  2. ^ a b c Ferrovie dello Stato, Servizio Mat.Trazione Automotrici termiche allegato Tav III
  3. ^ Beppe Tronconi,l'esperimento delle locomotive D.342.3 iTreni oggi 36/1984 p.12

Bibliografia

  • Servizio Materiale e Trazione FS, Automotrici termiche, Firenze, Ferrovie dello Stato, 1971.
  • Beppe Tronconi, L'esperimento delle locomotive D.243.3, in I treni oggi, anno 5º, n. 36, febbraio 1994, pp. 12-21, ISSN 0392-4602 (WC · ACNP).
  • Angelo Nascimbene, D 342. Le belle OM, in Tutto treno, anno 25º, n. 269, dicembre 2012, pp. 20-29, ISSN 1124-4232 (WC · ACNP).

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