Pearà
La pearà, termine del dialetto veronese, è una salsa povera o, più propriamente, una salsa semplice. Questa salsa è tradizionalmente accompagnata al bollito misto. La diffusione di questa salsa, tipico accompagnamento del lesso delle domeniche o del Natale, è limitata a quasi esclusivamente a Verona e alla sua provincia. Non è da confondere con la peverada, salsa a base di fegatini di pollo, con cui ha in comune solo l'utilizzo del pepe.
Pearà | |
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Origini | |
Luogo d'origine | ![]() |
Regione | Veneto |
Zona di produzione | Verona |
Dettagli | |
Categoria | salsa |
Storia
Le origini di questo piatto povero e contadino sono ignote; la leggenda narra che fu il cuoco di corte di Alboino, re dei Longobardi, a inventarla perché aveva bisogno di un cibo in grado di ridare forza a Rosmunda, la quale, divenuta forzatamente moglie del re, si stava lasciando morire di fame dopo essere stata costretta a bere dal cranio, trasformato in coppa, del padre Cunimondo re dei Gepidi ucciso in battaglia dallo stesso Alboino.[1]
Oggigiorno, comunque, l'esecuzione di questo piatto cambia da paese a paese, addirittura si diversifica nei vari nuclei familiari, portando alla creazione di numerose varianti.
Nella tradizione non si tostava il pane, non si usava mai il burro, non si faceva il brodo con il pollo, non si mescolavano mai altre salse alla pearà.[2]
Ci sono divergenze sull'utilizzo o no del formaggio: molte persone sostengono erroneamente che la pearà sia un piatto essenzialmente povero - fatto solo con "avanzi" di altre pietanze, quali appunto i pezzi di pane raffermo e il midollo di ossa di bue - per cui, nel "rispetto della sua povertà" non vi si dovrebbe aggiungere formaggio grana; ma il fatto che sia un piatto povero è in contraddizione con il fatto che si accompagna solo ed esclusivamente al lesso (piatto della domenica delle famiglie benestanti) e che ha come ingrediente qualificante il pepe che, spezia orientale, non era certamente - alle origini della diffusione - un ingrediente per i poveri. Dalle divergenze di opinione si deduce che, nella tradizione veronese, è un piatto che aveva - ed ha - una versione ricca (con formaggio grana e pepe anche abbondanti) e una versione povera (senza grana e con poco pepe) per cui agli avanzi succitati, quali appunto il pane raffermo e il midollo di ossa di bue, potevano nelle famiglie più agiate essere aggiunti burro e formaggio in quantità variabili[2], a tutto ciò si può aggiungere un ulteriore argomentazione sulla "non essenza povera" e quindi sulla esistenza di una versione ricca: anche il pane nel veneto non era un cibo esattamente per i poveri in quanto l'alimento di base per eccellenza era la polenta (si veda a tale proposito la questione dell'alimentazione con sola polenta e la piaga della pellagra in Veneto e altrove) e quindi la disponibilità di pane anche raffermo era anch'essa legata ad uno stato di benessere maggiore della media.
Il fatto che la quasi totalità delle ricette diffuse sulla rete non contengano il formaggio grana è il semplice riscontro della disuguaglianza economica della popolazione nelle epoche passate quando la gran parte delle famiglie avevano una disponibilità molto limitata e della estrema e radicata tradizione di tale piatto che differisce addirittura e come è giusto da famiglia a famiglia!
Nella estrema variabilità della ricetta esistono molti locali e molte famiglie dove la pearà viene servita addirittura senza il pepe perché non apprezzato il piccante.
Nome prodotti | Quantità prodotti |
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Pane raffermo da grattugiare | 400/500 grammi |
Midollo di bovino | 100 grammi |
Brodo di carne o di manzo e/o gallina | 1 litro |
Pepe nero | 2/3 cucchiaini |
Parmigiano Reggiano o Grana Padano | un paio di cucchiai |
Olio d'oliva | 100 grammi (un terzo di bicchiere circa) |
Sale | quanto basta |
Note
- ^ Il Torcolo - Pearà
- ^ a b tencas.com, http://www.tencas.com/blog/articolo.asp?articolo=180 .
Altri progetti
- Il Libro di cucina di Wikibooks contiene ricette relative a questo argomento
Collegamenti esterni
- Peara.it - sito Ufficiale della Pearà di Verona