Archivistica informatica

branca dell'archivistica

Per archivistica informatica si intende quella scienza legata alla gestione di un archivio che combina i principi della scienza archivistica con i nuovi strumenti digitali che hanno comportato, tra gli anni '80 e gli anni '90, alla rivoluzione digitale. L'archivistica informatica, come l'archivistica, ha per oggetto il documento che, in questo caso, è definito come «la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti»[1].

Storia

Bearman

Il primo ad applicare il termine informatica in relazione al campo dell'archivistica fu David Bearman che lo usò, nel 1987, nell'articolo Archives & Museum informatics della rivista «Archival Informatics Newsletter». Bearman indicò che egli prese in prestito il termino dal campo della biomedicina dove

(inglese)
«Tthe importance of information technologies (like computers), information techniques (like full-text retrieval or digitizing radiographic images) and information theories, especially those of linguistic analysis, artificial intelligence, indexing and retrieval, are coming together in new ways of practicing medicine»
(italiano)
«L'importanza delle informazioni tecnologiche (come i computers), le informazioni tecniche (come il recupero completo del testo o la digitalizzazione di immagini radiografiche) e le informazioni teoriche, specialmente queste dell'analisi linguistica, dell'intelligenza artificiale, dell'indicizzazione e del recupero, si stanno unendo in nuovi modi per praticare la medicina»


Il lavoro di Bearman, in sostanza, era una delle varie genesi con cui la metodologia archivistica analogica stava cercando di avvicinarsi allo sviluppo della tecnologica informatica (ITC), elemento sempre più preponderante nella vita delle amministrazioni pubbliche, così come nella comunicazione a livello mondiale attraverso la fondazione di Internet.

«Archivi&Computer» e le reazioni degli archivisti italiani negli anni '90

La questione della relazione tra informatica e archivi giunse sul panorama italiano grazie alla pubblicazione della rivista «Archivi & computer» a partire dal 1991, anche se gli archivisti italiani avevano cominciato a discutere della relazione tra questi due mondi nel Convegno «Informatica e Archivi», tenutosi a Torino nel 1985[2]. Inizialmente, tale connubio informatica-archivi suscitò dei dubbi nel mondo archivistico. Per esempio, Mirella Mombelli Castracane si dimostrava dubbiosa sull'applicazione dell'informatica nella gestione dei fondi in quanto c'era il rischio di «porre in discussione uno dei cardini della dottrina archivistica, vale a dire proprio il concetto di archivio» in quanto può «modifica[re]...la struttura archivistica d'origine»[2], rompendo così il vincolo e le basi del metodo storico. Il problema, dunque, consisterebbe nella fase dell'archivio corrente, e non tanto per quanto riguarda invece quello storico[3].

In realtà, tale problematica non sussiste, in quanto nella fase corrente (specialmente nella fase di protocollazione e di classificazione) l'archivio digitale mantiene sempre un vincolo tra i documenti prodotti o ricevuti. Inoltre, si cominciò a porsi delle domande relative alla funzione che gli strumenti informatici potevano avere non soltanto per le amministrazioni pubbliche, ma anche per la conservazione a lungo periodo di molti documenti antichi e preziosi tramite l'attività della digitalizzazione.

La gestione dell'archivio informatico in Italia

La legislazione italiana

Premesse

L'archivistica informatica, essendo estremamente recente come scienza legata all'archivistica analogica, è sempre suscettibile di modifiche in base all'evoluzione del mondo informatico per quanto riguarda il tipo di software e i formati dei file utilizzati. Pertanto, anche la legislazione al riguardo è molto più dinamica rispetto a quella della sua controparte analogica, proprio per la velocità con cui la tecnologia informatica si sviluppa.

Linee legislative dagli anni '90 agli anni 2010

Dalla legge 241/1990 al CAD
  Lo stesso argomento in dettaglio: Codice dell'amministrazione digitale.

La legislazione italiana sulla procedura informatica degli enti pubblici e statali, che dipende direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, recepì la necessità dell'utilizzo dell'informatica nei flussi documentari durante l'attività degli enti produttori statali già con la Legge 241/1990, intitolata Norme per il procedimento amministrativo", tra cui vi sono disposizioni relative alla firma digitale, come l'art. 15, comma 2-bis[4], aggiunto in seguito all'emanazione del Codice dell'amministrazione digitale (il CAD) tramite il D. lgs. 82/2005.

Il CAD, nato dall'esigenza di dare una base legislativa alla procedura di produzione e conservazione della documentazione informatica da parte delle pubbliche amministrazion nell'ottica dell'E governement[5] e di avvicinare così i fruitori ai servizi emanati dallo Stato[6], è il frutto di un percorso normativo che si è confrontato con l’introduzione delle nuove tecnologie per la produzione documentale ed è inevitabilmente legato alla normativa che ha sulla produzione, sull’ordinamento e sulla conservazione dei documenti[N 1]. Il percorso per la legiferazione del CAD consiste nel seguente iter legislativo:

  • L. 241/1990 già ricordata in precedenza
  • Il DPR 445/2000, concernente le “Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa”, in cui si stabilische che in un ente vi deve esserci un archivista professionista che gestisca i flussi di gestione documentale.
  • Il D.Lgs. 196/2003: “Codice in materia di protezione dei dati personali”, aggiornato col Regolamento UE 679/2016.

Infine bisogna ricordare che il CAD, composto da 92 articoli ripartiti in 10 sezioni per argomento, non è l'unico corpus legislativo in materia del funzionamento della pubblica amministrazione in Italia.

Il Documento elettronico

Il documento elettronico, inteso come ««la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti»[7], è l'oggetto di studio da parte dell'archivistica informatica e, secondo quanto normato dall'articolo 23 bis del CAD, tale documento ha lo stesso valore giuridico-probatorio del rispettivo documento analogico[5]. Perché tale documento sia considerato valido dal punto di vista legale sono necessari alcuni elementi fondamentali stabiliti dalla legge:

  • Dev'essere sottoscritto con firma digitale.
  • Dev'essere dotato di segnatura di protocollo di cui all’articolo 55 del DPR 445/2000.
  • Deve dichiarare la provenienza, secondo quanto previsto dalla normativa vigente o dalle regole tecniche di cui all’articolo 71 del CAD.
  • Dev'essere trasmesso attraverso sistemi di posta elettronica certificata (PEC) di cui al DPR 11 febbraio 2005, n. 68.

Note

  1. ^ CAD, Art. 1, comma 1, lettera p
  2. ^ a b Mombelli Castracane, p. 297
  3. ^ Mombelli Castracane, p. 298
  4. ^ Legge 241/1990
  5. ^ a b Carucci-Guercio, p. 255: «E government: processo di informatizzazione e di razionalizzazione dei servizi pubblici finalizzato ad assicurare il miglioramento dell'azione della pubblica amministrazione».
  6. ^ Carucci-Guercio, p. 253
  7. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :1

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni


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