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Tideo
Tideo in un disegno di Johann Adam Schweikart
riproducente un Cammeo etrusco
SagaCiclo Tebano
Nome orig.Τυδεύς
Caratteristiche immaginarie
Epiteto"Ardente"
SessoMaschio
Luogo di nascitaCalidone
ProfessionePrincipe di Calidone e di Argo

Tideo (in greco antico: Τυδεύς?, Tūdeus) è un personaggio della mitologia greca. Fu un principe di Calidone e di Argo e fu uno dei sette contro Tebe[1].

Genealogia

Figlio di Oineo[1][2][3] e di Peribea[2][3] o di Gorga[2], sposò Deipile[1][4] e fu padre di Diomede[2][5].

Mitologia

Fu costretto a lasciare Calidone dopo aver ucciso un parente (sulla cui identità le fonti non concordano[1][2]) e per purificarsi si recò ad Argo dove fu accolto da re Adrasto[4].

Esilio e l'incontro con Polinice

 
Tideo, con la testa di un cinghiale, Ippomedone (con l'elmo) e Partenopeo (si vede solo l'arco)

Nello stesso periodo, anche un altro principe (Polinice, a sua volta bandito da Tebe), fu ospite del re ed i due una notte si affrontarono per causa di un diverbio[4].

Adrasto li divise e notando che entrambi avevano sullo scudo[2] (oppure indossavano[5]) una pelle di animale, si ricordò di una profezia sul suo futuro e così, per rispettarla, decise di dare in moglie a ciascuno dei due una delle proprie figlie e di aiutarli a fare ritorno nelle rispettive città[4]. Così a Tideo (che aveva la pelle di un cinghiale), spettò Deifile[5][4] e con il matrimonio acquisì il titolo di principe di Argo.

Negli anni successivi e prima della guerra, ebbe il figlio Diomede (che nell'Iliade spesso è citato come Tidìde[6]) e partecipò ai Giochi nemei tenutisi dopo la morte di Archemoro vincendo il torneo di pugilato[4].

I sette contro Tebe

 
I Sette contro Tebe

Da Adrasto ricevette l'incarico di recarsi a Tebe per incontrare Eteocle (fratello e nemico di Polinice) e reclamare il regno, ma subì un'imboscata di cinquanta uomini e per difendersi dovette combatterli ed ucciderli. Si salvò solo Maeone, che riuscì (o fu lasciato[7]) fuggire.
Così ad Adrasto (che dopo aver concesso le mani delle figlie aveva dato la sua parola), non rimase altro che organizzare un esercito ed attaccare Tebe[4].

Durante l'attacco Tideo prese d'assalto una delle sette porte di Tebe (la Crenidiana[4]) ed uccise[4] (o solo ferì e l'uccisore fu Anfiarao[8] oppure Capaneo[9]) in un duello il nemico Melanippo, che era stato posto a guardia della stessa porta[10] e che in ogni versione riuscì a ferire a morte Tideo[4][11] prima di essere decapitato.

Mentre giaceva in fin di vita, Tideo fu raggiunto da Atena intenzionata a salvarlo tramite una medicina avuta da Zeus e che lo avrebbe reso immortale, ma Anfiarao (che in precedenza aveva avuto il compito di riunire l'esercito ed era stato ostacolato da Tideo), vide la dea e decidendo di vendicarsi con Tideo tagliò la testa del già morto Melanippo e la porse a Tideo. Questi l'aprì e ne mangiò il cervello sotto gli occhi della dea che, disgustata, trattenne per sé la medicina e lo lasciò morire[4].

Varianti sull'imboscata voluta da Eteocle

Nel libro IV dell'Iliade Agamennone racconta a Diomede le azioni di suo padre Tideo dicendo che quando Tideo entrò a Tebe con l'ambasciata degli Argivi, sfidò e sconfisse tutti i comandanti tebani in combattimenti singoli. Eteocle mandò poi Polifonte e Maeone con cinquanta uomini per tendergli un'imboscata mentre tornava al suo esercito[12].

Varianti sulla testa di Melanippo

Secondo gli scholia a Iliade, V, 126, che riprendono l'opinione di Ferecide di Atene, il gesto di Anfiarao non avrebbe avuto alcun secondo fine[13].
Nella Tebaide non figura Anfiarao, ma è Tideo stesso a chiedere a Capaneo di poter avere la testa di Melanippo.[14].

Tideo ed Ismene

 
Tideo e Ismene, anfora corinzia a figure-nere, ca. 560 a.C. (Parigi, Louvre - E 640).

Nelle leggende e nelle opere relative al ciclo tebano non c'è menzione dell'uccisione di Ismene e l'unico che ne parla è il poeta Mimnermo che lo attribuisce a Tideo.
La scena è rappresentata su un'anfora corinzia del 6 ° secolo oggi conservata al Louvre[15].

Sepoltura di Tideo

Fu seppellito da Maeone lungo la strada da Tebe porta a Calcide e che parte dalla porta Proetidiana e la sua tomba non ebbe nessun monumento ma fu contrassegnata da tre sole pietre non lavorate[16][6].

Tideo nell'Ade

Come narra Virgilio, Enea giunto a Cuma ed incontrando la Sibilla, viene da questa accompagnato vivo nell'Ade per incontrare il padre Anchise e nella zona riservata agli eroi vede anche Tideo, Adrasto e Partenopeo[17].

Iconografia

Nel 2018 fu diffusa le notizia che una delle due statue bronzee conosciute come Bronzi di Riace e custodite presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria raffiguri Tideo.
Secondo la stessa fonte l'altra statua raffigurerebbe Anfiarao[18].

Note

  1. ^ a b c d (EN) Diodoro Siculo, Biblioteca Historica IV, 65.1 e seguenti, su theoi.com. URL consultato il 6 luglio 2019.
  2. ^ a b c d e f (EN) Apollodoro, Biblioteca da 1.8.4 a 1.8.5, su theoi.com. URL consultato il 23 giugno 2019.
  3. ^ a b (EN) Diodoro Siculo, Biblioteca Historica IV, 35.1 e 2, su theoi.com. URL consultato il 23 giugno 2019.
  4. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Apollodoro, Biblioteca III, 6.1 e seguenti, su theoi.com. URL consultato il 30 giugno 2019.
  5. ^ a b c Igino, Fabulae, 69 e seguenti
  6. ^ a b Omero, Iliade XIV, 114, su it.m.wikisource.org. URL consultato l'8 luglio 2019.
  7. ^ Omero, Iliade IV, 380, su it.m.wikisource.org. URL consultato l'8 luglio 2019.
  8. ^ Giovanni Tzetzes, scoli a Licofrone 1066
  9. ^ Stazio, Tebaide, VIII, 717 e 767
  10. ^ Eschilo, Sette contro Tebe, 407-411
  11. ^ (EN) Pausania il Periegeta, Periegesi della Grecia IX, 18.1, su theoi.com. URL consultato il 4 luglio 2019.
  12. ^ Omero, Iliade, libro IV
  13. ^ Ferecide di Atene su FGrHist 3 F 97
  14. ^ Stazio, Tebaide, VIII, 751-756
  15. ^ (EN) Minnermus, cercare "Tydeus", su demonax.info. URL consultato l'8 luglio 2019.
  16. ^ (EN) Pausania il Periegeta, Periegesi della Grecia IX, 18.2, su theoi.com. URL consultato il 4 luglio 2019.
  17. ^ Virgilio, Eneide
  18. ^ BRONZI DI RIACE: SI CHIAMAVANO TIDEO E ANFIARAO E VENIVANO DA ARGO, su www1.adnkronos.com. URL consultato il 19 luglio 2018.

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