Test di Miller-Rabin
Il test di primalità di Miller-Rabin, contrariamente al Test di Wilson e similmente al Test di Fermat, è un test di tipo probabilistico, ossia esso consiste in una successione di test {T}, m∈, finita o infinita, per i quali esiste una successione {δ}, m∈ convergente a 0 di numeri reali positivi minori di 1, tale che se un numero intero positivo k non passa uno dei test T allora k non è di certo primo, mentre la probabilità che un numero intero positivo k passi i test T, T, ... , T e non sia primo è minore di δ.
Che cosa guadagniamo utilizzando i test probabilistici, rispetto a quelli deterministici, considerando, comunque, che i primi non danno una risposta certa per ogni intero k considerato?
Di solito, i test probabilistici ci forniscono un metodo molto più semplice e meno gravoso dal punto di vista computazionale, con grossi risparmi di tempo; è proprio per questo motivo che, per valutare interi positivi k molto molto grandi, di solito si preferisce un test probabilistico ad uno deterministico.
Test di primalità di Miller-Rabin
Sia n un numero intero positivo dispari e non primo. I numeri positivi b<n tali che M.C.D.(b,n)=1, e tali che n sia uno pseudoprimo di Eulero forte in base b sono non più di un quarto di tutti i numeri positivi b<n tali che M.C.D.(b,n)=1.
Questo e' il test di primalita' che stavamo presentando:
Se fisso un intero dispari n>1, lo posso scrivere come n=2*t+1, con t dispari. Il test T si sintetizza nei seguenti:
- scegliamo a caso un intero b, con 1<b<n, e calcoliamo M.C.D.(b, n);
- se M.C.D.(b, n) > 1, allora n non è primo, ed abbiamo finito;
- se M.C.D.(b, n) = 1, calcoliamo b (mod n). Se b ≡ +1 (mod n) oppure b ≡ -1 (mod n), n è primo oppure è pseudoprimo forte in base b;
- se non vale che b ≡ +1 (mod n) oppure b ≡ -1 (mod n), calcoliamo b (mod n). Se b ≡ -1 (mod n), allora n è pseudoprimo forte in base b;
- se non vale che b ≡ -1 (mod n), passiamo a b, e a tutte le altre potenze di 2, moltiplicate per t. Se tutti i b, per r=1,..., s-1, non sono mai congrui a -1 modulo n, allora non è un primo. Altrimenti n è uno pseudoprimo forte in base b.
Per tutti gli altri test {T}, m∈, la definizione è analoga:
- scegliamo a caso un intero b, con 1<b<n, e calcoliamo M.C.D.(b, n);
- se M.C.D.(b, n) > 1, allora n non è primo, ed abbiamo finito;
- se M.C.D.(b, n) = 1, calcoliamo b (mod n), e procediamo come nel primo test. In questo modo troviamo che p non è primo, oppure che n è pseudoprimo forte in base b.
Considerazioni finali sul test
Si può subito notare che, a differenza dei Test di Fermat e Test di Wilson, qui i calcoli sono minori in numero e molto più semplici, e si può dimostrare che il livello di complessità computazionale è polinomiale, mentre gli altri due presentano una difficoltà computazionale esponenziale. Per quanto riguarda l'affidabilità, anch'essa è molto buona in questo test. Infatti, nonostante sia un test probabilistico, quando effettuiamo il test T, sappiamo che la probabilità che n non sia primo e sia uno pseudoprimo forte in base b è minore di 1/4, e, quindi, la probabilità che n non sia primo ma passi i test T, T, ... , T è minore di , ossia piccolissima rispetto a quella del Test di Fermat.
Problemi aperti
Se l'Ipotesi di Riemann estesa (ERH) è vera, il test di Miller-Rabin diventa un test di primalità e se ne può ricavare un algoritmo con costo