San Calocero al Monte
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San Calocero al Monte Albenga | |
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Civiltà | Alto Medioevo |
Utilizzo | Basilica |
Stile | Arte paleocristiana |
Epoca | I secolo d.C. |
Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Comune | ![]() |
Dimensioni | |
Superficie | 800 m² |
Scavi | |
Date scavi | 1934 |
Archeologo | Nino Lamboglia |
Amministrazione | |
Ente | soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città di Albenga |
Visitabile | Si |
Mappa di localizzazione | |
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San Calocero al Monte è un complesso archeologico del I sec. d.C. sito in Albenga e dedicato al culto di San Calocero. Il complesso monastico fu attivo dal I al XVI secolo per poi essere dismesso e traferito dentro le mura cittadine. Il complesso venne rinvenuto e studiato da Nino Lamboglia in più scavi a partire dagli anni '30 del XX secolo.
E' situato alle pendici settentrionali del Monte di San Martino o Monte Bignone, nel sub urbio dell'antica Albingaunum in una zona ricca di presenze archeologiche di età romana. In questo complesso sono stati rinvenuti dei ritrovamenti epigrafici di grande rilievo, oltre che una descrizione del XV secolo delle epigrafi che qui erano presenti.
Agli scavi archeologici hanno preso parte l'Istituto internazionale di studi liguri, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana e l'Ecole Francaise de Rome.[1]
Secondo la tradizione, il complesso venne eretto sulla tomba di San Calocero che mantenne il corpo finché non venne trasferito nel centro cittadino, è l’unico santurario martiriale ligure[2]. Nella BHL 2837 e 2838 si fa riferimento alla figura del santo presente in Albenganense oppido che fu decapitato e il suo corpo dispensava beneficio ai fedeli. Anche se ci sono vari riferimenti alle spoglie sottratte al monastero e portate in altri posti, non si ha nessuna certezza, solo un'epigrafe che secondo il Lamboglia sarebbe stata un ciborio, cioè un elemento decorativo posto in sommità di una tomba santorale, ritrovata in Palazzo Peloso Cepolla, nello stesso stile di elementi trovati durante gli scavi, che ci conferma della presenza della tomba del santo.
Storia
Il monastero venne fondato sulla tomba di San Calocero, in un luogo dove secondo la tradizione venivano dispensati miracoli dal corpo del Santo. Il primo insediamento è del I sec. d.C. con un vero insediamento di strutture del III sec. d.C. e la realizzazione di un monastero solo nel V-VI secolo. Altri ampiamenti e modifiche vennero realizzate nel corso dei secoli fino al 1593 quando le Monache clarisse si trasferirono nel quartiere di Sant'Eulalia nell'attuale Ospedale Vecchio. L'area il monastero vennero acquistate 1607 dalla famiglia Cepolla. Nel 1934 Nino Lamboglia eseguì i primi scavi, e in altre fasi durante il corso del XX secolo e dei decenni successivi. L'area è diventata comodamente visitabile e fruibile a partire del 2008.
Descrizione
Al suo apice la struttura era realizzata da un'ampia area dove erano presente una chiesa con cripta al di sotto e un campanile annesso, una struttura a convento e un'altra piccola struttura, il tutto circondato da due ampie cortili in muratura per un'area globale di oltre 3000 m².
La parte più antica è il muro di contenimento realizzato a riseghe che serviva a ricavare un ampio spazio pianeggiante soprastante. I tubuli di terra cotta delle acque visibili indicando che tale muro in antichità venne realizzato proprio per questo motivo, e ritrovamenti ceramici indicano che tale zona era già presente un insediamento precedente. Le tombe alla cappuccina e le ceramiche rilevati, e la tessitura muraria ci permettono di dire che tale opera venne realizzata nel III sec. d.C., cioè in epoca tardo-imperiale romana.
Gli scavi avvenuti nel 2000 ci permettono di che una fascia importante fosse occupata da delle sepolture tardo-antiche. Di fronte a tale muro venne realizzato un porticato coperto a spiovente e con cinque arcate datata al V secolo. Solo successivamente con la realizzazione della basilica cristiana lo spazio venne trasformato con la realizzazione di una volta in muratura appoggiata al muro romano. Il vano realizzato è uno spazio buio impiegato come una vera cripta funeraria, chiamato in gergo criptoportico, adibita ad ospitare sepolture del ceto privilegiato, deposte in strutture e in sarcofagi apud corpus sanctum, cioè disposte vicino all'inumazione di un Santo. Tale fase può essere datata grazie al ritrovamento delle anfore impiegato per alleggerire la volta nel VI secolo.
Tale Basilica era vicino alla Via Julia Augusta, dove gli spazi laterali vennero usati per la realizzazione di impianti funerari Romani nel I e II sec. d.C..
L'interno della navata principale della chiesa è stato realizzato tra la fine del V e la meta del VI secolo, con in testa un abside semicircolare disposta canonicamente ad est e da un'ulteriore navata disposta a nord, verso la piana, che oggi risulta scomparsa ma che era la copertura della cripta sottostante. Esisteva un ulteriore vano liturgico localizzato contro il monte stretto e lungo. Erano presenti numerosi resti e arredi liturgigi, come plutei, capitelli, pilastrini, che sono la testimonianza di una monumentalizzazione della chiesa a partire dalla metà del VI secolo, con un ultimo rifacimento in epoca longobarda durante i VII secolo, ad opera dell'abate Marinace di cui resta un'epigrafe a testimonianze. Era presente un vano reliquiario marmoreo sotto l'altare al centro dell'abside.[2]
Sistemazione per le visite
Negli anni '80 vennero realizzati i primi parziali lavori di ricostruzione e sistemazione delle aree condotto dall'architetto Giorgio Rosati dell'Ufficio Tecnico della Soprintendenza della Liguria. Nel 2000 sono stati realizzati i lavori di sistemazione e allontanamento delle acque meteoriche; ma solo nel 2001 sono iniziati i percorsi per permettere l'accesso alla zona della cripta con un percorso di accesso realizzato in profilato metallico e grigliati, che sono stati progettati nel 2003 e dopo varie vicissitudini portati a termine nel 2008. L'intervento ha portato a rendere l'area completamente fruibile andando a realizzare un primo approccio per portare l'area a essere più organizzata anche nel contesto dei beni archeologici presenti sul Monte Bignone. Esiste attualmente un percorso a vista dall'entrata del sito sul lato est che porta il visitatore attraverso la navata centrale della chiesa all'area in acciottolato posta sul fronte della stessa e mediante una scala, fino al prato superiore nella zona sud. Gli interventi sono stati il più possibile limitati realizzando piccoli interventi di carattere murario o con delle basi in conglomerato cementizio.
Scavi archeologici
Gli scavi nell'area sono avvenuti a più riprese, le prime eseguita da Nino Lamboglia in maniera più pioneristica nel 1934 e poi nel 1938-39, quindi sempre dallo stesso nel 1971 in maniera più approfondita. La campagna significativa avvenne nel 1987 con sette diversi saggi nelle aule principali della basilica. Altri sondaggi sono stati condotti nel 1990-91 nella chiesa e negli spazi antistanti a ovest. Portato a termine un esproprio si è potuto iniziare nuovamente lo scavo nel 1998 e sporadicamente e puntualmente negli anni successivi fino al 2014.
Curiosità
Nel 2014 una campagna di scavi condotta dal professor Philippe Pergola del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana e finanziato dalla Fondazione Nino Lamboglia (che si avvale di un finanziamento di Stanleybet per la cultura), portò alla luce uno scheletro che fece scalpore; venne rinvenuto un corpo del XIV secolo di una ragazza di circa 13 anni, alta 1,48 m e sepolta a testa in giù; un tempo tale sepoltura veniva riservata alle persone ritenute indegne in maniera che non potessero risorgere al momento della Resurrezione. Tale particolarità fece subito scalpore e il caso venne battezzato come la strega bambina di Albenga. La giovane sarebbe morta per anemia dovuta forse alla scorbuto e alla malnutrizione, tale malattia provoca svenimenti e crisi epilettiche violente che i contemporanei avrebbe visto come una possessione demoniaca, pertanto è possibile che fosse stata sepolta a testa in giù perché ritenuta una strega affiliata al demonio. Tali tipi di sepolture erano riservate anche ai suicidi o agli assassini, ma anche agli assassinati per timore che tornassero a vendicarsi e alle streghe per evitare che lo spirito uscisse dal sepolcro per partecipare ai sabba[3].
Altra teoria volle che tale sepoltura fosse voluta per manifestare la sua estrema umiltà a Dio, come i sacerdoti quando si coricano sul pavimento, o come la sepoltura di Pipino il Breve che venne messo a testa in giù, difatti il ritrovamento di questo corpo vicino a una chiesa, cioè in un luogo ambito, fa pensare che non fosse una strega, a meno che la sepoltura vicino a una dimora di Dio non fosse per esorcizzare la possessione. [4]
Attualmente lo scheletro è conservato all'interno di Palazzo Oddo.
Note
- ^ San Calocero, su comune.albenga.sv.it. URL consultato il 31/10/2020.
- ^ a b Area archologica di San Calocero, su archeomedia.net. URL consultato il 31/10/2020.
- ^ Strega bambina di Albenga, ecco perché fu sepolta a faccia in giù, su ilsecoloxix.it. URL consultato il 02/11/2020.
- ^ Albenga, strega bambina di San Calocero, su ivg.it. URL consultato il 02/11/2020.
Bibliografia
- Istituto Internazionale di Studi Liguri, San Domenico di Albenga, Tipografia Bacchetta, 2019.
- Giuseppina Spadea Noviero, Philippe e Stefano Roascio, Un antico spazio cristiano, Chiesa e monastero di San Calocero al Monte, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2010.