Storia

Nel 1950, l'ufficiale Oscar Martay dell'Alta commissione statunitense in Germania propose all'amministrazione americana di finanziare una rassegna di film a Berlino, un progetto che sarebbe servito da "vetrina del mondo libero" per una città che dopo la fine della seconda guerra mondiale stava cercando di rivitalizzare il suo ruolo di metropoli d'arte europea.[1] In autunno venne istituito un comitato organizzatore nel quale furono coinvolti membri del Senato di Berlino e dell'industria cinematografica tedesca e come direttore fu nominato lo storico del cinema Alfred Bauer.[1]

Gli anni cinquanta

[[File:Berlin Titania-Palast 009918.jpg|upright=1.1|thumb|right|Il Titania Palast, prima sede del festival. La prima Berlinale fu inaugurata il 6 giugno 1951 e si rivelò un grande successo anche a livello internazionale.[1] La calorosa partecipazione e il desiderio di glamour dei berlinesi furono una costante negli anni 50,[2] grazie anche alle molte celebrità che non fecero mancare la loro presenza, da Romy Schneider a Gary Cooper, Billy Wilder, Walt Disney, Errol Flynn, Rita Hayworth e Sophia Loren.

Nel 1956 la FIAPF assegnò al festival lo "status A", che consentì l'assegnazione di premi da parte di una giuria internazionale al pari di Cannes e Venezia.[3] L'anno dopo la rassegna trovò anche la sua "casa del cinema", il rinnovato Zoo Palast nel quartiere di Charlottenburg che prese il posto del Titania Palast e rimase la ___location principale per quarant'anni.[4]

I film non sempre si rivelarono all'altezza delle aspettative, soprattutto quelli tedeschi che spesso furono giudicati inferiori alla concorrenza tecnicamente e intellettualmente.[5] Tra le produzioni internazionali, particolarmente apprezzate da pubblico e critica furono Le vacanze di Monsieur Hulot di Jacques Tati (1953),[5] Mio zio Giacinto di Ladislao Vajda (1956)[6] e Storia di un amore puro di Tadashi Imai (1958).[7]

Nel 1959, la giuria presieduta da Robert Aldrich assegnò l'Orso d'oro al film I cugini di Claude Chabrol, che dopo il premio per la miglior regia vinto pochi mesi prima a Cannes da François Truffaut per I quattrocento colpi rappresentò la consacrazione della Nouvelle Vague francese, i cui esponenti sarebbero stati ospiti regolari di Berlino con i loro film negli anni successivi.[8]

Con l'accresciuto interesse internazionale, la credibilità della Berlinale si trovò sotto una crescente pressione. La politica di rigettare categoricamente film provenienti dagli stati del blocco sovietico venne giudicata in contraddizione con l'internazionalità che il festival stava cercando e molti commentatori chiesero di assumere una visione più cosmopolita.[4]

Gli anni sessanta

La prima metà degli anni sessanta rappresentò secondo molti il periodo più basso della Berlinale dal suo inizio.[9][10] La selezione dei film e le decisioni delle giurie, che in questi anni premiarono film quali Lazarillo de Tormes di César Ardavin (1960) e L'estate arida di Metin Erksan (1964), provocarono malcontento nel pubblico e tra i giornalisti.[11][12]

Allo stesso tempo cominciarono ad emergere segnali che un cambiamento stava avvenendo nei contenuti. Dopo la Nouvelle Vague stavano emergendo il Free Cinema britannico e il Cinema Novo brasiliano e divenne sempre più chiaro che il festival doveva affrancarsi dalle considerazioni tattiche dell'industria cinematografica.[9]

L'edizione del 1964 rappresentò un primo passo verso il rinnovamento con la "Settimana della critica", contro-manifestazione che alcuni anni dopo avrebbe dato origine al Forum internazionale del giovane cinema, e nel 1965 la struttura organizzativa venne profondamente riformata.[12] Il programma fu completato da una sezione dedicata a film considerati controversi (Informationsschau) e una con quelli selezionati da delegati e produttori dei Paesi partecipanti (Repräsentationsschau).[15] I critici ebbero una maggiore presenza nella giuria e nella commissione di selezione, finora composta soprattutto da rappresentanti delle autorità o portavoce di gruppi di interesse.[16]

Nel 1967 la Berlinale fu trasferita all'ente privato Berliner Festspiele GmbH, il che significò una sorta di "denazionalizzazione" e l'auspicio di superare i problemi diplomatici che in passato avevano ostacolato la partecipazione dei Paesi socialisti.[17] In realtà, la scelta di continuare ad escludere la Repubblica Democratica Tedesca portò i commentatori a vedere la ristrutturazione come una mossa puramente tattica.[17] Unione Sovietica, Ungheria, Bulgaria, Romania e Polonia rifiutarono di partecipare, al contrario della Cecoslovacchia e della "non allineata" Jugoslavia, che aveva comunque già presenziato in passato.[18]

Il festival dette prova dopo anni di stare al passo con i tempi e di essere parte dello sviluppo sociale. I film della nuova generazione di registi, tra cui Jean-Luc Godard, Carlos Saura e Roman Polański, generarono un nuovo amore per il dibattito, le tematiche diventarono più serie e il pubblico iniziò ad affollare i cinema interrogando registi e sceneggiatori.[19]

Gli anni settanta

L'edizione del 1970 fu segnata dallo scandalo destato da O.k. di Michael Verhoeven, accusato di antiamericanismo dalla giuria che decise perciò di annullarlo.[20] Dopo le proteste di giornalisti e addetti ai lavori, che accusarono i giurati di seguire la strada della censura, questi abbandonarono il festival che terminò anzitempo senza l'assegnazione dei premi.[21]

Il festival cercò subito di rinnovarsi inaugurando il Forum internazionale del giovane cinema, con un programma che in questi anni si concentrò su film e documentari socialmente e politicamente impegnati, opere sperimentali o provenienti dai Paesi in via di sviluppo, oltre che sui registi del Nuovo cinema tedesco.[23][24] Molti osservatori elogiarono il modo in cui il concorso e il Forum si avvicinarono durante il decennio, influenzando reciprocamente i rispettivi programmi e avviando una sempre più stretta collaborazione.[25][26]

Altre importanti novità segnarono il resto degli anni settanta, come la prima proiezione di un film sovietico, S toboy i bez tebya del regista Rodion Nahapetov, che nel 1974 fece da apripista alla successiva partecipazione di quasi tutti gli stati socialisti.[25] L'edizione del 1976 fu l'ultima sotto la direzione di Alfred Bauer che dopo 26 anni passò il testimone a Wolf Donner.[27][28] Nel 1978 ci fu lo spostamento del festival dal consueto periodo estivo a quello invernale e venne creato il Kinderfilmfest, che aprì le porte al cinema per ragazzi e che ottenne da subito un grande successo.[29]

Nel 1979 un altro scandalo rischiò di ripetere la crisi di inizio decennio. I delegati sovietici considerarono Il cacciatore di Michael Cimino un "insulto" al popolo vietnamita e i Paesi socialisti ritirarono i propri film.[30] Il comitato di selezione respinse qualsiasi interferenza nella pianificazione del programma e stavolta le polemiche non impedirono al festival di svolgersi fino alla fine, nonostante l'abbandono di due giurati.[31]

Il bilancio degli ultimi anni fu generalmente ritenuto molto positivo: lo spostamento da giugno a febbraio si era rivelato un successo, il programma era diventato più vario e la struttura organizzativa più efficiente. La decisione di Donner di lasciare la direzione dopo appena tre anni fu perciò accolta con incredulità e delusione da osservatori e addetti ai lavori.[30]

Gli anni ottanta

  • 1980

Al suo primo anno da direttore della Berlinale, Moritz de Hadeln si trovò ad affrontare l'eredità lasciata dall'edizione precedente, ovvero il boicottaggio dei Paesi socialisti come protesta per la presenza del film Il cacciatore di Michael Cimino, considerato un "insulto" al popolo vietnamita. Era quindi necessario versare acqua sul fuoco e cercare la via migliore per far tornare i Paesi del blocco orientale al festival, un compito reso ancora più difficile dalla situazione geopolitica visto che gli stati occidentali stavano prendendo in considerazione il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca in risposta all'invasione sovietica dell'Afghanistan.

L'unico film italiano in concorso, Chiedo asilo di Marco Ferreri, fu molto apprezzato da pubblico e critica, oltre che dallo stesso direttore del festival, e si aggiudicò il Gran Premio della Giuria con questa motivazione: «Nel suo stile inventivo, Marco Ferreri ci pone a confronto con il mondo dei fanciulli e le nostre difficoltà di comunicare con loro, insieme alle nostre speranze e al nostro avvenire».

Alla fine de Hadeln ci riuscì anche grazie all'aiuto di Horst Pehnert, giornalista e viceministro della cultura della Germania Est che negli anni successivi avrebbe continuato a fare da mediatore tra interessi artistici e diplomatici. Alcuni eventi confermarono però la tensione del momento, a partire dalla richiesta da parte dell'Unione Sovietica di escludere dalla retrospettiva dedicata a Billy Wilder i film Uno, due, tre! e Ninotchka, co-sceneggiato da Wilder e ritenuto una pericolosa commedia ideologica.

Gli altri riguardarono i film Die wunderbaren Jahre del dissidente della DDR Reiner Kunze e Marigolds in August, scritto e interpretato dal drammaturgo sudafricano Athol Fugard. Il primo fu escluso per motivi di qualità, scatenando le proteste di parte della stampa e dei Junge Liberale, organizzazione politicamente vicina all'FDP che parlò di "auto-censura" e distribuì opuscoli in cui affermava "Ci vergogniamo di questa vigliaccheria". Il secondo portò di nuovo alla minaccia di boicottaggio da parte dell'URSS, che fece riferimento a una risoluzione delle Nazioni Unite che si opponeva alla cooperazione con il Sudafrica. Il management del festival sottolineò che il film era contro la segregazione razziale e che il dramma di Fugard era stato mostrato senza alcuna obiezione nei Paesi socialisti. Fu organizzata una proiezione speciale per la delegazione sovietica che fortunatamente tornò sui suoi passi, alla condizione che fosse inserito nel programma e nella documentazione del festival senza l'indicazione del Paese di origine. Alla fine Marigolds in August si aggiudicò il premio INTERFILM e Athol Fugard quello per il 30º anniversario della Berlinale.

La nuova direzione implementò diverse funzionalità nella struttura del festival, tra cui un maggior numero di registi, critici e produttori nel comitato consultivo e il miglioramento dei requisiti di selezione dei film destinati al Kinderfilmfest (in cui fu particolarmente apprezzato Jag Är Maria dello svedese Karsten Wedel). All'attore e attivista LGBT Manfred Salzgeber fu affidato lo sviluppo dell'Info-Schau (che cinque anni dopo avrebbe dato origine alla sezione Panorama) nel quale fu proiettato tra gli altri Ratataplan dell'esordiente Maurizio Nichetti. Proseguì inoltre la cooperazione tra la competizione e il Forum internazionale del giovane cinema, che il consiglio di amministrazione riconobbe come partner alla pari, e la "tensione produttiva" tra le due sezioni diventò un marchio di qualità del festival. Nella sua relazione di chiusura, il direttore del Forum Ulrich Gregor scrisse che era stato positivo per registi e produttori che la Berlinale avesse messo a disposizione «due modalità completamente diverse di presentazione in termini di condizioni di proiezione e aspettative del pubblico».

Tra i film in concorso che riscossero maggior successo ci furono quelli provenienti dall'Europa dell'Est, come Direttore d'orchestra di Andrzej Wajda (per il quale Andrzej Seweryn ricevette l'Orso d'argento per il miglior attore), Mosca non crede alle lacrime di Vladimir Men'šov e Solo Sunny di Konrad Wolf e Wolfgang Kohlhaase che ottenne tre riconoscimenti. La scelta della giuria ritenuta più coraggiosa e anticonvenzionale fu comunque l'assegnazione dell'Orso d'oro a Palermo o Wolfsburg di Werner Schroeter, elogiato da pubblico e addetti ai lavori che mostrarono invece qualche perplessità riguardo l'altro vincitore, Heartland del regita statunitense Richard Pearce.

Altro oggetto di dibattito fu la presenza di due film mostrati fuori concorso: Cruising di William Friedkin dette origine ad una polemica sullo sfruttamento superficiale e sensazionalista della comunità gay, mentre la co-produzione italo-americana Caligola di Tinto Brass fu liquidata come uno spettacolo di pura pornografia.

  • 1981

Al suo secondo anno, Moritz de Hadeln fu accolto da una forte opposizione da parte dei cineasti tedeschi che lo accusarono di non essere riuscito a conferire al festival una nuova immagine. Avendo diretto il Festival di Locarno fino al 1977, de Hadeln conosceva poco la scena nazionale e quando incluse solo un film della Germania Ovest nella competizione, Der Neger Erwin di Herbert Achternbusch, il conflitto latente esplose. Il direttore giustificò la sua scelta con la scarsa qualità dei film presentati e parlò di una "crisi del cinema tedesco", ma la maggior parte dei registi dichiarò di non avere fiducia nella sua gestione e Alexander Kluge parlò di "incapacità di stabilire contatti", aggiungendo che de Hadeln si era preoccupato soprattutto dei desideri delle major americane. Le associazioni dei produttori e dei registi lo accusarono di dilettantismo e incapacità comunicativa, chiesero le sue dimissioni e annunciarono il boicottaggio futuro «se non fossero stati presi provvedimenti decisivi per garantire lo svolgimento di un festival rappresentativo».

Nel 1981 la questione relativa alla qualità dei film sembrò essere un problema tutto tedesco e non solo i film della Repubblica Federale furono considerati non all'altezza dei criteri di selezione. Nella competizione non venne inclusa nessuna produzione della Germania Est che per protesta ritirò i suoi film dalle altre sezioni e rifiutò l'offerta di mostrare quattro film DEFA nell'Info-Schau, la sezione informativa in cui furono proiettati anche Il pap'occhio di Renzo Arbore e una retrospettiva del regista turco Yilmaz Güney.

Le polemiche attirarono l'attenzione di osservatori e critici, molti dei quali ritennero le accuse a de Hadeln premature dopo solo un anno alla guida del festival. Inoltre, i registi non erano riusciti a rendere più specifiche le loro rivendicazioni (ad esempio cosa intendessero per "festival rappresentativo") e il fronte anti-de Hadeln si rivelò meno unito di quanto la retorica aveva fatto sembrare. Alcuni registi e produttori fecero dichiarazioni a favore della nuova gestione, che da parte sua espresse la speranza di una maggiore apertura al dialogo da entrambe le parti. «A volte desideriamo per il nostro Paese il tipo di solidarietà che è un dato di fatto in altri Paesi», scrissero in una dichiarazione congiunta de Hadeln e Ulrich Gregor, direttore del Forum internazionale del giovane cinema, «una solidarietà tra istituzioni che lavorano per gli stessi obiettivi». Ciò nonostante il risultato fu una direzione indebolita e un certo grado di impotenza nel trovare una soluzione alla crisi.

Solo gradualmente il pragmatismo arrivò ad avere il sopravvento. de Hadeln rafforzò l'autorità di Heinz Badewitz, già fondatore del Festival internazionale di Hof e responsabile per la serie del Nuovo cinema tedesco della Berlinale, trasformandolo nell'uomo di contatto tra il festival e i registi della Germania Ovest di cui godeva la fiducia. Con la nomina di Gaby Sikorski a direttrice del Kinderfilmfest fu data anche una risposta alle richieste di rendere indipendente la sezione dedicata ai più giovani, nella quale furono aggiunte proiezioni separate per la stampa. In un programma particolarmente internazionale, uno dei film preferiti del pubblico risultò Der rote Strumpf di Wolfgang Tumler. «I bambini e gli anziani hanno molto in comune», disse la protagonista Inge Meysel dopo la prima proiezione, «parlano una lingua simile e credono ancora nei miracoli, o ci credono di nuovo».

Sul Frankfurter Rundschau il critico Wolfram Schütte intitolò il suo rapporto conclusivo "La ricerca della storia sepolta", sottolineando l'orientamento tematico di molti dei film presenti. Alcuni esempi furono La febbre di Agnieszka Holland, La barca è piena di Markus Imhoof (uno dei numerosi film svizzeri di quest'anno) e il documentario iraniano Jostoju di Amir Naderi, a proposito del quale scrisse: «Il suo film, con il suo trattamento altamente artistico di immagine e suono, documentazione e immaginazione, è un requiem e un incantesimo, un epitaffio e un invito allo stesso tempo». Insieme a Stalker di Andrej Tarkovskij e Si salvi chi può (la vita) di Jean-Luc Godard fu il film meglio accolto del Forum che quest'anno si svolse nel Delphi Filmpalast di Charlottenburg, una vecchia sala in pessime condizioni che garantì un maggior numero di spettatori ma molti problemi durante le proiezioni.

Nonostante le polemiche, la 31ª Berlinale riuscì a registrare un nuovo record con circa il 15% di visitatori in più rispetto all'edizione precedente e alla fine l'organizzazione fu elogiata da tutti i partecipanti. Inoltre le principali case cinematografiche statunitensi tornarono dopo essere state assenti negli anni precedenti e la continua internazionalizzazione del festival fu evidenziata da una maggiore partecipazione dei Paesi del Sud-est asiatico.

  • 1982

Il desiderio di tornare al glamour che secondo alcuni degli addetti ai lavori mancava ormai da troppo tempo fu in parte compensato dal gran numero di ospiti famosi che sfilarono alla 32ª Berlinale, tra cui Lino Ventura, Jeanne Moreau, Claudia Cardinale, Franco Nero, Sally Field, Lilli Palmer, Michel Piccoli e Ingrid Thulin. La presenza di James Stewart, accolto con una standing ovation dagli spettatori dello Zoo Palast, e della presidente di giuria Joan Fontaine che nel 1951 aveva aperto la prima edizione con Rebecca - La prima moglie di Alfred Hitchcock, contribuirono a ricordare a tutti lo splendore dei primi anni.

Il peso dell'industria sul Festival di Berlino e i tentativi di influenzare il programma da parte di multinazionali, produttori e distributori si rivelò quest'anno soprattutto in due casi. La Gaumont impedì la proiezione come film di chiusura di La montagna incantata di Hans W. Geißendörfer contro la volontà dei co-produttori tedeschi, mentre la première di Dolci ore di Carlos Saura venne annullata a causa della pressione del co-produttore francese Jacques Roitfeld, che preferì mostrarlo durante un omaggio al regista spagnolo al Festival di Cannes.

Il cinema statunitense sembrò mostrare un rinnovato interesse per la Berlinale, che soprattutto nel Forum incluse film indipendenti e underground tra cui alcune opere di Amos Poe, mentre l'Info-Schau assunse un carattere più innovativo sotto la direzione di Manfred Salzgeber e Wieland Speck e fu dominato dal cinema asiatico e da una nuova generazione di registi provenienti da Corea, Hong Kong, Cina e Indonesia. Nella stessa sezione venne mostrata una retrospettiva del regista e sceneggiatore austriaco Alf Brustellin, deceduto nel novembre 1981 in un incidente d'auto, introdotta dagli amici e colleghi Bernhard Sinkel e Ula Stöckl.

Ma l'edizione del 1982 fu segnata soprattutto dalla Germania Ovest, presente con circa novanta produzioni tra cui due lungometraggi in concorso e tre fuori concorso. Dopo il boicottaggio minacciato l'anno precedente, i registi tedeschi instaurarono un dialogo con la direzione grazie anche a Heinz Badewitz, responsabile per la serie del Nuovo cinema tedesco al quale Moritz de Hadeln dette maggiore autorità e il compito di mediare tra le parti. L'Orso d'oro a Veronika Voss di Rainer Werner Fassbinder, che già due volte in passato era uscito a mani vuote nonostante il favore dei pronostici con Effi Briest (1974) e Il matrimonio di Maria Braun (1979), fu considerato una sorta di risarcimento da molti osservatori.

Così come già avvenuto nel recente passato, la fase di preparazione della Berlinale fu caratterizzata da aspre polemiche che quest'anno originarono dal rifiuto di de Hadeln di proiettare come film d'apertura Fuga nella notte diretto da Delbert Mann, la vera storia di due famiglie fuggite dalla Germania Est nel 1979 con una mongolfiera. Preoccupato per il contenuto della pellicola, che era certo avrebbe creato malumori nella DDR, il direttore fece riferimento alle linee guida della FIAPF che non permettevano la proiezione di film "diretti contro altri Paesi partecipanti al festival" e nel gennaio 1982 comunicò la decisione al produttore Hellmuth P. Gattinger, presidente della Centfox-Film GmbH.

Quest'ultimo fece ricorso ad una campagna diffamatoria attraverso le pubblicazioni del gruppo editoriale conservatore Axel Springer SE, che accusarono de Hadeln di "ossequiosità" verso la Germania Est e "vigliaccheria di fronte al nemico". Su Welt am Sonntag il giornalista e cineasta Will Tremper scrisse che il Festival di Berlino si era «deteriorato in un noioso luogo d'incontro per le ideologie all'ombra della distensione» e lo stesso Gattinger inserì un annuncio sulla rivista Filmecho/Filmwoche che affermava: «Il signor de Hadeln non storce il naso per niente tranne che per le grida di aiuto dei perseguitati, perché è di questo che parla il film».

Inoltre, da quando il panorama politico si era spostato a favore della CDU la campagna era stata appoggiata dal Senato di Berlino e l'idoneità di de Hadeln, che era stato nominato sotto un'amministrazione socialdemocratica, fu nuovamente messa in discussione. A suo favore si schierarono il segretario di stato liberale Andreas von Schoeler, che definì le critiche «un violento attacco alla libertà dell'arte e della cultura garantite dall'articolo 5 della Costituzione», e il sindaco Richard von Weizsäcker che dichiarò: «Quando si tratta di film da tutte le aree del mondo, in senso geografico, politico e culturale, la direzione deve costantemente affrontare nuovi e grandi problemi. La direzione dominerà questi problemi se sarà in grado di essere indipendente e se la sua indipendenza sarà rispettata».

Alla fine de Hadeln riuscì ancora una volta a conquistare la fiducia dei suoi colleghi e il rispetto di alcuni dei suoi detrattori. La proiezione di Fuga nella notte, sponsorizzata dalla Springer, si svolse contemporaneamente alla cerimonia di apertura ma fu ignorata da molti dei presenti al festival.

  • 1983

L'edizione 1983 della Berlinale registrò oltre 4.500 accrediti di giornalisti e professionisti del cinema e confermò la tendenza degli ultimi anni, durante i quali il numero di visitatori e addetti ai lavori era cresciuto costantemente. Con 394 film provenienti da 43 Paesi ci furono lunghe code ai botteghini e molte proiezioni registrarono il tutto esaurito. Più di 110.000 spettatori videro i film nelle diverse sezioni, l'Info-Schau registrò il maggiore aumento del numero di visitatori e anche per il Forum internazionale del giovane cinema fu un anno record con oltre 63.000 visitatori.

Durante la serata inaugurale il festival rese omaggio a Rainer Werner Fassbinder, scomparso pochi mesi prima e vincitore dell'Orso d'oro nell'edizione del 1982 con Veronika Voss. Un'orchestra eseguì una suite delle musiche composte da Peer Raben per i film del regista tedesco tra cui Each Man Kills the Things He Loves, tratta da Querelle de Brest e cantata, come nel film, dall'attrice e presidente di giuria Jeanne Moreau.

L'Info-Schau mostrò alcuni dei film più interessanti dell'intero festival, tra cui I senza valore di Mika Kaurismäki, Toute une nuit di Chantal Akerman, Abuse di Arthur J. Bressan Jr., Diva di Jean-Jacques Beineix e Oyeomdoen jashikdeul di Im Kwon-taek. Con programmi come la "Settimana francese" e una nuova serie sul cinema brasiliano fu visto una volta di più in competizione con il Forum, che quest'anno dovette subire tagli al bilancio con conseguente minor pubblicità dei film sulla stampa. Il preferito del pubblico in questa sezione risultò I misteri del giardino di Compton House di Peter Greenaway, a proposito del quale il critico Erwin Schaar scrisse sulla Neue Zürcher Zeitung: «La struttura della musica del film, il dialogo artistico, l'eccessiva enfasi sugli oggetti alla moda a quel tempo rendono il film, nonostante la "realtà" del soggetto, un'incantevole partitura visiva sul problema della percezione». Il film "No wave" Vortex di Scott e Beth B., So Is This di Michael Snow e Ashes and Embers di Haile Gerima (vincitore del Premio FIPRESCI) rappresentarono inoltre il continuo interesse del Forum per tutte le sfaccettature e i fenomeni marginali del cinema americano.

Anche il Kinderfilmfest di quest'anno mostrò una gamma più ampia di film e, come già nel 1982, un'apposita giuria assegnò un premio al miglior film per ragazzi. La decisione dell'UNICEF di continuare a patrocinare la sezione fu legata alla richiesta di maggiore qualità nelle preselezioni e il vincitore di quest'anno, il dramma familiare Lukás del ceco Otakar Kosek, attraverso una storia di alcolismo e violenza domestica testimoniò il futuro del Kinderfilmfest.

Il concorso risultò più completo di quanto fosse stato negli anni precedenti e la scelta di Moritz de Hadeln di mantenere alto lo standard unendo arte, industria e audacia artistica fu chiaramente visibile nella selezione dei film, inclusi quelli fuori competizione. Accanto al cinema popolare di Tootsie furono mostrate opere politicamente impegnate come In the King of Prussia di Emile de Antonio e il film collettivo Krieg und Frieden, il film d'essai Sans Soleil di Chris Marker e il documentario sperimentale Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio. L'Orso d'oro venne assegnato ex aequo allo spagnolo L'alveare, dramma di Mario Camus sulla vita a Madrid dopo la guerra civile spagnola, e a Ascendancy dell'inglese Edward Bennett, che secondo quanto scrisse Manfred Delling sul Deutsches Allgemeines Sonntagsblatt, «anche se in modo un po' forzato ritrae l'impoverimento psicologico di una giovane donna e quello morale di suo padre, in un'Irlanda all'inizio della guerra d'indipendenza». Il riconoscimento del gran premio della giuria per Hakkari'de Bir Mevsim del turco Erden Kiral fu accolto con acclamazione.

Le immancabili polemiche riguardarono quest'anno il ritiro dei film La scelta di Sophie di Alan J. Pakula, Kharij di Mrinal Sen, che i produttori preferirono mostrare a Cannes, e Der Aufenthalt di Frank Beyer, inviato dalla Germania Est e ritirato senza spiegazioni. Venne poi rivelato che la Polonia era intervenuta accusando il film di suscitare sentimenti anti-polacchi e la scelta di ritirare il film fu ampiamente disapprovata dagli addetti ai lavori, molti dei quali lo avrebbero considerato degno della vittoria finale.

Terminato il festival restò da affrontare la questione dell'imminente scadenza dei contratti di Moritz de Hadeln e Ulrich Gregor. Se la conferma di quest'ultimo alla guida del Forum non venne messa in discussione, quella di de Hadeln non fu altrettanto scontata. L'indipendenza che aveva mantenuto nel prendere decisioni specifiche non aveva rafforzato la sua posizione nei confronti delle autorità e la sua reputazione era stata danneggiata dai ripetuti conflitti degli anni precedenti. Inoltre la CDU era salita al potere da poco a Bonn e de Hadeln si era già fatto dei nemici mostrando fuori concorso Krieg und Frieden e Das Gespenst di Herbert Achternbusch. Il ministro degli interni Friedrich Zimmermann si era personalmente opposto al film, dando un assaggio del clima politico inaugurato sotto la sua egida. Le speculazioni sul suo successore iniziarono a circolare sulla stampa e il nome più menzionato fu quello del produttore e distributore Theo Hinz, che smentì la notizia e dichiarò alla rivista tip che avrebbe continuato la sua attività nell'industria cinematografica e che non sarebbe stato disponibile. Le decise dichiarazioni di solidarietà a de Hadeln da parte dell'Associazione dei produttori cinematografici tedeschi e della Association of European Film Directors, il cui consiglio di amministrazione affermò che il festival era "sulla strada giusta", misero fine al dibattito. Il 13 giugno 1983 entrambi i contratti furono rinnovati per altri tre anni.

  • 1984

Il conflitto iniziato nel 1983 tra la direzione del festival e il ministro degli interni Friedrich Zimmermann, che si era opposto alle sovvenzioni per Das Gespenst di Herbert Achternbusch e per il film collettivo Krieg und Frieden, proseguì in questa edizione con un dibattito sulla nuova legge sul finanziamento dei film che sarebbe entrata in vigore il 1º marzo. I cineasti temevano una sistematica discriminazione nei confronti dei film artistici e politici e, in effetti, alcuni dei film tedeschi considerati più interessanti alla Berlinale del 1984 furono realizzati senza finanziamenti statali. Lo scontro politico-culturale interessò soprattutto il film fuori concorso Wanderkrebs di Herbert Achternbusch (che includeva un personaggio visto da alcuni come una caricatura del ministro presidente bavarese Franz Josef Strauß) e Meridian oder das Theater vom Frieden di Rüdiger Neumann, incluso nel programma del Forum. Zimmermann non si mostrò disposto a finanziare opere che a suo parere non giovavano all'immagine della Germania e negò al secondo l'ultima parte della sovvenzione, accusando Neumann di aver trasformato in un'opera politica quello che aveva presentato alla commissione per i finanziamenti come «un documento geografico, antropologico ed emotivo». In realtà l'unica differenza riguardava un riferimento alle politiche sull'armamento nucleare di Ronald Reagan nei titoli di apertura e a molti parve chiaro che il rifiuto aveva motivazioni politiche. Sul Frankfurter Rundschau, Wolfram Schütte descrisse il cinema d'autore tedesco come "in estremo pericolo".

L'attrice Melina Merkourī, Ministro della cultura in Grecia, partecipò come ospite al festival dove il marito, il regista Jules Dassin, era membro della giuria. Oltre a recarsi a Berlino Est per una breve visita ufficiale, il 20 febbraio incontrò il suo connazionale Minas Kontos, sociologo detenuto nel carcere di Moabit per aver partecipato ai disordini scoppiati durante la visita di Ronald Reagan dell'estate 1982. La Merkourī, appoggiata da molti registi, attori e giornalisti presenti al festival, mise in atto una protesta nei confronti del sindaco di Berlino per il fatto che Kontos fosse in custodia da 20 mesi alla luce di accuse non dimostrate. In una conferenza stampa congiunta con il senatore per gli affari legali Hermann Oxfort, criticò severamente la magistratura di Berlino, ma questi respinse l'accusa che si trattasse di un arresto "politico".

La sera dell'inaugurazione, il nuovo sindaco berlinese Eberhard Diepgen assicurò che l'indipendenza del festival non avrebbe subito interferenze perché era «l'aria di cui una competizione artistica ha bisogno per vivere». La presenza dei due film fu confermata, tuttavia il tentativo del ministero di esercitare la sua influenza fu visto da molti come un grave pericolo per il futuro del cinema tedesco e alcuni degli addetti ai lavori accusarono il governo di limitare la libertà artistica e di usare la sua visione del mondo come metro di censura politica.

Con oltre 600 film proiettati in 12 giorni, la Berlinale del 1984 segnò il punto alto dal suo inizio quanto a dimensioni del programma, anche se la scelta di strutturare una tale offerta dividendola in sotto-sezioni, serie e programmi speciali non sempre trovò il favore dei commentatori.

Il film d'apertura fu Ballando ballando di Ettore Scola, anche se il festival avrebbe dovuto essere inaugurato da L'addio di Ėlem Klimov. La pellicola sovietica non fu però autorizzata per l'esportazione e solo tre anni dopo, quando la politica di Michail Gorbačëv determinò un cambiamento nel clima politico, fu mostrata a Berlino. Nel complesso, il programma del concorso ricevette l'apprezzamento della critica e oltre a quello di Scola si distinse per film come Piccola sporca guerra di Héctor Olivera, Das Autogramm di Peter Lilienthal, Les Voleurs de la nuit di Samuel Fuller (che fu duramente contestato dal pubblico) e Rapporti di classe di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet.

Gli Stati Uniti furono rappresentati in maniera eterogenea: mentre Voglia di tenerezza di James L. Brooks, proiettato fuori concorso, fu accolto come un elegante film hollywoodiano, John Cassavetes con Love Streams - Scia d'amore mostrò il lato intransigente e incorruttibile del cinema americano. L'assegnazione dell'Orso d'oro a quest'ultimo ricevette un'accoglienza mista da parte del pubblico e di alcuni degli addetti ai lavori, anche se su Die Zeit il giornalista Ulrich Greiner celebrò il film (l'ultimo interamente girato da Cassavetes) come «un lavoro radicale, disperato, eccentrico ma a volte davvero confortante». Gli altri premi furono accolti dagli applausi generali, in particolare il Gran premio della giuria a Piccola sporca guerra, mentre molti disapprovarono il fatto che a Das Autogramm non fosse stato assegnato nessun riconoscimento e che il film di Straub e Huillet avesse ricevuto solo una menzione d'onore.

Fuori concorso fu proiettata una copia di Nosferatu il vampiro di F.W. Murnau restaurata insieme alla fondazione Deutsche Kinemathek, con la musica originale suonata da un'orchestra allo Zoo Palast. La proiezione fu dedicata a Lotte Eisner, storica del cinema, scrittrice e poetessa scomparsa pochi mesi prima, dopo aver supervisionato il restauro del film.

L'Info-Schau presentò diversi programmi tematici, tra cui quello sul nuovo cinema austriaco, una serie di film americani indipendenti e un "Panorama mediterraneo" con film provenienti da Israele, Egitto, Spagna, Jugoslavia e altri paesi affacciati sul Mediterraneo, per la prima volta raggruppati per costituire un "focus" geografico. Fu un'innovazione accolta positivamente dalla stampa, anche se la proiezione di Al-avokato del regista egiziano Raafat El-Mihi, una farsa sulla corruzione delle autorità proibita in patria, destò lo sdegno di alcuni critici arabi che inviarono una lettera di protesta al presidente egiziano Hosni Mubarak.

Il Forum estese il suo programma e quest'anno rivolse l'attenzione in particolare alla musica con film e documentari come il canadese Au pays de Zom di Gilles Groulx, l'indiano Dhrupad di Mani Kaul o The Gold Diggers dell'esordiente Sally Potter, e soprattutto una selezione di film sul tango e il suo rapporto con la storia politica dell'Argentina. Molti furono anche i film della Germania Ovest, tra cui gli apprezzati Dorian Gray im Spiegel der Boulevardpresse di Ulrike Ottinger e Der Schlaf der Vernunft di Ula Stöckl, che il critico Wolfram Schütte accostò a Una vampata d'amore di Bergman e definì sul Frankfurter Rundschau «un autentico esempio di cinema che affronta profondamente le esperienze controverse nelle vite delle donne vissute consapevolmente». Oltre al programma dedicato al Nuovo cinema tedesco, ci fu un omaggio alla serie Das kleine Fernsehspiel, vero e proprio laboratorio artistico di ZDF che aveva lanciato giovani talenti cinematografici, e un programma incentrato sulle opere prime intitolato "Prospettive".

Nel Kinderfilmfest ci furono polemiche dopo la proiezione del film di apertura, lo statunitense Kidco diretto da Ronald F. Maxwell. Pur apprezzato dal giovane pubblico, il film suscitò la disapprovazione di molti osservatori che lo videro come una glorificazione dei valori capitalisti e una propaganda dell'American way of life destinata ai bambini.

  • 1985

Il 1985 fu un anno caratterizzato dagli sforzi di Moritz de Hadeln di espandere la Berlinale su vari fronti. Da tempo il direttore del festival era interessato a sviluppare stretti contatti con la scena cinematografica degli Stati Uniti e se il concorso stava diventando sempre più una piattaforma per le grandi produzioni americane, l'Info-Schau e il Forum internazionale del giovane cinema puntarono su film e documentari indipendenti e underground. L'intenzione di de Hadeln di rafforzare la presenza americana fu confermata dalla retrospettiva dedicata agli effetti speciali, che riscosse un enorme successo e offrì un nutrito numero di film tanto che iniziò una settimana prima dell'apertura del festival. Il programma della retrospettiva fu accompagnato da una mostra sul tema ideata dallo scrittore e filmologo Rolf Giesen e allestita dalla fondazione Deutsche Kinemathek, mentre la prevista installazione di un'enorme sagoma di King Kong sul tetto dell'Europa-Center non venne realizzata a causa della mancanza di fondi.

Sulla linea della spesso evocata "funzione mediatrice" di Berlino e della Berlinale, de Hadeln espresse anche il desiderio di estendere il collegamento con l'Europa orientale: dopo il successo del Panorama mediterraneo dell'anno precedente, l'Info-Schau allestì un Panorama sul Mar Baltico che mostrò film da Polonia, Unione Sovietica, Paesi scandinavi, Germania Est e Ovest. Allo stesso tempo la direzione lavorò per migliorare le relazioni con il Festival di Cannes e il cinema francese. La visita del senatore berlinese Volker Hassemer a Cannes e la nomina dell'attore Jean Marais a presidente della giuria a Berlino furono interpretati come gesti che andavano in questa direzione.

Fu proprio il cinema transalpino ad attirare l'attenzione nel concorso di quest'anno con il poliziesco Pericolo nella dimora di Michel Deville, Les Enfants di Marguerite Duras (che oltre ad una menzione speciale della giuria si aggiudicò il Premio CIDALC e il Premio CICAE Art Cinema) e soprattutto Je vous salue, Marie di Jean-Luc Godard, che in un momento di grande influenza politica sull'industria cinematografica ebbe le carte in regola per uno scandalo. Ci fu una certa apprensione da parte del ministero degli interni di Bonn riguardo all'invito del film che in Francia aveva causato le violente proteste dei circoli cattolici, in particolare dei sostenitori del vescovo Lefebvre che lo avevano accusato di blasfemia e avevano tentato di impedirne la proiezione pubblica. A Berlino le polemiche furono molto meno accese e il film fu accolto positivamente, aggiudicandosi il premio INTERFILM e una menzione d'onore dall'Organisation Catholique Internationale du Cinéma. Sul quotidiano La Stampa, la giornalista e critica Lietta Tornabuoni scrisse: «Je vous salue, Marie non suscita proteste né violenze, nulla di paragonabile all'ira sdegnata e al fallito tentativo di sequestro giudiziario che il film ha provocato tra alcuni gruppi cattolici francesi».

Nell'Info-Schau, Manfred Salzgeber rivolse l'enfasi tematica alle sottoculture urbane e soprattutto alla scena underground americana, un orientamento che avrebbe modellato considerevolmente anche il profilo della sezione "Panorama" dell'anno successivo. Tra i numerosi esempi ci furono i documentari Gringo di Lech Kowalski e Before Stonewall di Greta Schiller e Robert Rosenberg, che affrontavano rispettivamente le storie dei tossicodipendenti del Lower East Side di New York e il movimento americano per i diritti degli omosessuali, la black comedy Screamplay di Rufus Butler Seder, America and Lewis Hine di Nina Rosenblum sul pioniere della fotografia sociale Lewis Hine, e It Don't Pay to Be an Honest Citizen di Jacob Burckhardt, thriller ironico con William Burroughs e Allen Ginsberg come protagonisti.

Il Forum confermò il suo interesse per i temi politici con il documentario The Times of Harvey Milk di Rob Epstein, che ripercorreva la vita e la carriera dell'attivista e politico statunitense assassinato nel 1978, e Secret Honor di Robert Altman, racconto immaginario in cui Richard Nixon (interpretato da Philip Baker Hall) ripercorreva la propria esistenza attraverso un lungo monologo. Anche il cinema tedesco tentò di fare i conti con il proprio passato con il documentario in tre parti Der Prozeß. Eine Darstellung des Majdanek-Verfahrens in Düsseldorf, in cui il regista Eberhard Fechner ricostruì il terzo dei cosiddetti "Processi di Majdanek" celebrato in Germania dal 1975 al 1981, e il documentario Notre nazi di Robert Kramer, girato durante le riprese di Wundkanal di Thomas Harlan a sua volta incluso nel programma.

  • 1986

In questa edizione è stata assegnata per la prima volta la Berlinale Kamera, riservata a personalità e istituzioni cinematografiche legate alla storia del festival. I primi vincitori sono stati le attrici Gina Lollobrigida e Giulietta Masina e i registi Sydney Pollack e Fred Zinnemann, al quale è stata anche dedicata la sezione Homage. Altri riconoscimenti introdotti per la prima volta nel 1986 sono stati il Premio Caligari, destinato a film del Forum caratterizzati da particolari innovazioni tematiche o stilistiche, e il Peace Film Prize, assegnato a film di varie sezioni sua base di qualità estetiche e impegno sociale. Un'altra novità è stata la presenza della Kinderjury, giuria composta da membri tra gli 11 e i 14 anni che ha conferito il premio al miglior film della sezione destinata ai più giovani.

Il festival del 1986 fu preceduto da un intenso dibattito relativo a due film presentati dalla Germania Ovest: Stammheim - Il caso Baader-Meinhof di Reinhard Hauff, incentrato sul processo alla Rote Armee Fraktion del 1975-77, e la commedia drammatica proiettata fuori concorso Heilt Hitler! di Herbert Achternbusch. Moritz de Hadeln rispose alle preoccupazioni del Ministero dell'Interno di Bonn sull'opportunità di invitare le due pellicole il 24 gennaio, con una lettera nella quale sottolineò le difficoltà legate alla selezione dei film tedeschi poiché «il contenuto e la forma di alcuni film potrebbero destare preoccupazione, soprattutto considerando il fatto che nessuno dovrebbe essere urtato in alcun modo... Tuttavia, poiché arte e talento richiedono sempre libertà e innovazione, ritengo che nell'ambito del mandato conferitomi dalla Berlin Festivals-Ltd ci sarebbe una contraddizione se dovessi limitare il mio giudizio artistico introducendo considerazioni di adeguatezza e necessità».

Mentre La messa è finita di Nanni Moretti fu molto apprezzato da pubblico e critica, ricevendo anche il gran premio della giuria e quello della Confédération Internationale des Cinémas d’Art et d’Essai, gli altri due film italiani in concorso furono accolti negativamente, in particolare Interno berlinese di Liliana Cavani. «Penso che ridere sia molto sciocco», commentò la regista dopo una proiezione accompagnata da fischi, risate di scherno e applausi beffardi, «una forma d'imbarazzo o di difesa, oppure una reazione da idioti che ridono perché non capiscono»». Reazioni miste suscitò invece Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti di Lina Wertmüller, con il pubblico nettamente diviso tra applausi e fischi. Durante la conferenza stampa la regista commentò l'accoglienza: «Non so perché abbiano fischiato, mi interesserebbe saperlo. A Napoli abbiamo scoperto che alcuni "fischiatori" si occupavano di droga, non so se a Berlino...» A proposito del film, che alla fine si aggiudicò il Premio INTERFILM e quello dei lettori della Berliner Morgenpost, aggiunse: «Il mio discorso stavolta non poteva essere più allegro di così... E se una città è bella, com'è bella Napoli, si dovrebbe renderla brutta soltanto perché vi si svolgono delle infamità? Aver disimparato a guardare l'Italia è un difetto dei giovani registi che non aiuta il cinema».

Il giornalista e critico Siegfried Schober rincarò la dose con un articolo su Die Zeit, in cui scrisse polemicamente che la Berlinale non era «adatta ai film tedeschi» e che «i cineasti tedeschi, con il loro ostinato spirito di resistenza e la loro eterna tendenza a recitare la parte offesa... non erano esenti da colpe per questa spiacevole situazione». Schober basò le sue argomentazioni sulla stroncatura avvenuta nel 1983 di Lucida follia di Margarethe von Trotta, che quest'anno aveva portato la regista a presentare Rosa L. al Festival di Cannes. Moritz de Hadeln trovò normale che dopo aver partecipato a Berlino e Venezia la regista volesse portare il suo film a Cannes e affermò che i film di Hauff e di Achternbusch erano in ogni caso «film tedeschi contemporanei di grande significato, capaci di far riflettere in profondità».

Tutte le polemiche furono dimenticate quando il 14 febbraio 1986 la Berlinale si aprì con Ginger e Fred, il nuovo film di Federico Fellini che con Marcello Mastroianni e Giulietta Masina fu accolto trionfalmente. Il concorso di quest'anno fu particolarmente eterogeneo, con film quali Gilsoddeum del sudcoreano Im Kwon-taek, Caravaggio di Derek Jarman, Anne Trister di Léa Pool e La messa è finita di Nanni Moretti, al quale la presidente di giuria Gina Lollobrigida avrebbe voluto assegnare l'Orso d'oro andato invece a Stammheim.

Mostrato in anteprima ad Amburgo, dove la proiezione era stata interrotta a causa dei disordini e dell'aggressione dell'ex portavoce del governo Klaus Bölling, il film di Hauff era già stato distribuito in altre città della Germania Ovest e la presenza a Berlino fu resa possibile da una modifica delle linee guida secondo quelle adottate a Cannes per i film francesi: adesso i film tedeschi in concorso potevano essere già stati proiettati nella Repubblica Federale, tranne che in altri festival. La proiezione avvenne il 18 febbraio e fu accompagnata da imponenti misure di sicurezza dopo che minacce anonime avevano messo a rischio i membri della giuria, incluse sei camionette della polizia schierate davanti allo Zoo Palast, agenti presenti ovunque, perquisizioni e biglietti speciali per l'ingresso. Tutto si svolse senza alcun problema e il film fu accolto positivamente, anche se la Frankfurter Allgemeine Zeitung riportò che «l'applauso alla fine del film è stato breve e, nella migliore delle ipotesi, educato e più simile a un silenzio imbarazzante».

L'ultima riunione della giuria, durante la quale Gina Lollobrigida arrivò a minacciare le dimissioni giudicando il film «un resoconto banale, vacuo e privo di fantasia», si concluse con cinque voti a favore del film (Rudi Fehr, Werner Grassmann, Norbert Kückelmann, Françoise Maupin e Jerzy Toeplitz) e cinque contrari (August Coppola, Otar Ioseliani, Naoki Togawa e Rosaura Revueltas, che si andarono ad aggiungere a Gina Lollobrigida). L'astensione di Lindsay Anderson produsse quindi una situazione di stallo, tanto più che i contrari non riuscirono ad accordarsi su un altro film: tre voti (inclusi quelli di Lollobrigida e Ioseliani) andarono al film di Nanni Moretti, mentre A Hora da Estrela di Suzana Amaral e Yari no Gonza di Masahiro Shinoda ricevettero un voto ciascuno. La situazione fu risolta quando Lindsay Anderson decise di schierarsi a favore del film tedesco. Gina Lollobrigida annunciò il vincitore affermando che «la maggioranza della giuria internazionale aveva preso questa decisione dopo una discussione controversa... assolutamente contro il mio parere personale».

Dopo la fine del festival l'attrice rilasciò un'intervista per Der Spiegel in cui attaccò gli altri giurati, affermando che la decisione a favore di Stammheim era stata "prestabilita". Con un atto senza precedenti, il presidente di giuria aveva infranto l'impegno alla segretezza a cui erano tenuti tutti i membri, tanto che de Hadeln dovette liberare dall'impegno anche gli altri membri in modo che potessero difendersi dalle accuse.

La recente storia tedesca venne affrontata anche nel Forum internazionale del giovane cinema, in cui furono proiettati i documentari Partisans of Vilna di Joshua Waletzky sui giovani ebrei che organizzarono la resistenza nel Ghetto di Vilnius, We Were So Beloved di Manfred Kirchheimer sulla comunità ebraica del quartiere newyorkese di Washington Heights, e soprattutto il monumentale Shoah di Claude Lanzmann, uno dei più apprezzati e premiati di questa edizione. Un altro punto focale fu il nuovo cinema argentino e le difficoltà nel ristabilire l'identità nazionale e le tradizioni democratiche dopo anni di regime militare, con film quali La storia ufficiale di Luis Puenzo (vincitore del Premio INTERFILM) e interviste alle Madri di Plaza de Mayo, politici e rappresentanti della chiesa.

Il 1986 vide un cambio nella direzione della sezione dedicata ai più giovani. Gaby Sikorski, passato a lavorare per l'UNICEF, aveva lasciato in eredità ai suoi successori Renate Zylla e Manfred Hobsch una sezione in costante crescita di presenze che quest'anno poté anche contare sulla Kinderjury, unico caso di giuria di un festival composta esclusivamente da bambini, il cui riconoscimento andò ad aggiungersi a quelli assegnati da UNICEF e CIFEJ (Centre International du Film pour l'Enfance et la Jeunesse).

L'Info-Schau, la sezione informativa nata nel 1982 e guidata da Manfred Salzgeber, venne rinominata Panorama a partire da quest'anno e continuò a mantenere la struttura e l'orientamento degli anni precedenti con un programma composto per lo più da di film indipendenti e innovativi. Dopo il successo dei programmi sul Mediterraneo e sul Mar Baltico degli anni precedenti, quest'anno fu dedicato spazio al Mar Nero e a film provenienti da Romania, Unione Sovietica, Turchia e Bulgaria. All'interno del programma messo insieme dallo storico del cinema Hans-Joachim Schlegel, il film che attirò maggiori attenzioni fu il georgiano Le montagne blu di Eldar Shengelaia. Anche in questa sezione trovò spazio il cinema latinoamericano, con esempi quali Los motivos de Luz del messicano Felipe Cazals, racconto di una tragedia nei bassifondi di Città del Messico, e la coproduzione cubano-colombiana Tiempo de morir di Jorge Alí Triana, un film sullo stile di un film di cowboy con machismo latinoamericano.

Terminato il festival rimase la questione del rinnovo del contratto di Moritz de Hadeln e Ulrich Gregor: come già avvenuto nel 1983, la conferma di quest'ultimo alla guida del Forum non fu messa in discussione mentre quella di de Hadeln non fu altrettanto scontata. Ancora una volta si trattò di una questione politica, legata soprattutto alle forti obiezioni da parte della SPIO, l'organizzazione dell'industria cinematografica tedesca, al suo sostegno ai film di Reinhard Hauff e Herbert Achternbusch, oltre che a Günter Wallraff - Ganz unten di Jörg Gfrörer. La SPIO propose la candidatura di Eberhard Hauff, direttore del Festival del cinema di Monaco, ma stavolta de Hadeln poté contare sul sostegno della Berliner Arbeitskreis Film, del dipartimento per film e media dell'Akademie der Künste e del gruppo di lavoro dei nuovi produttori cinematografici tedeschi. Alla fine i contratti di Gregor e de Hadeln furono entrambi rinnovati per altri cinque anni.

  • 1987

La Berlinale del 1987 fu fortemente influenzata dai cambiamenti che stavano avvenendo in Unione Sovietica e dalle politiche di Mikhail Gorbaciov, che avevano portato ad allentare le tensioni Est-Ovest e a compiere importanti progressi anche nel settore cinematografico. Il riformatore Aleksandr Kamshalov era stato nominato presidente della commissione cinematografica di stato "Goskino" e la rinnovata Unione del cineasti era presieduta dal regista Ėlem Klimov, i cui film per lungo tempo erano stati soggetti al divieto di esportazione. Un comitato speciale che includeva il critico cinematografico Andrei Plakhov selezionò film e documentari per i quali fu consentita la proiezione dopo anni di censura, in modo che potessero essere conosciuti a livello internazionale. Il concorso fu perciò in grado di mostrare Tema (1979) di Gleb Panfilov e Dolorosa indifferenza (1983) di Aleksandr Sokurov, mentre lo stesso Klimov fu presente fuori concorso con L'addio, al quale era stata stata negata la proiezione nell'edizione del 1984. La stretta di mano tra il regista sovietico e il dirigente cinematografico statunitense Jack Valenti durante la premiazione con la Berlinale Kamera assunse perciò un significato fortemente simbolico, tanto che il festival di quest'anno venne definito la "Reykjavik del cinema", alludendo al vertice al quale pochi mesi prima avevano partecipato Ronald Reagan e Gorbaciov nella capitale islandese.

La giuria internazionale assegnò l'Orso d'oro al film di Sokurov, il resoconto dell'alienazione di uno scrittore di successo dalla società russa e da sé stesso che secondo la critica Karena Niehoff dimostrava «il grado di fiducia in sé stessi che l'Unione Sovietica è ora in grado di dimostrare, anche consentendo l'autocritica in un festival internazionale». Il premio non venne contestato artisticamente (anche se i giurati americani Kathleen Carroll e Paul Schrader avrebbero voluto assegnarlo a Platoon di Oliver Stone) ma fu visto soprattutto come un gesto politico, un segno di rispetto per le politiche riformiste dell'Unione Sovietica e per la sua "trasparenza" culturale. Tra gli altri film che riscossero maggior successo ci furono True Stories di David Byrne, proiettato fuori concorso, L'anno delle luci di Fernando Trueba (Orso d'argento per il miglior contributo singolo), Rosso sangue di Leos Carax (Premio Alfred Bauer) e Il caso Moro di Giuseppe Ferrara. Gian Maria Volonté, che ricevette l'Orso d'argento per il miglior attore, dichiarò durante la conferenza stampa: «Siamo lieti di essere stati invitati al FilmFest e sappiamo che non è stato facile... Abbiamo avuto notizia che da alcune parti non si voleva che questo film rappresentasse l'Italia a Berlino».

L'edizione di quest'anno rappresentò il primo palcoscenico anche per altri film sovietici fino ad allora banditi che trovarono posto nelle varie sezioni della rassegna. Nel Forum internazionale del giovane cinema vennero proiettati Varatz lapter di Agasi Ajwasjan, lungometraggio armeno sul pittore Vano Khodzhabenko, e La leggenda della fortezza di Suram dei georgiani Sergej Paradžanov e Dodo Abashidze, la storia di una fortezza su cui è stato lanciato un incantesimo. La sezione Panorama vide la presenza di lungometraggi e documentari sui problemi della distruzione ambientale, primo fra tutti Tschernobyl di Rolan Sergeenko che fu atteso con grande interesse anche se per qualche tempo non fu chiaro se sarebbe stato effettivamente mostrato. L'arrivo a Berlino del documentario sul disastro di Černobyl' fu posticipato senza informazioni sul motivo, anche se il sospetto era che l'argomento delicato avesse indotto i sovietici a bloccarne la distribuzione. La copia arrivò finalmente il 1º marzo 1987 e fu proiettata per la prima volta in un paese straniero un giorno prima della fine del festival. «Assemblato convenzionalmente con interviste agli abitanti dell'area intorno a Černobyl' e ad esperti e con riprese dettagliate del sito del reattore, il film ha sorpreso il pubblico soprattutto per il suo tono», scrisse Thomas Rothschild il 7 marzo sul Frankfurter Allgemeine Zeitung, «intriso di una tristezza rispettosa e sicuramente scevro da un vacuo pathos. Anche l'obbligatoria devozione al governo, che avrebbe affrontato tutti i problemi, è stata ridotta al minimo».

Un altro film molto apprezzato nel Forum fu Resan del regista e sceneggiatore britannico Peter Watkins, un viaggio nella condizione del mondo in un'era di minaccia nucleare globale di oltre quattordici ore, attraverso cinque continenti, dodici Paesi e otto lingue. Come scrisse il critico Michael Kötz sul Deutsches Allgemeines Sonntagsblatt, «Watkins non solo dirige un dialogo globale sovraccarico di informazioni sulla follia della vera prospettiva della guerra, ma rivela anche di considerare la creazione del film stesso come un viaggio di agitazione, come uno strumento di dibattito».

Anche il Kinderfilmfest, giunto alla sua decima edizione, mostrò i frutti della perestrojka con Naerata ometi di Arvo Iho e Leida Laius, produzione ambientata in un orfanotrofio sovietico degli anni ottanta che ricevette il premio UNICEF. «Ciò che si tende a dimenticare nelle analisi odierne della storia del cinema», commentò il delegato della Berlinale per i film dell'Europa orientale Hans-Joachim Schlegel, «è il fatto che un impulso essenziale per la rappresentazione genuina dei problemi nella società sovietica... viene dai film per bambini e ragazzi».

  • 1988

Sulla scia della glasnost' di Michail Gorbačëv, la Berlinale del 1988 confermò il ruolo assunto l'anno precedente come piattaforma per i nuovi film sovietici. Uno dei più apprezzati fu La commissaria di Aleksandr Askol'dov, storia di una commissaria disillusa (interpretata da Nonna Mordjukova) che trova rifugio presso una famiglia ebrea durante la guerra civile russa del 1917-1922. Realizzato nel 1967, il film era stato accusato di "calunniare la rivoluzione" e di fare "propaganda sionista" e bandito fino al luglio 1987, quando era stato proiettato al Festival cinematografico internazionale di Mosca. La sua uscita al Festival di Berlino, accompagnata dal gran premio della giuria, fu considerata un'ulteriore indicazione dei cambiamenti nella politica culturale sovietica e il regista ricordò in seguito la Berlinale del 1988 come «probabilmente l'evento più importante della mia vita». Sul Frankfurter Rundschau, il critico Wolfram Schütte definì il film «unico nella storia del cinema sovietico. Il suo soggetto e l'estetica richiamano le storie di Isaak Babel' sulla cavalleria russa di Budënnyj nella loro intensità creativa e fisica e nel modo in cui Askol'dov è in grado di dare una descrizione amorevole e divertente della vita ebraica all'ombra di pericoli sempre presenti».

L'assenza del cinema italiano: «L'unica offerta è stata Strana la vita di Giuseppe Bertolucci. Potrà essere un giudizio discutibile, ma nella commissione di selezione non ha avuto la maggioranza dei voti. L'Anica s'è svegliata a metà gennaio, mandando in cassetta sette film, tipicamente di second'ordine. C'erano pronti La visione del sabba di Marco Bellocchio, Come sono buoni i bianchi di Marco Ferreri, non ce li hanno sottoposti... La mia impressione è che l'Anica sottovaluti da anni il FilmFest... Resta il nostro amore per il cinema italiano. Anche per darne un segnale abbiamo voluto come presidente della giuria un critico italiano, Guglielmo Biraghi... girando da mesi per il mondo internazionale del cinema ho constatato quanto Biraghi, da Los Angeles a Tokyo a Mosca a Parigi, goda ovunque della massima stima, del maggiore rispetto, di grandi simpatie» (Moritz de Hadeln). }}

Ma ci furono anche altri presagi di cambiamento: fino a poco tempo prima sarebbe stato impensabile per il pubblico occidentale assistere a film come Storia di Asja Kljacina che amò senza sposarsi di Andrej Končalovskij (1967), Die Russen kommen di Heiner Carow (1968), Matka Królów del polacco Janusz Zaorski o il documentario sovietico Bol'se sveta! di Marina Babak. A completare questo elenco anche Einer trage des anderen Last di Lothar Warneke, film della Germania Est che affrontava criticamente le contraddizioni e i miti fondanti della DDR. A proposito dell'assenza di film sovietici contemporanei, il direttore Moritz de Hadeln rispose così a Lietta Tornabuoni del quotidiano La Stampa: «A Mosca abbiamo visto 17 film, nessuno ci è parso adeguato. "Glasnost'" e "perestrojka" sono belle parole, ma ci vorranno due, tre anni perché queste parole diventino film».

Se da una parte la presenza di film censurati o boicottati provenienti dall'Europa dell'Est fu accolta con favore dagli addetti ai lavori, una critica mossa nei confronti di questa edizione riguardò la crescente presenza di grandi produzioni hollywoodiane che sarebbero uscite nei cinema subito dopo il festival. Sul Frankfurter Rundschau, Wolfram Schütte accusò la direzione di aver trasformato il festival in una «Cape Canaveral dove le major americane possono lanciare i loro razzi». «Per caso ci sono stati offerti molti film americani alla vigilia della loro uscita in Europa», fu la replica di de Hadeln, «per caso la produzione americana attraversa un momento forte. Non conosco alcun direttore di festival che avrebbe detto no a Woody Allen o a Steven Spielberg, che avrebbe rifiutato i gran ritratti femminili di Cher, Holly Hunter, Barbra Streisand in Stregata dalla luna, Dentro la notizia - Broadcast News, Pazza, che avrebbe trascurato due film con implicazioni politiche come Walker - Una storia vera di Cox o Grido di libertà di Attenborough». Accanto alle presenze dell'Europa orientale o di film come Jane B. par Agnès V. e Kung-Fu Master, una doppia "dichiarazione d'amore" di Agnès Varda a Jane Birkin, le produzioni hollywoodiane sembrarono piuttosto commerciali e fecero apparire ad alcuni la spesso evocata "funzione mediatrice" della Berlinale come un eufemismo per gli interessi di esportazione di Hollywood.

Il programma di quest'anno, le cui dimensioni erano viste dai critici sempre più come "gigantomaniache", presentò numerose retrospettive e rassegne distribuite nelle varie sezioni, tra cui un esteso focus asiatico. Il film in concorso Sorgo rosso di Zhang Yimou, una ballata sanguinosa e spietata della Cina degli anni trenta, fu il primo film cinese a vincere l'Orso d'Oro. La decisione della giuria internazionale non solo rese onore alla qualità cinematografica del film, ma fu anche intesa come una dichiarazione di solidarietà con le forze liberali cinesi, all'epoca una decisione abbastanza coraggiosa (la protesta di piazza Tienanmen sarebbe arrivata più di un anno dopo).

Il Forum internazionale del giovane cinema presentò il nuovo cinema asiatico con film provenienti da Corea del Sud, Cina, Hong Kong, Filippine e Vietnam, riflettendo un interesse tematico che era già una tradizione in questa sezione e che l'avrebbe plasmata ancora di più in futuro. Tra i più importanti il film di apertura Babo seoneon del regista coreano Lee Jang-ho, definito «una furia cinematografica sperimentale» dallo storico del cinema Wolfgang Jacobsen, e Shu jian en chou lu di Ann Hui, un'epopea ambientata nella Cina del 18º secolo che il critico Whilelm Roth giudicò sul Frankfurter Rundschau «il Kung fu film definitivo». Oltre a una serie di film indiani e un omaggio a Totò, il Forum proiettò Black Comedy, secondo lungometraggio di Atom Egoyan che come Aleksandr Askol'dov definì il Festival di Berlino un'esperienza cruciale nella sua carriera: «Sono stato completamente sopraffatto da quella sera al Delphy e sono grato al Forum per aver coltivato un pubblico così esigente, curioso e progressista».

I responsabili del Forum espressero lamentele per la mancanza di differenziazione con la sezione Panorama, che quest'anno incluse tra l'altro retrospettiva sul cinema greco e australiano, un ampio programma di documentari dai Paesi baltici messo insieme in collaborazione con il Festival del documentario di Nyon e film come Cura la tua destra... di Jean-Luc Godard, Missile di Frederick Wiseman e Grasso è bello di John Waters. Nato nel 1980 come Info-Schau, uno spazio destinato a film esclusi dal concorso, sotto la direzione di Manfred Salzgeber il Panorama aveva acquisito nel tempo un profilo che alcuni cominciavano a vedere quasi indistinguibile da quello del Forum. I criteri di selezione non differivano più così tanto come in passato e nacque così una sorta di rivalità tra le due sezioni. Terminato il festival, il comitato consultivo ammonì il Panorama di ridimensionare la sua programmazione, una formulazione che però non teneva conto del fatto che le sezioni dovevano definire la loro immagine piuttosto che essere "modeste" al riguardo.

  • 1989

Alla soglia degli anni novanta la Berlinale era ormai diventata la più importante manifestazione internazionale per i film provenienti dall'Europa dell'Est. Nel 1989 continuarono ad essere mostrati film un tempo banditi o censurati come Privarzaniyat balon della regista bulgara Binka Zhelyazkova (1967) e Obrazy starého sveta del ceco Dušan Hanák (1972), entrambi nella sezione Panorama, ma cominciarono anche ad essere proposti i primi film realizzati durante l'era della perestrojka di Michail Gorbačëv. Nel concorso furono presentati Ja milujem, ty milujes dello stesso Hanák, Il servo di Vadim Abdrašitov e Mielött befejezi röptét a denevér dell'ungherese Péter Tímár, fuori concorso Der Bruch di Frank Beyer e Vlast Solovetskaya. Svidetelstva i dokumenty, documentario di Marina Goldovskaya su un argomento fino a quel momento tabù come quello dei gulag sovietici. Il Forum internazionale del giovane cinema propose tre opere di Aleksandr Sokurov e La piccola Vera di Vasilij Pičul, un film sulla "generazione perduta" russa che risultò uno dei più apprezzati dalla critica. «Una metafora del rapporto con lo stato, ancora permeato da un atteggiamento di disperazione e sarcasmo», come scrisse Michael Kötz sul Frankfurter Rundschau, «ci si comincia a dispiacere per Gorbačëv che cerca di ottenere qualcosa partendo da questa base». Nel Kinderfilmfest due premi vennero assegnati a Kukolka di Isaak Fridberg, che affrontava il fenomeno degli sport professionistici in Unione Sovietica e gli effetti devastanti sullo sviluppo della personalità dei bambini.

Uno dei principali temi del Forum fu rappresentato dal periodo nazista e dalla necessità di non dimenticare quanto accaduto, una necessità che coincise con le recenti elezioni che avevano portato un partito di estrema destra nella Camera dei Rappresentanti di Berlino. Tra gli altri furono proiettati i documentari Lodz Ghetto di Alan Adelson e Kate Taverna, sulla segregazione della popolazione ebraica nel ghetto della città polacca di Łódź, Voices from the Attic di Debbie Goodstein e Jacoba di Joram ten Brink, due storie familiari nell'Europa orientale durante la seconda guerra mondiale, Vienna Is Different: 50 Years After the Anschluss di Susan Korda e David W. Leitner, un'indagine sull'identità austriaca e sulle responsabilità nell'antisemitismo del politico e diplomatico Kurt Waldheim, e Gesucht: Monika Ertl di Christian Baudissin, ritratto della donna uccisa nel 1973 nel tentativo di rapire Klaus Barbie, ex capo della Gestapo a Lione. Un altro documentario incentrato sulla figura del "boia di Lione" rappresentò il punto focale di questa rassegna: Hôtel Terminus di Marcel Ophüls, definito dalla studiosa Gertrud Koch «un film di proporzioni epiche. Il documentarista si è avvicinato al suo soggetto con sarcasmo e la fredda furia del ricercatore».

Le recenti critiche rivolte all'eccessiva presenza delle grandi produzioni hollywoodiane in concorso furono ridimensionate quest'anno grazie alla presenza di un numero di film considerato proporzionato alla loro qualità, anche se non tutti gli addetti ai lavori furono concordi con le decisioni della giuria internazionale. Se a molti sembrò probabile che l'Orso d'Oro potesse andare a una produzione americana, la scelta di Rain Man - L'uomo della pioggia di Barry Levinson deluse parte della critica che avrebbe preferito veder premiato Talk Radio di Oliver Stone. L'Orso d'argento per Eric Bogosian, autore della sceneggiatura e interprete del ruolo principale, fu considerato da molti una sorta di "premio di consolazione". Anche Jodie Foster, protagonista di Sotto accusa di Jonathan Kaplan, fu considerata da molti più meritevole dell'Orso d'argento per la migliore attrice di Isabelle Adjani, mentre una standing ovation accolse l'Orso d'oro alla carriera a Dustin Hoffman, un premio onorario assegnato finora solo a James Stewart e Alec Guinness. Anche il cinema europeo fu giudicato in ottima forma con film come Le relazioni pericolose di Stephen Frears, War Requiem di Derek Jarman, Camille Claudel di Bruno Nuytten, Histoires d'Amérique di Chantal Akerman e soprattutto Una recita a quattro di Jacques Rivette, che si aggiudicò il Premio FIPRESCI e che Andreas Kilb definì su Die Zeit «una critica a molti altri film che sono stati proiettati a Berlino. Rivette contrappone la dura sfilata del contenuto culturale all'arte dell'improvvisazione e il ben intenzionato impegno della macchina da presa con la perfezione dell'espressione filmica... Una recita a quattro apre una finestra sullo schermo, permettendoci finalmente di respirare».

Sempre in ambito europeo, il direttore Moritz de Hadeln spiegò così la scarsa presenza di film della Germania Ovest: «La Germania ha un certo numero di registi di livello internazionale, ma certo non producono un film all'anno, non sono operai alla catena di montaggio... però... dalla morte di Fassbinder si avverte un vuoto. La generazione sua, di Kluge e di altri era motivata politicamente, in un determinato momento storico tedesco che è passato. La nuova generazione ha una sola motivazione: fare del cinema. Forse non basta».

L'Italia fu presente in concorso con un solo film, la co-produzione italo-svizzera Bankomatt di Villi Hermann, anche se il festival fu preceduto da aspre polemiche che rischiarono di vedere l'assenza del cinema italiano. Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, invitato nella sezione Panorama, fu ritirato dal produttore Franco Cristaldi in accordo con l'autore e con i co-produttori a causa dell'atteggiamento considerato offensivo per il cinema italiano. «Ho chiesto io al produttore di ritirare il film e non certo perché mi avessero messo fuori concorso», dichiarò Tornatore su La Stampa, «è che non mi piace l'atteggiamento sprezzante verso il cinema italiano che de Hadeln ha avuto: troppo contraddittorio sarebbe stato presentare un film che esprime il più grande amore verso il cinema italiano, come è Nuovo Cinema Paradiso». Anche Ettore Scola espresse un giudizio severo sul direttore della Berlinale dopo che Splendor venne rifiutato, a quanto pare per il fatto che avrebbe partecipato tre mesi dopo al Festival di Cannes. «È chiaro che si tratta di una ripicca, d'una rivalsa», disse il regista, «evidentemente de Hadeln ha il dente avvelenato con l'Italia... Come si fa a dire che Splendor andrà al Festival di Cannes quando quei selezionatori neppure l'hanno visto? Perché prendersela se i co-produttori francesi del film desiderano tentare con un festival francese? Nuovo Cinema Paradiso è a mio avviso un bellissimo film. Cuore di mamma di Gioia Benelli, che anche come ANAC avevamo suggerito, era più che degno di figurare almeno nella sezione Panorama, era giusto che lo prendesse».

Moritz de Hadeln commentò la minaccia ventilata dall'ANICA di ritirare dal festival lo stand e ogni presenza ufficiale italiana affermando che registi e produttori stavano cercando di «giustificare la modestia della presenza italiana a Berlino» e che la polemica stava prendendo toni «tali da pregiudicare il futuro dei nostri rapporti». In una lettera indirizzata al presidente Silvio Clementelli dichiarò inoltre che era «diritto assoluto d'ogni festival poter liberamente procedere a una selezione... In queste condizioni trovo che i suoi colleghi dovrebbero riconoscere che il festival ha fatto più del dovuto per assicurare una buona presenza italiana». Nonostante il risentimento di alcuni produttori nei confronti di de Hadeln, tutte le polemiche rientrarono dopo una riunione straordinaria dei dirigenti dell'ANICA che si tenne il 7 febbraio 1989, tre giorni prima dell’inizio del festival. Il cinema italiano fu presente con il suo stand promozionale diretto da Marcello Cipollini e venne rappresentato da Bankomatt in concorso e da Maicol di Mario Brenta nel Forum, in cui furono proiettati anche sei video sull'attività di Pier Paolo Pasolini.

Gli anni novanta

Gli anni duemila

Gli anni duemiladieci

Note

  1. ^ a b c 1st Berlin International Film Festival - June 6 - 17, 1951, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 4 maggio 2017.
  2. ^ Jacobsen (2000), p. 53
  3. ^ 6th Berlin International Film Festival - June 22 - July 3, 1956, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 18 agosto 2017.
  4. ^ a b Jacobsen (2000), p. 73
  5. ^ a b 3rd Berlin International Film Festival - June 18 - 28, 1953, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 31 maggio 2017.
  6. ^ Jacobsen (2000), p. 69
  7. ^ Jacobsen (2000), p. 82
  8. ^ 9th Berlin International Film Festival - June 26 - July 7, 1959, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 30 settembre 2017.
  9. ^ a b 10th Berlin International Film Festival - June 24 - July 5, 1960, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
  10. ^ 12th Berlin International Film Festival - June 22 - July 3, 1962, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 dicembre 2017.
  11. ^ Jacobsen (2000), p. 96
  12. ^ a b 14th Berlin International Film Festival - June 26 - July 7, 1964, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 13 gennaio 2018.
  13. ^ a b Jacobsen (2000), p. 143
  14. ^ Jacobsen (2000), p. 155
  15. ^ 15th Berlin International Film Festival - June 25 - July 6, 1965, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 31 gennaio 2018.
  16. ^ Jacobsen (2000), p. 134
  17. ^ a b 17th Berlin International Film Festival - June 23 - July 4, 1967, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 17 marzo 2018.
  18. ^ Jacobsen (2000), p. 148
  19. ^ Jacobsen (2000), p. 142
  20. ^ Jacobsen (2000), p. 166
  21. ^ Jacobsen (2000), p. 169-170
  22. ^ a b Forum & Forum Expanded - Historical Background, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
  23. ^ Jacobsen (2000), p. 187
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  25. ^ a b 24th Berlin International Film Festival - June 21 - July 2, 1974, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
  26. ^ 27th Berlin International Film Festival - June 24 - July 5, 1977, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
  27. ^ 26th Berlin International Film Festival - June 25 - July 6, 1976, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 13 ottobre 2018.
  28. ^ Jacobsen (2000), p. 232-233
  29. ^ 28th Berlin International Film Festival - February 22 - March 5, 1978, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 24 febbraio 2019.
  30. ^ a b 29th Berlin International Film Festival - February 20 - March 3, 1979, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 28 febbraio 2019.
  31. ^ Jacobsen (2000), p. 268