Fra Cristoforo

personaggio de "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni
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Il personaggio di fra Cristoforo, oltre ad avere un importanza non trascurabile ai fini della storia de “I Promessi Sposi”, presenta delle caratteristiche che testimoniano l’abilità di Manzoni nel creare personaggi compositi e dotati di una vera e propria psicologia.

L’autore lo presenta inizialmente con la descrizione dell’aspetto fisico, attraverso la quale mostra anche alcune delle caratteristiche interiori la cui natura sarà specificata da Manzoni in seguito. Di fra Cristoforo, durante la narrazione del suo passato, ci viene detto che pur essendo di origini plebee, disponeva di mezzi sufficienti per condurre una vita da aristocratico; nonostante le sue grandi ricchezze Lodovico (questo era il suo nome prima di ricevere gli ordini) era trattato con disprezzo dai vari signori del luogo, e quindi, un po’ per ripicca e un po’ per naturale propensione, aveva iniziato a difendere con la violenza gli umili dalla prepotenza dei nobili, giungendo ad ucciderne uno per futili motivi; il rimorso e l’orrore per questa azione lo portano infine a farsi monaco.

La narrazione della storia passata di Padre Cristoforo è molto interessante sotto vari punti di vista; in primo luogo ci permette infatti di capire la morale dello scrittore: la purezza interiore, e di conseguenza la grazia divina, non è insita nell’uomo, ma va ricercata attraverso un duro percorso di peccato e purificazione; questa visione contrasta in qualche modo la visione giansenistica a cui Manzoni aveva in una fase precedente della sua vita aderito.

Un altro elemento che emerge dalla vicenda di fra Cristoforo è la critica amara e sarcastica che l’autore rivolge verso il formalismo vuoto ed ottuso del Seicento (e di riflesso anche del suo secolo): lo scambio di battute che avviene tra Lodovico e il suo avversario è messo velatamente in ridicolo dal narratore, che in quel momento mantiene la sua personalità, senza adottare il punto di vista di alcun personaggio. Significativo è anche il dialogo tra Lodovico, diventato ormai monaco, e il fratello dell’ucciso: costui infatti aveva preparato il colloquio in modo da ricavarne il massimo vantaggio in termini di soddisfazione personale e prestigio all’interno della propria famiglia, ma viene colpito e commosso dalla genuinità del pentimento dell’assassino del suo congiunto: padre Cristoforo, aiutato dalla grazia divina, diventa egli stesso strumento di redenzione.

Manzoni mette anche in risalto alcune caratteristiche positive di Lodovico: viene presentato sì come arrogante e impulsivo, ma si dice di lui che non era un sanguinario e spesso risultava aggressivo solo per impedire che venissero commessi dei soprusi sui più deboli; queste qualità, pur moderate dall’umiltà acquisita in seguito al suo pentimento, continuano a costituire un tratto distintivo della personalità di fra Cristoforo: egli quindi può essere per certi versi paragonato a Renzo, con cui condivide un impetuosa generosità d’animo, e il suo percorso spirituale presenta delle analogie con quello dell’autore. Sempre a questo proposito la critica marxista, in contrapposizione con quella di stampo più conservatore, mette in risalto le sue caratteristiche di potenziale rivoluzionario; viene evidenziato però anche l’esito sostanzialmente fallimentare delle sue iniziative a favore di Renzo e Lucia. Le contraddizioni di fra Cristoforo, secondo una valutazione ispirati a una visione di sinistra del Romanzo, sono l’emblema dei contrasti interiori dell’ideatore del personaggio e dunque costituiscono uno dei motivi ispiratori del romanzo.

Note


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