Descrizione

Venne edificato nel 1911 su progetto dell'architetto Manfredo Manfredi. È costruito in marmo botticino: Errore nelle note: </ref> di chiusura mancante per il marcatore <ref>

Dal punto di vista espressivo, la scelta di progettarlo sotto forma di colonna rappresenta, come nel caso del Vittoriano, una proposta di tardo neoclassicismo dall'impronta preindustriale;[1] se si tiene conto conto il fatto che in quel periodo storico gli sviluppi stilistici in corso e i progressi tecnici dell'illuminazione pubblica stavano avanzando a un ritmo non indifferente, si tratta in conclusione di un'opera caratterizzata da tratti formali prevalentemenete conservatori.

A proposito delle decorazioni apportate alla costruzione, si ricorda incidentalmente che in dialetto romanesco il detto sembri er faro der Giannicolo indica una persona vestita in maniera eccentrica.

Progetto

Come accennato, non funge da faro vero e proprio, ma ha funzione commemorativa, di monumento nazionale. Fu eretto grazie all'iniziativa di un comitato di italiani residenti a Buenos Aires per festeggiare il cinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia e testimoniare il loro legame con la patria di origine. Tra gli iniziatori, si ricorda il Conte Vincenzo Macchi di Cellere, Ministro d'Italia presso la Repubblica Argentina.Errore nelle note: </ref> di chiusura mancante per il marcatore <ref>

Posizione

Per la sua posizione elevata e la conseguente importanza strategica, il Gianicolo era stato campo di battaglia durante l'Assedio di Roma (1849); si trattava quindi una collocazione ricca di valore simbolico dal sapore patriottico, il che vale, seppure con modalità assai variabili, anche per i monumenti vicini, eretti a partire dal periodo successivo al Risorgimento per poi continuare fino a comprendere quello della dittatura fascista.

Dal punto di vista urbanistico, il colle del Gianicolo presentava inoltre il vantaggio che il faro e la sua luce fossero riconoscibili anche da punti assai distanti della città. La luce veniva prodotta nei tre settori della lanterna per generare i colori della bandiera italiana. Il lume tricolore del faro, una volta in uso permanente, ha presentato spesso problemi di manutenzione e oggi è in funzione solo in occasioni speciali.

Per svariati decenni, la balconata presso il faro è servita da parlatorio di comunicazione informale per cittadini romani che gridavano messaggi ai loro parenti e conoscenti reclusi nel carcere di Regina Coeli, distante poche decine di metri. La pratica è documentata almeno sin dal ventennio fascista e ha avuto strascichi fino ai giorni nostri (vedi sezione sulle tradizioni del carcere).

Note

  1. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore proloc