La moretta, muta o servetta muta[1] è una piccola maschera veneziana da donna ovale in velluto nero, senza taglio della bocca, indossata soprattutto tra il XVII e il XVIII secolo. La moretta ha la particolarità di poter essere indossata non tramite l'ausilio di lacci, ma stringendo tra i denti un bottone presente al suo interno. Come accadeva per le altre maschere, lo scopo della moretta era quello di aumentare il carisma e l'aura di mistero di chi la indossava, fattori che il silenzio al quale era costretta la sua portatrice avrebbe dovuto intensificare.[2][3][4][5][6]

Particolare de Il rinoceronte (1751), di Pietro Longhi di una donna con la moretta

Etimologia

La moretta prende il nome da moro, che in veneziano significa "nero", un riferimento al suo colore.[1][5]

Storia

 
Una donna con un visard e il suo marito a cavallo (XVI secolo)

La moretta deriva dal visard (o vizard):[7] una maschera in velluto nero di origine francese, emersa in Europa nel XVI secolo (non ha nulla a che vedere con l'omonima maschera di cui è documentata l'esistenza da fonti inglesi del 1377 e utilizzata dagli intrattenitori nelle corti).[8] Veniva utilizzata dalle donne dell'alta società a teatro e per mantenere pallida la loro carnagione in quanto la pelle era chiara considerata un simbolo di nobiltà; chi era abbronzato lavorava all'aperto, il che sottolineava il suo status sociale povero.[9][10][11] Randal Holme, nel suo The Academy of Armory (1688), descrive il visard sottolineando che aveva anche la funzione di proteggere la pelle delle donne dalle scottature durante gli spostamenti. In un suo resoconto del 1583, il libellista puritano Philip Stubbs critica pesantemente la maschera veneziana:[9][12]

«Quando cavalcano all'estero, usano maschere di velluto... con le quali si coprono completamente il volto, con solo dei fori all'altezza degli occhi, attraverso cui guardano, e appaiono con un tale sembiante che se un uomo che non conoscesse la loro usanza dovesse incontrarne uno, penserebbe di essersi imbattuto in un mostro o in un diavolo: perché non può vederne il volto, ma solo due larghi fori all'altezza degli occhi, con dei vetri all'interno.»

Nel XVII secolo nacque la moretta, una versione del visard originaria di Venezia e tra le più antiche maschere locali assieme alla bauta. Diversamente dalla sua controparte francese, la moretta non aveva mai un foro per la bocca e poteva essere sorretta solamente mordendo un apposito bocchino interno.[13] La moretta si diffuse in particolar modo tra le donne veneziane di ceto nobile e modesto, che la portavano insieme a un cappello a tesa larga e un velo.[2][5][10][9] Analogamente a ciò che accadeva con le altre maschere veneziane, la moretta aveva lo scopo di nascondere il volto e aumentare così il carisma di chi la indossava durante il corteggiamento, fattore ulteriormente fortificato dal fatto che, chi la portava, era letteralmente impossibilitata a parlare (da cui il nome "muta", con cui è anche conosciuto l'oggetto).[2][3][13] Scopo della moretta era anche quello di esaltare il pallore dell'indossatrice e il rosso veneziano dei suoi capelli.[5] Giovanni Grevembroch dichiarò:[14]

«I capi di famiglia, e li mariti conducevano le mogli, e le figliuole alla Piazza (S. Marco), alle visite de parenti, ed alli parlatorij delle monache (...) coperto il viso da una moretta di veluto nero, mediante la quale risplendeva la bianchezza delle carni, e rendevasi la persona più apparente.»

Con la caduta di Venezia del 1797, gli invasori austriaci vietarono l'uso delle maschere, segnando così la decadenza della moretta.[10]

Note

  1. ^ a b (EN) Laurence Bergreen, Casanova: The World of a Seductive Genius, Simon and Schuster, 2016, p. xix.
  2. ^ a b c La Moretta, la maschera della seduzione, su venetoinside.com. URL consultato il 16 settembre 2025.
  3. ^ a b Luca Colferai, Le maschere e i costumi, in Breve storia di Venezia, Newton Compton Editori, 2021.
  4. ^ (EN) Kathy Elgin, Elizabethan England, Infobase Publishing, 2005, p. 38, ISBN 9781438121239.
  5. ^ a b c d Michele Emmer, matematica e cultura 2006, Springer Science & Business Media, 2006, p. 276.
  6. ^ (EN) John Costella, The Four Seasons of Venice - 12 Historical Walking Tours, AuthorHouse, 2008, p. 219.
  7. ^ vizard, su wordreference.com. URL consultato il 16 settembre 2025.
  8. ^ (EN) Skiles Howard, Rethinking the Henrician Era: Essays on Early Tudor Texts and Contexts, University of Illinois, 1994, p. 23.
  9. ^ a b c (FR) Pendant la Renaissance, le masque était à la fois un accessoire de mode et un objet de scandale, su nationalgeographic.fr. URL consultato il 16 settembre 2025.
  10. ^ a b c La Bauta e la Moretta, la storia delle più antiche maschere veneziane, su veneziatoday.it. URL consultato il 16 settembre 2025.
  11. ^ Dal pallore aristocratico alla tintarella, su adlmag.it. URL consultato il 16 settembre 2025.
  12. ^ (EN) Meg Twycross, Sarah Carpenter, Masks and Masking in Medieval and Early Modern England, Ashgate, 2002, p. 300.
  13. ^ a b (EN) James Christen Steward, George Knox, The mask of Venice: masking, theater & identity in the art of Tiepolo & his time, Berkeley Art Museum, 1996, p. 56.
  14. ^ La Moretta: la storia della maschera veneziana dimenticata, attraverso mistero e seduzione, su latestatamagazine.it. URL consultato il 16 settembre 2025.

Bibliografia

  • (EN) Randal Holme, The academy of armory, 1688.
  • Raffaello Padovan, Andrea Penso, La repubblica delle maschere, Corbo e Fiore, 2000, p. 214.

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