Reattore nucleare a fissione
Un reattore nucleare a fissione è un sistema complesso in grado di gestire una reazione a catena in modo controllato e utilizzato come componente base nelle centrali nucleari che possono contenere più reattori nucleari nello stesso sito. Esistono reattori nucleari di ricerca, nei quali l'energia prodotta è trascurabile e reattori di potenza, utilizzati dalle centrali nucleari nei quali l'energia termica prodotta sotto forma di vapore acqueo viene convertita in energia elettrica attraverso turbine e alternatori. Allo stato attuale tutti i reattori nucleari si basano sul processo di fissione nucleare sebbene vi siano importanti studi su reattori a fusione nucleare che in futuro dovrebbero sostituire o affiancare gli attuali reattori a fissione.

Storia
Volendo essere precisi, il primo (anzi, i primi 16) reattore a fissione nucleare naturale divennero critici (vedi sotto) circa 1,7 miliardi di anni fa.[1] In Gabon, nelle 3 miniere di Oklo, sono stati trovati minerali di uranio con concentrazione anormalmente bassa di 235U; il fenomeno è stato spiegato, grazie anche al ritrovamento di altri prodotti di decadimento, con la formazione naturale di concentrazioni di 235U superiori (1,7 miliardi di anni fa) al 3 %, e disposte in modo da costituire massa critica. Oggi questo non è più possibile a causa del decadimento dell' 235U, la cui concentrazione è ormai ovunque molto più bassa, attorno allo 0,7 %.
Il primo reattore nucleare di costruzione umana è quello realizzato dall'équipe di Enrico Fermi a Chicago, nel reattore CP-1 (Chicago Pile-1), in cui si ottenne la prima reazione a catena controllata ed autosostenuta il 2 dicembre 1942. Quasi contemporaneamente venivano allestiti ad Oak Ridge altri due reattori, l'X-10 (critico nel 1943) ed il MetLab (critico nel 1944), ambedue finalizzati alla produzione di plutonio, il primo come unità pilota ed il secondo per la produzione in grande scala.
Nel dicembre 1954 il reattore di Obninsk, URSS divenne critico, e fu il primo reattore nucleare per uso civile; esso produceva solo 5 MW elettrici, ma fu comunque un precursore. Come i successori della filiera sovietica, era un reattore del tipo gas-grafite, in cui il raffreddamento del nucleo veniva assicurato da anidride carbonica, e il contenimento dello stesso da blocchi di grafite, ottimo conduttore del calore oltre che efficace moderatore del flusso neutronico.
Nel 1954 il reattore BORAX (Borax-I) divenne critico, ma questo, non avendo turbine, non produceva energia elettrica. Dopo l'aggiunta delle turbine (e il cambio di nome a Borax-II), nel 1955 questo iniziò a produrre commercialmente energia elettrica, fornendo la cittadina che lo ospitava (Arco, Idaho, USA), se pure in piccola quantità (6,4 MW). Borax, a differenza del predecessore Obninsk-1 e del successore Calder Hall, era di tipo BWR (Boiling Water Reactor, o reattore ad acqua bollente, in cui il fluido di raffreddamento è acqua leggera) in cambiamento di fase.
Nel 1956, infine, parte il primo reattore commerciale di grande potenza, e quindi economicamente significativo, quello di Calder Hall, in Cumbria, Regno Unito (50 MW), sempre del tipo gas-grafite. In Italia, la prima centrale (sempre del tipo gas-grafite GEC-Magnox, acquistata dall'Inghilterra) fu quella di Latina, critica (cioè "accesa") il 27 dicembre 1962 e che produceva 153 MWe (megawatt elettrici), seguita da quella del Garigliano (1963), del tipo BWR General Electric a ciclo duale, da 150 MWe e da quella di Trino Vercellese (1964), del tipo PWR Westinghouse, da 260 MWe. [2]
L'IAEA ad agosto 2007 elenca 439 reattori nucleari a fissione in attività destinati alla produzione di energia.[3]
Descrizione sommaria di un reattore di potenza
Qualunque sia la tipolgia di reattore, esso ha alcuni componenti fondamentali, come illustrato in figura 1. La sorgente di energia è il combustibile presente nel nocciolo del reattore, composto da materiale fissile (tipicamente una miscela di 235U e 238U), arricchita fino al 5% in 235U, che, producendo neutroni e subendo la fissione ad opera degli stessi, emette energia sotto forma di calore. Questo calore è asportato da un fluido diatermico (gassoso o liquido, o che subisce un cambio di fase nel processo) che lo trasporta ad un utilizzatore, quasi sempre un gruppo turbo-alternatore. Un moderatore, solitamente grafite o acqua leggera (Fermi usò la paraffina, comunque elementi contenenti molto idrogeno), rallenta i neutroni in modo da aumentare l'importanza delle fissoni termiche dell'235U. Le barre di controllo sono barre metalliche (in genere leghe di argento, cadmio e indio o carburi di boro) atte ad assorbire neutroni, ovviamente senza emetterne a loro volta; possono essere inserite nel nocciolo e servono per tenere sotto controllo ed eventualmente arrestare la reazione a catena di fissione. Il combustibile quindi emette in continuazione una certa quantità (fissa) di neutroni, e quando i sistemi di controllo (le barre) sono sollevate (almeno parzialmente), la quantità statistica di neutroni che scompaiono nel nocciolo è pari alla quantità di neutroni prodotti dallo stesso: questo è il cosiddetto punto di criticità del reattore. Al di sopra di questo punto il reattore si dice sovra-critico.
Tipi di reattore
Oggi sono conosciuti vari tipi di reattore nucleare, generalmente classificati in base al tipo di combustibile utilizzato, al sistema di raffreddamento/generazione vapore e al tipo di moderatore. I primi modelli, come si è visto, a partire dal CP-1, erano del tipo gas-grafite, poi commercialmente sviluppato in varie versioni tra cui le principali sono i reattori Magnox (Magnesium Uranium Oxide) (GEC) e RBMK. Ambedue usavano (in realtà vi sono parecchi reattori RBMK tuttora in uso, e qualche Magnox nella versione Advanced Gas Cooler Reactor) uranio arricchito come combustibile.
Il grande vantaggio dei modelli a gas sta nella possibilità di utilizzare fluidi inerti come fluido diatermico, evitando così i problemi di corrosione propri dell'acqua ad alta temperatura (che inoltre, quando irradiata, si scinde parzialmente nei componenti, generando pericoloso idrogeno nonchè ossigeno libero che aggrava ulteriormente i problemi di corrosione). Il problema maggiore, viceversa, sta nel relativamente basso coefficiente di scambio termico del gas, e nell'impossibilità di ottenere la moderazione dei neutroni attraverso il fluido stesso, obbligando quindi all'utilizzazione di costose (e instabili, a temperature elevate) strutture in grafite o all'utilizzo dell'acqua.
Si sono quindi affermati i modelli raffreddati (e moderati) ad acqua, che sostanzialmente sono delle caldaie in cui il focolare è sostituito dagli elementi di combustibile. Di questi esistono due modelli, o filiere: quelli in cui la vaporizzazione dell'acqua avviene a contatto degli elementi di combustibile, o comunque nello stesso recipiente che le contiene, detti di tipo BWR (Boiling Water Reactor - si vedano anche sopra i dati del Borax), che quindi inviano in turbina un vapore più o meno debolmente radioattivo, e quelli che utilizzano un circuito intermedio, per cui un fluido diatermico (di solito ancora acqua) entra a contatto del combustibile, si scalda e, senza cambiare di fase, circola in un generatore di vapore esterno in cui cede calore ad altra acqua, che stavolta vaporizza e genera energia elettrica nel gruppo turbina-alternatore. Sono detti PWR (Pressurized Water Reactor). Il vapore che arriva in turbina in condizioni di normale funzionamento non è più radioattivo.
Vi sono stati tentativi di utilizzare combustibili meno costosi (ossia uranio non arricchito, normalmente presente in natura), e sono stati proposti due modelli di reattore simili, e studiati in parte in collaborazione: il CiReNe (CISE Reattore a Nebbia), sviluppato originariamente dal Centro Italiano Studi Esperienze dell'ENEL, ed il CANDU (Canada Deuterium Uranium) sviluppato dall'Atomic Energy Commission Canadese. Questi reattori, per ovviare alla relativamente economia neutronica dovuta ad un tenore ridotto di 235U, utilizzano come fluido diatermico acqua pesante, che ha una bassissima sezione d'urto (ossia probabilità) di cattura dei neutroni. La differenza tra le due filiere sta nel circuito di raffreddamento, ad acqua bollente per il CiReNe (da cui il nome di reattore a nebbia), che lo qualifica come BHWR (Boiling Heavy Water Reactor), e ad acqua pressurizzata per il CANDU, che lo qualifica come PHWR (Pressurized Heavy Water Reactor).
La possibilità di produrre materiale fissile ha fatto riprendere il progetto, originariamente destinato ad usi militari, dei reattori autofertilizzanti o FBR (Fast Breeder Reactor). Questi (come sopra detto, tra i primi ad essere realizzati, con il progetto MatLab collaterale al Progetto Manhattan) producono di fatto più combustibile fissile di quello che usano essi stessi, sfruttando la reazione
238U + n ----> 239U - e- ---> 239Np - e- ---> 239Pu
che è un materiale fissile utilizzabile nel reattore.
Questi reattori sono detti veloci in quanto non hanno moderatore (i neutroni emessi dalla fissione non sono rallentati) - vi è interesse ad aumentare quanto più possibile la produzione di neutroni per aumentare la reazione di fertilizzazione e quindi produrre più 239Pu. A tale scopo utilizzano come mezzo di raffreddamento un metallo liquido, solitamente sodio, che ha il vantaggio di essere liquido a pressione atmosferica fino a oltre 800 °C, e quindi non richiede complessi sistemi di pressurizzazione. A parte questo, il circuito è simile a quello di un reattore PWR. Una particolarità sono gli elementi di combustibile, che utilizzano 235U ad alta concentrazione (15 % e più) o 239Pu, e sono avvolti in 238U appunto per produrre il nuovo combustibile.
Tra i primi reattori progettati vi fu l'italiano PEC (Prova Elementi Combustibile), mai terminato, che era funzionale al progetto Franco-Italo-Tedesco del Phénix, sfociato poi nella realizzazione del reattore NERD Superphénix di Creys-Malville.
Vanno citati, tra i reattori di potenza, quelli utilizzati per la trazione. Le necessità, in questo caso, sono quelle di leggerezza e ottimo contenimento delle radiazioni: a tale scopo, la filiera PWR è generalmente usata, in quanto permette di tenere turbine e generatori in zona sicura, essendo il fluido esente da radiazioni. In realtà il circuito primario è stato realizzato anche con fluidi diversi, come nel reattore italiano R.O.S.P.O. (Reattore Organico Sperimentale Potenza Zero), realizzato come prototipo per la futura (e mai realizzata) nave Enrico Fermi a propulsione nucleare, in cui venivano utilizzati prodotti organici cerosi, simili ai comuni oli diatermici - sempre allo scopo di ridurre le dimensioni. Malgrado i molti progetti (la nave tedesca Otto Hahn, quella americana Savannah, e altre sono state effettivamente realizzate, ma senza grande successo), la propulsione nucleare è oggi usata solo nei sottomarini militari (e alcuni di ricerca), nelle grandi portaerei e nei rompighiaccio russi della classe Lenin.
Reattori Magnox
Il Magnox è stato il primo reattore nucleare di potenza elevata connesso ad una rete elettrica. Di concezione inglese, il primo esemplare è diventato critico ed è stato allacciato alla rete nel 1956, e disconnesso definitivamente nel 2003. Con riferimento alla figura 2, il funzionamento di questo tipo di reattore è il seguente :
In un blocco di moderatore (grafite) M vengono introdotte le barre di combustibile C, sostanzialmente lamine di uranio naturale metallico contenute in un involucro in fusione di magnesio. Nello stesso corpo sono alloggiate le barre di controllo D usate per modulare l'emissione di neutroni. Attraverso il nocciolo, costituito appunto da moderatore e barre, passa un flusso di gas (anidride carbonica), mosso dai circolatori V; questo gas si riscalda e viene in seguito convogliato a contatto dei tubi della caldaia B, in cui circola acqua grazie alla pompa P; l'acqua vaporizza e passa in una turbina a vapore T cui è connesso un generatore elettrico convenzionale G che produce elettricità. La turbina T è seguita da un condensatore K, che quindi restituisce acqua al sistema, in circuito chiuso. La parte calda del reattore è contenuta in uno schermo biologico S, in pratica un muro di calcestruzzo armato di forte spessore, rivestito internamente di acciaio. Gli ultimi Magnox sono stati installati negli anni '70, nella versione aggiornata AGCR (Advanced Gas Cooled Reactor), non molto diversa dalla configurazione base. Diversi reattori di questo tipo sono tuttora in funzione in varie parti del mondo; il reattore Magnox è considerato però superato come in genere tutti i modelli moderati a grafite e raffreddati a gas.
Era di questo tipo il reattore della centrale di Latina nel basso Lazio.
Reattori RBMK
Reattori BWR
BWR, come detto, definisce i reattori ad acqua bollente, in quanto acronimo di Boiling Water Reactor. Più sopra si è parlato dei reattori Borax-I, Borax-II e Borax-III, dei quali la versione II è stata la prima a produrre commercialmente energia elettrica negli Stati Uniti. Il Borax, che era di fatto un reattore sperimentale, è stato smantellato anni fa. Tuttavia la filiera BWR è col tempo divenuta la seconda più popolare, soprattutto per la relativa semplicità dell'impianto, rispetto alla principale concorrente, dopo la filiera PWR (vedi sotto).
La figura 3 fa riferimento ad un impianto della prima metà degli anni '60, successivamente le barre di controllo furono introdotte dal basso (in modo che si trovassero nella zona dove la reazione era moderata da acqua allo stato liquido, e quindi dove il loro effetto era massimo), mentre l'acqua veniva fatta ricircolare entro il nocciolo del reattore per consentire un miglior controllo del reattore.
Le barre di combustibile C, qui in forma di pastiglie di ossido di uranio parzialmente arricchito, che però sono in contenitori di leghe di zirconio (elementi combustibile), sono immerse nel moderatore M, acqua, che funge anche da fluido diatermico. Nella stessa acqua sono immerse le barre di controllo D usate per modulare l'emissione di neutroni. L'acqua è contenuta in un recipiente in pressione V. L'acqua è fatta circolare da una pompa P, e a contatto degli elementi di combustibile caldi asporta calore e parzialmete vaporizza, raccogliendosi nella parte superiore del recipiente, così da riprodurre all'incirca la funzione del corpo cilindrico di una caldaia. Il vapore così generato, a pressione relativamente bassa (80 bar nella centrale di Caorso), passa nella turbina T accoppiata ad un generatore G che produce elettricità da immettere in rete. Le turbine è seguita da un condensatore K dove il vapore viene condensato mediante l'acqua di raffreddamento, fornendo così l'acqua da reimmettere nel reattore. È evidente il rischio legato ad una rottura del condensatore, che metterebbe in contatto l'acqua a bassa pressione che poi circolerà nel reattore (e, quindi, che deve essere purificata) con l'acqua proveniente dall'ambiente esterno. Lo schermo biologico non è mostrato in figura, ma è evidentemente esterno alla caldaia V. Analogamente agli RBMK, si segnala inoltre il potenziale rischio di usare l'acqua contaminata che circola nel reattore direttamente in turbina, al di fuori dello schermo biologico.
In Italia sia la centrale di Caorso (820 MWe) che quella mai terminata di Montalto di Castro (2 x 1000 MWe) erano di questo tipo, in particolare con tecnologia General Electric.
Reattori PWR
I reattori PWR sono stati realizzati per evitare l'uso di vapore d'acqua contaminato come avviene invece nei BWR sopra illustrati. A tale scopo l'acqua di raffreddamento del nocciolo, usata come al solito come moderatore, viene tenuta a pressioni elevate intorno ai 150 bar, in modo da poter raggiungere temperature elevate senza cambiamento di stato. Questo, che è da una parte il vantaggio maggiore dei reattori PWR, ne è anche il limite: la temperatura critica dell'acqua è pari a 374.13 °C, e quindi il circuito primario può funzionare a temperature massime dell'ordine dei 320 °C; ciò limita nella pratica la produzione di vapore nel circuito secondario a pressioni dell'ordine dei 70-80 bar, riducendo quindi il rendimento termico dell'impianto. D'altra parte, l'acqua a contatto del nocciolo è a pressione più alta di quella di un reattore BWR, e quindi più incline a decomporsi in H+ e OH-, con conseguenti problemi di corrosione.
Con riferimento alla figura 4, il funzionamento di un reattore PWR è :
Le barre di combustibile C, anche qui in forma di pastiglie di ossido di uranio parzialmente arricchito, sono immerse nel moderatore M, acqua, che funge anche da fluido diatermico. Nella stessa acqua sono alloggiate le barre di controllo D usate per modulare l'emissione di neutroni. L'acqua è contenuta in un serbatoio V. L'acqua è fatta circolare da una pompa P1, e sottrae calore per contatto al nocciolo caldo. Il circuito, detto circuito primario è mantenuto ad una pressione abbastanza elevata da poter raggiungere senza vaporizzazione temperature atte a consentire lo scambio termico nel circuito secondario.
Il circuito secondario, non radioattivo, è costituito da un generatore di vapore B in cui viene fatta circolare acqua, anch'essa non attiva. Lo scambio senza contatto tra l'acqua del primario e quella del secondario genera vapore che, a pressione relativamente bassa, passa nella turbina T accoppiata ad un generatore G che produce elettricità da immettere in rete. Dalla turbina il vapore passa al condensatore K dove viene condensato, fornendo così l'acqua da reimmettere in ciclo mediante la pompa P2.
Una variante allo schema classico PWR (Westinghouse) è il reattore WWER, progettato nell'allora URSS, che ha uno schema analogo a quello di figura 4; si differenzia per taglie più grandi (fino a 1500 MW elettrici per singolo reattore).
Malgrado la maggiore sicurezza intrinseca dei reattori PWR, l'unico incidente grave avvenuto in reattori non moderati a grafite, quello della centrale USA di Three Mile Island, ha avuto come protagonista un PWR, di tecnologia Babcock&Wilcox e ha portato al rilascio all'esterno di quantità significative di materiale radioattivo (vedi voce per i dettagli).
In Italia è stata installata una sola centrale PWR, con tecnologia Westinghouse, a Trino Vercellese; anche questa è stata smantellata a seguito della decisione di ritirarsi dalla produzione elettrica per via nucleare. Comunque il Piano Energetico Nazionale, sviluppato all'inizio degli anni '80, prevedeva come progetto unificato (PUN) di centrale nucleare un PWR da 1000 MW[senza fonte] di produzione di energia elettrica (quindi con 4 circuiti refrigeranti, invece dei 3 di Trino). L'unico sito selezionato per una delle nuovi centrali secondo il PUN fu Trino (4 unità), mentre non si è mai arrivati ad una selezione del sito delle altre 4 centrali che dovevano completare il Piano Energetico Nazionale.
Reattori a metallo liquido
In questo tipo di reattori il fluido diatermico a contatto con il reattore è un metallo, liquido per l'alta temperatura, anziché normale acqua. Questo conferisce a questa classe di reattori quattro grandi vantaggi:
- Migliore rendimento termodinamico: grazie all'alta temperatura di ebollizione dei metalli, il fluido diatermico può trasportare alte temperature a pressioni molto basse (poche atmosfere), superando così il maggiore limite dei reattori PWR.
- Schermo biologico ridotto: la maggiore densità dei metalli scherma parzialmente le radiazioni, rendendo necessario uno schermo biologico meno spesso.
- Capacità di bruciare scorie nucleari: questi reattori non hanno moderatori che rallentano i neutroni, e sono fonti di neutroni veloci: tutti i nuclei pesanti nel combustibile vengono sottoposti a fissione. Questo significa che i residui di combustibile di un reattore a metallo liquido sono costituiti da elementi leggeri, molto radioattivi ma a vita breve, invece che da elementi pesanti a vita lunga e lunghissima, e il combustibile esaurito proveniente dai reattori ad acqua può ancora essere bruciato in un reattore a metallo liquido, dove produrrà altra energia liberandosi degli elementi pesanti a lunga vita media.
Reattori a metalli leggeri
In questi reattori il metallo usato come fluido diatermico è in genere sodio liquido: il più famoso di questi è il reattore francese Superphénix, oggi dismesso per problemi tecnici.
Purtroppo il sodio ha alcune caratteristiche che ne rendono l'uso piuttosto pericoloso: è infiammabile a contatto con l'aria ed esplosivo a contatto con l'acqua. Evidentemente questi aspetti ne rendono piuttosto critico l'uso in situazioni estreme come un reattore nucleare.
Reattori raffreddati a metallo pesante
I primi reattori di questo tipo vennero sviluppati negli anni '50 dai russi e una loro versione equipaggiava i sottomarini d'attacco della classe Alfa, piccole unità estremamente veloci e in grado di raggiungere profondità piuttosto elevate, che avevano bisogno di un reattore poco ingombrante. In realtà dopo un primo generale interessamento (sia da parte dell'industria statunitense che di quella sovietica) a questa tipologia di reattori per i vantaggi che presentavano in quanto reattori autofertili, in seguito i progetti per lo sviluppo di reattori a metallo pesante vennero progressivamente abbandonati (data anche la buona disponibilità di uranio che favorì l'uso dei più semplici reattori non fertilizzanti), tanto che al giorno d'oggi non esistono reattori civili funzionanti di questa tipologia. Negli ultimi anni, invece, essendo molto più sentite problematiche quali il trattamento delle scorie ad alta attività e della proliferazione bellica di armi nucleari connesse a problematiche terroristiche, questa tipologia è ritornata ad essere considerata promettente e ci sono vari progetti sperimentali di questo tipo, candidati come possibili reattori di IV generazione. Questo grazie ad alcune caratteristiche peculiari di sicurezza intrinseca (sia dal punto di vista degli incidenti che della possibile sottrazione di materiale fissile) e di capacità di trattare come combustibile fissile buona parte delle scorie riducendone la pericolosità e la quantità.
In questi reattori si usa come refrigerante primario piombo puro o una lega eutettica di piombo e bismuto (LBE) il cui punto di ebollizione è di 1750°C, cosa che permette al refrigerante di lavorare a pressione atmosferica e a temperature piuttosto alte, fino a 600 K al di sotto del punto di ebollizione dello stesso; alle alte temperature, oltre ad avere una resa termodinamica migliore, è anche possibile produrre facilmente idrogeno, qualora in futuro fosse avviata l'economia dell'idrogeno. Con ciò si evitano anche i fattori di rischio presenti nei PWR che usano, invece, acqua ad alta pressione come refrigerante: evitando l'uso di un sistema pressurizzato si eliminano i rischi di perdite esplosive di vapore e diminuiscono quelli di incidenti alle condotte e di corrosione delle strutture. Un'altra grande attrattiva di questo tipo di reattore è che, grazie all'azione schermante del piombo, il nucleo non ha quasi bisogno di schermo biologico: inoltre il reattore non consuma fluido diatermico (nessun bisogno di "rabbocchi" di lega LBE) e alla fine della vita utile della centrale si può semplicemente lasciar solidificare il piombo intorno al nucleo, sigillandolo e proteggendolo dalla corrosione.
Un altro vantaggio è che il combustibile nucleare è solubile nel piombo e tende a galleggiare sopra di esso: perciò anche in caso di fusione del nucleo (uno dei peggiori incidenti concepibili, verificatosi parzialmente a Three Mile Island nel 1979) il combustibile si scioglierebbe nella lega LBE diluendosi e la reazione a catena si interromperebbe. Ogni fuga di liquido diatermico dal contenitore, inoltre, si risolverebbe in una colata di metallo fuso che solidificherebbe subito e non potrebbe disperdersi nell'ambiente.
Voci correlate
- Centrale nucleare
- Disastro di Chernobyl
- PBMR
- PIUS
- Rapporto Rasmussen (1975), sulla sicurezza dei reattori nucleari ad acqua naturale
- Reattori nucleari di III generazione
- Reattori nucleari di IV generazione
- VHTR
Note
- ^ (EN) [Meshik, A.P. "The Workings of an Ancient Nuclear Reactor." Scientific American. November, 2005]
- ^ Dati IAEA [1].
- ^ (EN) Number of Reactors in Operation Worldwide
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