Giuseppe d'Arimatea

personaggio biblico

Giuseppe di Arimatea (...) è un personaggio del Nuovo Testamento e degli apocrifi del Nuovo Testamento, coinvolto in modo particolare nella crocefissione e deposizione di Gesù; durante il medioevo sorsero alcune leggende che lo collegano alla Britannia e al mito del Santo Graal. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa luterana, dalla Chiesa ortodossa e da alcune Chiese anglicane; in Occidente la sua ricorrenza è il 17 marzo, mentre gli ortodossi lo commemorano la domenica dei "portatori di mirra" (la seconda domenica dopo pasqua) e il 31 luglio.

San Giuseppe di Arimatea
Giuseppe d'Arimatea raffigurato da Pietro Perugino
 
Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza17 marzo in Occidente;
31 luglio in Oriente
Attributichiodi; ampolla
Patrono difunerali

Nuovo Testamento e apocrifi

Vangeli canonici

Giuseppe svolge un ruolo di rilievo nei racconti della passione di Gesù contenuti nei vangeli canonici, in cui depone Gesù morto dalla croce e lo mette nella tomba. Nei vangeli sinottici l'episodio si ripete secondo uno schema ben determinato: presentazione di Giuseppe, richiesta del corpo di Gesù a Pilato da parte di Giuseppe, che poi lo depone dalla croce, lo avvolge in un sudario e lo mette nella tomba, che viene chiusa. Le differenze tra i racconti sono:

  • nel Vangelo secondo Marco, Giuseppe è presentato come membro autorevole del sinedrio, «che aspettava anche lui il regno di Dio»; ricevuta la richiesta di Giuseppe, Pilato, sorpreso che Gesù sia già morto, chiede conferma del decesso ad un centurione, e solo dopo concede il corpo a Giuseppe; la tomba era un sepolcro scavato nella roccia, chiuso rotolandovi davanti una pietra;[1]
  • nel Vangelo secondo Matteo, Giuseppe è un ricco uomo di Arimatea diventato discepolo di Gesù; il sepolcro era la sua tomba, ed era nuovo;[2]
  • il Vangelo secondo Luca dedica ben due versetti alla presentazione di Giuseppe; oltre a definirlo un membro del sinedrio che attendeva il regno di Dio, nota come fosse una «persona buona e giusta» e che non avesse condiviso la decisione degli altri membri del sinedrio riguardo la condanna di Gesù; della tomba dice che non era mai stata usata.[3]

Nel Vangelo secondo Giovanni si racconta che Giuseppe era discepolo di Gesù, ma che teneva questo fatto nascosto per timore dei Giudei. Giuseppe chiese il corpo di Gesù a Pilato, che glielo concesse. Giuseppe si recò al patibolo con Nicodemo, che recava mirra e aloe; i due deposero il corpo dalla croce e lo avvolsero in bende e olii aromatici. Nel luogo dell'esecuzione c'era un giardino con all'interno una tomba mai usata; lì deposero Gesù, in quanto era Parascève e la tomba era quella vicina.[4]

Vangelo di Nicodemo

Il Vangelo di Nicodemo tratta più ampiamente la deposizione di Gesù e il ruolo svoltovi da Giuseppe.

Dopo aver chiesto il corpo di Gesù a Pilato, Giuseppe e Nicodemo lo prepararono e misero nella tomba che Giuseppe aveva fatto scavare per sé. Gli anziani ebrei si arrabbiarono per il fatto che Giuseppe aveva sepolto Gesù e lo fecero arrestare, imprigionandolo e sigillando la porta della sua cella, che fecero custodire da una guardia, ma Giuseppe scomparve dalla cella senza che i sigilli fossero rotti.

Giuseppe ricomparve poi nella sua città, Arimatea. Gli anziani ebrei, avendo mutato opinione e avendo deciso di volersi confrontare più pacatamente con Giuseppe, gli mandarono una lettera di scuse tramite sette suoi amici. Giuseppe tornò allora da Arimatea a Gerusalemme e, dinanzi agli anziani, raccontò che era rimasto nella cella per tutto il sabato, ma che a mezzanotte comparve Gesù in persona, che lo portò vedere la tomba dove Giuseppe l'aveva sepolto e poi, sebbene le porte fossero chiuse, lo fece entrare nella sua casa.

Giuseppe confermò la risurrezione di Gesù ai sommi sacerdoti Anna e Caifa, dicendo che era poi asceso in cielo e che altre persone erano risorte dai morti in quella occasione;[5] in particolare, Giuseppe indicò che tra essi vi erano due figli del sommo sacerdote Simone.[6] Anna, Caifa, Nicodemo e Giuseppe, assieme a Gamaliele, si recarono ad Arimatea per interrogare i figli di Simeone, Carino e Lentio.

Nella tradizione

Vi sono due leggende[senza fonte] secondo le quali Giuseppe di Arimatea avrebbe raccolto in un calice le ultime gocce del sangue di Cristo, le storie si dividono poi sul luogo, che nella dizione dell'epoca risultava essere Britio, dove viene portato il sacro calice. In una interpretazione si tratta della Bretagna, poi rilocato in Provenza, in altra interpretazione sembra in Egitto e poi in Italia ad Aquileia. Di qui derivò la leggenda del Sacro Graal.

Note

  1. ^ Vangelo secondo Marco, Marco 15,42-46.
  2. ^ Vangelo secondo Matteo, Matteo 27,57-60.
  3. ^ Vangelo secondo Luca, Luca 23,50-53.
  4. ^ Vangelo secondo Giovanni, Giovanni 19,38-42.
  5. ^ Si veda Vangelo secondo Matteo, Matteo 27,52-53.
  6. ^ Si veda Vangelo secondo Luca, Luca 2,25-35.

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