Convenzioni

Per i titoli delle voci riguardanti opere e spettacoli teatrali si consiglia di seguire queste indicazioni:

  • Titolo opera, ove sia assente omonimia o dove sia riconosciuta indiscussa fama all'opera nonostante rifacimenti o trasposizioni omonime successive (es. Romeo e Giulietta di William Shakespeare);
  • Titolo opera (cognome autore), in casi di opere omonime;
  • Titolo opera (nome e cognome), per omonimie tra artisti;
  • Titolo opera (teatro), nel caso di spettacoli teatrali che non possiedono una forma scritta conclusa o che rappresentano un adattamento di altra opera letteraria non appartenente alla letteratura teatrale.

Poiché numerose opere di teatro contemporaneo non hanno subito traduzioni nel titolo, si rimanda alla grafia originale di pubblicazione dell'opera, in caso essa esista, o di denominazione nei cartelloni.


Teatro inglese

Con la locuzione teatro inglese si intendono tutte le forme di spettacolo drammatico provenienti da uno specifico stato del continente europeo, l'Inghilterra. In senso allargato vi si includono alcune forme drammatiche britanniche della metà dello scorso millennio, in virtù del fatto che la storia del teatro degli stati britannici ha avuto il suo fulcro proprio in Londra.

Forme arcaiche drammatiche

Nell'intera Gran Bretagna è possibile rinvenire tracce di drammi arcaici denominati agon (generalmente, conflitto) di genesi popolare e campestre, agiti nel periodo invernale delle feste sia nelle case dei cittadini che nelle sale di ritrovo degli stessi. Privi di testo scritto e dunque basati sul mito pagano della comunità alla quale appartenevano, erano basati sulla forma dialogica tra più attori mascherati, che prendevano nomi differenti a seconda del luogo della rappresentazione: in Inghilterra venivano definiti Mummers[1] (termine usato anche in Irlanda), Tipteers o Soul-cakers[2], in Cornovaglia Geese-dancers, Goloshans o Guisers in Scozia.[3]

Dei ludi popolari arcaici ben poco è rimasto e raramente vengono rappresentati. La struttura drammatica che li costituiva era comunque abbastanza definita e presenterà alcune similitudini col teatro medievale successivo: di norma un protagonista, il quale incarnava un esempio non di virtù (caratteristica che sarà poi del teatro religioso a partire da quello medievale) ma di caratteristiche positive, si trovava di fronte ad una sfida che poteva culminare con la sua morte e successiva resurrezione per mezzo delle arti magiche di un altro personaggio e alla quale succedeva un festeggiamento collettivo.[4]

Teatro medievale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro medievale.
 
Un pageant utilizzato nel Ciclo di Chester

Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente ed il successivo imporsi della cultura e civiltà cattolica in Europa, le forme teatrali pagane furono aspramente combattute dalla Chiesa, che le considerava sinonimo di pericolosità per la moralità sociale. Sopravvissero, nell'alto medioevo, giullarate e spettacoli di intrattenimento di menestrelli e buffoni, ma il materiale al loro riguardo è piuttosto scarso e, in genere, si tratta di fonti storiche di seconda mano.

Il teatro risorse come fenomeno religioso grazie all'interpretazione delle Sacre scritture in forma drammatica, impersonate da laici all'interno delle chiese e via via spostatesi all'esterno di esse, su sagrati e piazze pubbliche. Grazie ai pageants, carri mobili sui quali avveniva una rappresentazione, lo spettacolo divenne itinerante e nacquero vere e proprie compagnie teatrali, senza alcun riconoscimento professionale o sociale, che portarono i propri repertori di matrice religiosa in giro per le città. Il fenomeno delle rappresentazioni di carattere religioso ebbe vasta diffusione in tutta la penisola britannica tra il XIII ed il XV secolo, per poi essere abolite da Enrico VIII nel 1548 e riprese da Maria Tudor, che le vide di nuovo proibite da Elisabetta I a causa del differente, seppur non fervente, orientamento religioso.[5]

 
Un diagramma illustra la disposizione delle mansiones nel The Castle of Perseverance

Le Sacre rappresentazioni ebbero in Inghilterra il loro apice con i mystery plays (anche detti miracle plays) e i morality plays: mentre i primi erano la drammatizzazione delle vite dei santi e delle vicende bibliche più celebri, i secondi portavano in scena la lotta dell'uomo contro le passioni e la lotta contro di esse delle virtù, rappresentate entrambe in scena da attori reali con l'ausilio di una sempre più precisa e spettacolare scenografia. Mentre in Inghilterra prevaleva l'uso di stazioni tra loro separate, ognuna rappresentante un differente luogo scenico, in Scozia si utilizzava il palcoscenico alla francese, costituito da un solo lungo praticabile sullo sfondo del quale erano dipinte o costruite i vari ambienti in successione.[6] Si calcola che nel periodo di massima diffusione si tennero nell'intera Gran Bretagna rappresentazioni in oltre 125 città[5]: ci sono pervenuti molti testi scritti di esse, alcuni dei quali organizzati in cicli che presero il nome delle città di allestimento: tra i più celebri miracle plays si ricordano il Ciclo di Chester (della metà del Trecento), il Ciclo di York (successivo al 1350), il Ciclo di Wakefield (1425 circa) ed il Ciclo di N-Town (1468). Dal lato delle moralities, il più celebre rimane l'Everyman del tardo XV secolo mentre il più antico e lungo è il The Castle of Perseverance, sempre dello stesso secolo.

Proprio grazie alla sempre maggiore diffusione di queste forme di sacra rappresentazione le compagnie laicali che le allestivano iniziarono a costituirsi come vere e proprie compagnie professioniste, sebbene il loro repertorio fosse limitato ed il loro riconoscimento sociale nullo. Certo è che la scenotecnica ebbe invece notevoli sviluppi.

Il teatro pagano e popolare, demonizzato dalla Chiesa, sopravvisse in minima parte nei Mummer's plays di origine arcaica, e negli spettacoli dei giullari e trovatori, il cui luogo d'esibizione deputato erano le corti dei signori inglesi, dalla cui struttura deriverà poi la forma architettonica particolare del teatro elisabettiano.

Rinascimento

Nel periodo che va dalla fine del XV secolo alla metà di quello successivo, coincidente con lo sviluppo del rinascimento inglese, ebbero vasta risonanza gli interludi, forme drammatiche di intrattenimento agite alle corti dei nobili di derivazione dalle moralities ma di argomento non religioso: al contrario delle moralità classiche, il ruolo del protagonista era del signore che ospitava lo spettacolo, e che lo vedeva non alla ricerca della salvezza eterna dell'anima, bensì della felicità terrena, discostandosi così enormemente dalle finalità del teatro religioso.[7] Non di rado in essi era contenuta una propaganda politica: poiché prendevano spunto dalla contemporaneità, accadeva che l'autore prendesse posizione nei confronti di un accadimento come nel King John di John Bale, nel quale l'autore dichiarava la tesi dell'omicidio di Giovanni Senzaterra da parte dell'arcivescovo di Canterbury. Nella drammaturgia degli interludi vi è inoltre la possibilità di scorgervi elementi di derivazione classica, soprattutto degli autori latini e della novellistica italiana, che rimarrà un punto di riferimento anche per la produzione drammatica successiva.

La presentazione scenica degli interludi era caratterizzata dal dialogo di più attori con un accompagnamento musicale composto sovente da piffero e tamburino[6]. Degli interludi possediamo circa 80 frammenti di copioni che coprono un arco temporale che va dal 1466 al 1576.[8] Tra i maggiori autori del genere vanno ricordati innanzitutto John Heywood, John Rastell, Henry Medwall, John Redford, Nicholas Udall.

Gli interludi, per il loro carattere politicizzato e colto, erano indirizzati ad un pubblico ben preciso: sullo stesso stile, ma di argomento comico e leggero, si inserivano le farse, rappresentate nelle piazze per il popolo.[9]

Di derivazione medievale fu il masque, genere teatrale nato in principio da un carnascialesco corteo di maschere che, accompagnate da musica, allietavano le serate dei nobili e trasformato poi in una vera e propria opera teatrale da Ben Jonson, che vi costruì impianti drammaturgici tali da renderlo celebre autore di tali spettacoli.

Il teatro elisabettiano

  Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro elisabettiano.
 
Un teatro elisabettiano

Il teatro elisabettiano fu uno dei momenti di maggiore intensità del teatro inglese. Sotto questo nome si suole identificare la produzione teatrale collocata tradizionalmente fra il 1558 e il 1625, durante i regni dei sovrani britannici Elisabetta I d'Inghilterra e Giacomo I d'Inghilterra. Il termine, nella sua accezione di teatro rinascimentale inglese, si estende ai fenomeni teatrali fioriti nel periodo che va dalla riforma anglicana alla chiusura dei teatri nel 1642, a causa del sopraggiungere della Guerra Civile, comprendendo quindi anche buona parte del regno di Carlo I. La produzione del periodo successivo al 1603 (anno della morte della regina) è talvolta definita in modo distinto come il teatro dell'età giacobita (jacobean) e presenta caratteri differenti dal precedente, di cui è l'evoluzione.

Il teatro di tutto il periodo viene tradizionalmente associato a due grandi figure: la regina Elisabetta, da cui trae il nome, e il drammaturgo William Shakespeare, massimo esponente di questo periodo e considerato tuttora uno dei maggiori autori teatrali a livello mondiale.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Età elisabettiana.
 
Christopher Marlowe

Sotto il regno di Elisabetta l'Inghilterra vide, nonostante gli attacchi dei puritani che non gradivano l'arte teatrale poiché vi scorgevano i tratti dei attività ludiche che potessero allontanare i fedeli dal credo, una fioritura impressionante delle attività connesse allo spettacolo: l'associazionismo portò alla nascita di numerose compagnie configurate come un organismo moderno con tanto di autore, attore e scenografi, che prendevano sovente il nome del nobile finanziatore ricevendone quindi una protezione più o meno ufficiale. Nacque la figura dell'impresario teatrale, quando il teatro si configurò come una vera e propria attività commerciale: sorsero, nonostante le difficoltà del caso, strutture teatrali debitrici nella forma e logistica delle vecchie sale dei nobili dove si svolgevano spettacoli di puro intrattenimento. Questi luoghi, chiamati playhouses, erano aperti al pubblico ed erano distanti, per rozzezza, dai raffinati teatri europei che stavano sorgendo nel resto del continente, il cui momento di massimo splendore fu rappresentato dalla concezione dello spazio del teatro all'italiana. Tra le numerose strutture teatrali vi erano il celebre Globe Theatre, il The Curtain, il The Rose ed altri ancora.

La produzione teatrale scritta destinata ad un pubblico d'élite prese il nome di University Wits (tradotto, ingegni universitari), intendendo con questa una schiera di drammaturghi che alzarono il livello medio della drammaturgia d'epoca, inserendovi riferimenti colti e attingendo alla propria cultura universitaria. Tra questi vanno ricordati John Lyly, Thomas Lodge, Christopher Marlowe, Robert Greene, Thomas Nashe, George Peele.[10]

Lontano dalla formazione universitaria fu invece Thomas Kyd, di cui ci rimane il testo La tragedia spagnola che si configura come la prima tragedia di vendetta (revenge tragedy).

William Shakespeare

  Lo stesso argomento in dettaglio: William Shakespeare.
 
William Shakespeare

William Shakespeare (1564-1616) è considerato all'unanimità uno dei maggiori drammaturghi a livello mondiale, per la ricchezza delle sue opere e l'universalità dei messaggi dalle forti tinte contenuti in essi.

Dei suoi lavori ci sono giunte diverse tra tragedie, commedie e drammi storici, per un totale di 37 opere:
Tragedie: Romeo e Giulietta, Macbeth, Re Lear, Amleto, Otello, Tito Andronico, Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra, Coriolano, Troilo e Cressida, Timone di Atene.

Commedie: La commedia degli errori, Tutto è bene quel che finisce bene, La dodicesima notte, Come vi piace, Sogno di una notte di mezza estate, Molto rumore per nulla, Misura per misura, La tempesta, La bisbetica domata, Il mercante di Venezia, Le allegre comari di Windsor, Pene d'amore perdute, I due gentiluomini di Verona, Pericle principe di Tiro, Cimbelino, Il racconto d'inverno.

Drammi storici: Riccardo III, Riccardo II, Enrico VI, parte I, Enrico VI, parte II, Enrico VI, parte III, Enrico V, Enrico IV, parte I, Enrico IV, parte II, Enrico VIII, Re Giovanni.

Altri interpreti

 
Inigo Jones ritratto da Anthony van Dyck

In particolar modo nell'età elisabettiana si ebbe la fioritura di numerose compagnie teatrali, come i The Admiral's Men o i Lord Chamberlain's Men, oltre che di figure di spicco come gli impresari James Burbage e Philip Henslowe. Compagnie di giro, che si produssero in tournée europee furono quella di Robert Browne[11], allievo del celebre attore Edward Alleyn, altro celebre protagonista dell'epoca. Altra compagnia fu quella di George Webster, mentre pare che un certo John Kempe fu celebre in Italia agli inizi del 1600.[11]

Giunto il genere del masque al momento del suo massimo splendore, acquisì fama e importanza nel campo teatrale il nome dello scenografo ed architetto Inigo Jones, al quale di accreditano importanti innovazioni in campo scenico quali l'inserimento dell'arco di proscenio, fino ad allora non utilizzato in Inghilterra, o lo studio e l'applicazione delle quinte prospettiche sul palcoscenico.

Dal punto di vista della produzione drammatica, oltre a Shakespeare agirono per le scene numerosi autori, alcuni dei quali di stampo profondamente classicheggiante quali Samuel Daniel, William Alexander, Fulke Greville, Lord Brooke e William Alabaster, che si rifacevano ai moduli tragici senechiani[12] e le cui opere, di rado rappresentate, erano destinate ad una cerchia elitaria distante dalle rumorose playhouses. Il gusto degli spettatori si spostò pian piano sulla tragicommedia, sebbene tragedie e commedie furono ancora rappresentate fino alla chiusura dei teatri nel 1660 per volere dei puritani.

 
John Fletcher
 
Francis Beaumont

Di altro stampo erano gli autori di mestiere i quali, ad eccezione di Thomas Dekker, possedevano una buona cultura di base pur senza farne puro esercizio di stile: la loro produzione era quindi finalizzata essenzialmente alla rappresentazione. Francis Beaumont e John Fletcher lavorarono in alcuni drammi in coppia e Fletcher in particolare collaborò con Shakespeare nella stesura de I due nobili congiunti. Sebbene Beaumont fosse più dotato di Fletcher[13] fu quest'ultimo ad assicurarsi larga fama presso i contemporanei.

Dall'apice del teatro elisabettiano si giunse poi ad un sostanziale inaridimento della drammaturgia[14], sebbene vi siano autori che si siano ampiamente distinti nel loro lavoro. La ricerca di precise fonti sul loro lavoro è però difficile, anche a causa della distruzione di numerosi fonti storiche nell'incendio di Londra del 1666.

George Chapman fu autore di varie commedie e tragedie di stampo ampolloso e stereotipato[12] mentre John Marston lo fu di tragedie ideate per gruppi di fanciulli. Della produzione di Thomas Heywood ci sono giunti 24 lavori di cui uno, A Woman Killed wirh Kindness, si configura come dramma domestico, mentre autore principalmente di city comedies fu Thomas Middleton, la cui produzione è di difficile attribuzione per la elevata quantità di collaboratori di cui si serviva per completare le proprie opere.

Note

  1. ^ (EN) Breve descrizione dei Mummers dal sito del Traditional Drama Research Group dell'Università di Sheffield.
  2. ^ (EN) I Soul-cakers di Antrobus da Answer.com
  3. ^ L'elenco delle denominazioni è ripreso pedissequamente da Joseph Macleod. Storia del teatro britannico. Sansoni, Firenze 1958, pag. 11.
  4. ^ Joseph Macleod. Storia del teatro britannico. Sansoni, Firenze 1958, pag. 11.
  5. ^ a b Masolino D'Amico. Storia del teatro inglese. Newton & Compton, Roma 1995, pag. 11.
  6. ^ a b Joseph Macleod. Storia del teatro britannico. Sansoni, Firenze 1958, pag. 14.
  7. ^ (EN) Gli interludi, dal sito dell'Università di Dusseldorf.
  8. ^ Masolino D'Amico. Storia del teatro inglese. Newton & Compton, Roma 1995, pag. 16.
  9. ^ (EN) Moralities, Interludes and Farces of the Middle Ages di Martha Fletcher Bellinger, originariamente in Martha Fletcher Bellinger, A Short History of the Drama, Henry Holt and Company, New York 1927, pp. 138-44.
  10. ^ (EN) University Wits, dal sito dell'Internet Shakespeare Edition dell'Università di Victoria.
  11. ^ a b Joseph Macleod. Storia del teatro britannico. Sansoni, Firenze 1958, pag. 23.
  12. ^ a b Masolino D'Amico. Storia del teatro inglese. Newton & Compton, Roma 1995, pag. 34.
  13. ^ Masolino D'Amico. Storia del teatro inglese. Newton & Compton, Roma 1995, pag. 37.
  14. ^ Joseph Macleod. Storia del teatro britannico. Sansoni, Firenze 1958, pag. 24.