Francesco Baracca

aviatore italiano (1888-1918)
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Francesco Baracca (Lugo di Romagna, 9 maggio 1888Nervesa della Battaglia, 19 giugno 1918) è stato un'asso dell'aviazione italiana e medaglia d'oro nella Prima guerra mondiale.

Francesco Baracca a fianco del suo velivolo

Biografia

Si formò alla Scuola Militare di Modena, corpo di Cavalleria.

Nel 1912, tenente dei Lancieri, passava in aviazione. Si distinse presto per l'eccezionale abilità nelle tecniche acrobatiche.

Il 7 aprile 1916 abbatteva il primo apparecchio austriaco.

Il 19 giugno 1918 precipitava con l'aereo in fiamme, durante la battaglia del solstizio, nel corso di una missione di mitragliamento a bassa quota, sopra Colle Val Dell'Acqua, sul Montello (tra Nervesa della Battaglia e Giavera del Montello), abbattuto probabilmente da un colpo di fucile sparato da terra, mentre con il suo SPAD S.XIII sorvolava le trincee austriache.

I duelli e la concezione del combattimento

Partecipò a 63 combattimenti aerei, abbattendo 34 velivoli nemici.

Il suo primo abbattimento venne effettuato sopra il cielo di Gorizia: dopo vari minuti di ingaggio riuscì a portarsi con una cabrata in coda al velivolo avversario che, ricevuti 45 colpi, non ebbe scampo e precipitò. Baracca atterrò subito nei pressi dello schianto per sincerarsi delle condizioni del pilota nemico e congratularsi con lui per il combattimento.

Questo gesto da parte di Baracca non fu isolato, infatti sosteneva «è all'apparecchio che io miro non all'uomo».

In una lettera scritta alla madre ebbe a esprimere tutto il suo dolore per l'uso di pallottole traccianti, dopo avere visto un aviatore austriaco, avvolto dalle fiamme, gettarsi nel vuoto da alta quota. Baracca riteneva che le moderne armi d'ingaggio stavano rendendo più crudeli i metodi di combattimento.

L'ultimo abbattimento fu a Borgo Malanotte nei pressi di Tezze di Piave, mentre stavano arrivando le truppe austriache, tanto che le nostre retroguardie in ritirata segnalarono al pilota di non scendere a visionare l'aereo abbattuto, dato l'imminente arrivo del nemico.

Tesi sulla scomparsa

Recentemente è stata avanzata una tesi secondo la quale Baracca piuttosto che bruciare con il velivolo o essere fatto prigioniero abbia preferito suicidarsi (il corpo, ustionato in più punti, presentava una ferita di pallottola sulla tempia destra), mentre da tempo esiste la rivendicazione dell'abbattimento da parte di un pilota austriaco[1], ma nessuna di queste due tesi sembra supportata da elementi concreti. Alle due tesi se ne è aggiunta ultimamente un'altra, ossia che un tiratore austriaco appostato su un campanile lo abbia colpito. In ogni caso, nei giorni del ritiro delle truppe austriache da Bavaria e Nervesa per raggiungere la sinistra Piave, un giornalista di guerra appresso alle truppe italiane disse che fu difficile localizzare l'aereo caduto, poiché era finito in una fitta radura di alberi, da cui la certezza che il nemico non lo avesse trovato. Inoltre la stampa austriaca, in quei giorni di combattimento, non se ne era occupata, tanto che qualcuno sperava di trovarlo ancora in vita, magari ferito e nascosto da qualche parte. Il re aveva mandato ai suoi genitori un telegramma che auspicava una risoluzione positiva, speranza che si infranse solo di fronte al ritrovamento del cadavere e dell'aereo caduto. La bara fu trasferita ad Istrana, paese vicino all'Aeroporto di S.Cristina di Quinto da cui partì (all'ingresso della strada dove si trovava l'aeroporto si trova ancora l'ala del suo aereo). Al suo passaggio parteciparono le autorità civili e militari, oltre che la gente del paesino. Poi la salma venne trasportata a Lugo di Romagna, dove si svolsero i funerali ufficiali.

L'insegna personale

L'insegna personale di Baracca, che l'asso faceva dipingere sulle fiancate dei suoi velivoli, era il famoso cavallino rampante, sul cui colore esatto esiste un piccolo mistero. Diversi indizi sembrano infatti indicare che il colore originario del cavallino fosse il rosso, tratto per inversione dallo stemma del 2° Reggimento "Piemonte Reale Cavalleria" di cui l'asso romagnolo faceva parte, e che il più famoso colore nero fu invece adottato in segno di lutto dai suoi compagni di squadriglia solo dopo la morte di Baracca.

Qualche anno dopo il termine la Prima guerra mondiale, nel 1923, la madre di Francesco Baracca donò ad Enzo Ferrari il suo emblema che, modificato nella posizione della coda e del colore dello sfondo, ora giallo, prima ornò le macchine della scuderia da corsa della Alfa Romeo, che Ferrari stesso aveva fondato nel 1929, e, quando questa si sciolse, andò a ornare le vetture della ditta che il Ferrari fondò subito dopo la seconda guerra mondiale: ancora oggi è il simbolo dell'omonima casa automobilistica.

Meno conosciuto è il fatto che anche la Ducati utilizzò il cavallino rampante (pressoché identico a quello della Ferrari) sulle proprie moto dal 1956/57 al 1960/61. Il marchio fu scelto dal celebre progettista della Ducati Fabio Taglioni che era nato a Lugo di Romagna come Baracca.

 
Lapide all'interno del tempietto eretto sul luogo dove è precipitato

Sul luogo dell'abbattimento esiste tuttora un monumento (vicino a Nervesa della Battaglia), con una dedica di Gabriele D'Annunzio.

Il rapporto con D'Annunzio

D'Annunzio, aviatore pure lui, era "amico" di Baracca e, nell'incontrarlo, cercava spesso di carpire il metodo usato per abbattere gli aerei nemici, quasi si trattasse di un trucco che il Baracca voleva tenere per sé. Lo stesso Baracca si rendeva conto che il D'Annunzio, poco convinto della tecnica di abbattimento che si concentrava sull'abilità del pilota, cercava ogni volta di rifargli le stesse domande, per trovare qualche contraddizione nella risposta.

Il velivolo

Il velivolo SPAD S.XIII di Francesco Baracca, recuperato e restaurato, è esposto provvisoriamente presso un centro commerciale a Castelfranco Veneto.

Le onorificenze

«Primo pilota da caccia in Italia, campione indiscusso di abilità e di coraggio, sublime affermazione delle virtù italiane di slancio e di audacia, temprato in sessantatré combattimenti, ha già abbattuto trenta velivoli nemici, undici dei quali durante le più recenti operazioni. Negli ultimi scontri, tornò due volte col proprio apparecchio colpito e danneggiato da proiettili di mitragliatrici.[2][3]»
— Cielo dell’Isonzo, della Carnia, del Friuli, del Veneto e degli Altipiani, 25 novembre 1916, 11 febbraio, 22, 25, 26 ottobre, 6, 7, 15, 23 novembre, 7 dicembre 1917
«Nell'occasione d'una incursione aerea nemica, addetto al pilotaggio d'un aeroplano da caccia, con mirabile sprezzo del pericolo, arditamente affrontava un potente aeroplano nemico e, dando prova di alta perizia aviatoria e di grande sangue freddo, ripetutamente lo colpiva col fuoco della propria mitragliatrice fino a causarne la discesa precipitosa nelle nostre linee. Per impedire che gli aviatori nemici distruggessero l'apparecchio appena atterrato, discendeva anch'egli precipitosamente raggiungendo lo scopo e concorrendo alla pronta cattura dei prigionieri.[2]»
— Cielo di Medeuzza, 7 aprile 1916
«Pilota aviatore addetto ad una squadriglia da caccia, con sereno sprezzo di ogni pericolo e grande sangue freddo dando prova di molta perizia aviatoria, affrontava potenti aeroplani nemici, concorrendo molto efficacemente, con altro apparecchio da caccia, a determinare la caduta precipitosa di due velivoli avversari: l'uno in territorio nemico fra Bucovina e Ranziano, l'altro entro le nostre linee a Creda, gesso Caporetto.[2]»
— Cielo di Gorizia 23 agosto 1916, cielo di Caporetto, 16 settembre 1916
«Pilota aviatore addetto a una squadriglia da caccia, con sereno sprezzo di ogni pericolo e grande sangue freddo, dando prova di rara perizia aviatoria, affrontava un potente e bene armato aeroplano nemico, riuscendo con ben diretto fuoco di mitragliatrice a determinarne la caduta in territorio nazionale. Già distintosi in altro fiero combattimento aereo sostenuto nel cielo di Tolmezzo il 25 novembre 1916, combattimento che ebbe per risultato l'abbattimento dell'avversario.[2]»
— Cielo di Udine, 11 febbraio 1917
«Informato con altri aviatori che un aeroplano nemico volteggiava con insistenza sopra Monte Stol e Monte Stariski per regolare il tiro delle proprie batterie montato su un velivolo da caccia arditamente affrontava l'apparecchio avversario che strenuamente si difese con una mitragliatrice e con un fucile a tiro rapido, e dopo una brillante e pericolosa lotta concorreva ad abbatterlo rimanendo ucciso l'ufficiale osservatore e ferito mortalmente il pilota.[2]»
— Monte Stariski, 16 settembre 1916
«Onorificenza conferita con regio decreto numero 50 del 5 agosto 1917.[4]»
— di Francesco Baracca
Croce di guerra francese con palme
Croce militare britannica (Military Cross)
Medaglia al valore serba

Intitolati

L'odierno ex aeroporto militare con sede a Centocelle (Roma) porta oggi il suo nome ed è sede del Comando Squadra Aerea (CSA) e del Comando Operativo di vertice Interforze.

L'attuale 9° Stormo Caccia dell'Aeronautica Militare, con sede a Grazzanise (CE), porta il suo nome ed emblema, che è anche presente negli stemmi dei Gruppi Caccia 10° e 12°, mentre è presente a colori invertiti (cavallino bianco in campo nero) negli stemmi del 4° Stormo e del 9° Gruppo Caccia.

Note

  1. ^ Il bollettino di guerra austro-ungarico del 3 luglio 1918 attribuì l'abbattimento al tenente Barrug, con pilota il sergente Kauer, ma la cosa venne immediatamente smentita da parte italiana: «In quel giorno l'aviazione austriaca già completamente battuta dalla nostra, era assente dal cielo della battaglia», boll. uff. 3/7/18, in Diario della guerra d'Italia, Milano, Fratelli Treves, 1924.
  2. ^ a b c d e Sito del museo Francesco Baracca
  3. ^ Medaglia d'oro al valor militare BARACCA Francesco, su quirinale.it, Quirinale. URL consultato il 30-7-2007.
  4. ^ Sito del Quirinale.

Collegamenti esterni

  • Museo che la sua città natale gli ha dedicato.
  • Monumento nella sua città natale
  • Monumento nel luogo in cui il suo aereo precipitò
  • Monumento a Milano
  • Storia dello stemma del "Cavallino Rampante"
  • Il Sacello a F.Baracca a Nervesa della Battaglia"