Cantautore

musicista che scrive, compone e canta il suo materiale musicale compresi testi e melodie
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«Versi di Armando, musica di Gill, cantati da Armando Gill»

Con il termine cantautore (da cantante + autore) si indica colui che interpreta canzoni da sé stesso composte.

Generalmente il "cantautore", perlomeno nei primi tempi, utilizza melodie semplici che acquistano particolare valore in virtù della qualità dei testi utilizzati, spesso erroneamente assimilati alle poesie, quando invece sono tecnicamente altra cosa in quanto creati insieme alla musica in una sorta di simbiosi.

Il testo del cantautore affronta temi sociali, politici, o filosofici, senza trascurare tematiche esistenziali o la sfera dei sentimenti.

La storia

In Italia

In Italia il moltiplicarsi degli esponenti di questa categoria di artisti - cresciuta specialmente nella seconda metà del 1900 - ha portato al formarsi di diverse scuole cantautorali: le più note sono quella genovese, quella romana, la napoletana, la bolognese e la milanese, sebbene il fenomeno si sia poi diffuso su scala nazionale.

La parola cantautore fu creata nell'ambito della casa discografica RCA da Ennio Melis e Vincenzo Micocci nel 1959 per il lancio di Gianni Meccia[1]. Ovviamente, già vi erano stati dei personaggi che scrivevano e cantavano le proprie canzoni, come Domenico Modugno, Odoardo Spadaro, Ettore Petrolini, Rodolfo De Angelis e - andando ancora più indietro nel tempo - Armando Gill, il primo a firmare sia i testi che le musiche delle sue canzoni (come spiegava nella celebre presentazione che faceva precedere ai suoi spettacoli: Versi di Armando, musica di Gill, cantati da Armando Gill).

Non bisogna infine dimenticare l'esperienza torinese dei Cantacronache, con esponenti quali Fausto Amodei, Sergio Liberovici, Michele Straniero e Margot che da un lato recuperano tutta la tradizione della musica popolare italiana, dall'altro producono nuove canzoni, spesso in collaborazione con intellettuali come Italo Calvino ed Umberto Eco, inserendo nei testi delle canzoni nuove tematiche come le morti sul lavoro (La zolfara, del 1959) l'opposizione alla guerra (Dove vola l'avvoltoio, 1961) le lotte operaie (Per i morti di Reggio Emilia, 1960).

 
I Cantacronache; da sinistra a destra: Sergio Liberovici, Fausto Amodei, Michele Luciano Straniero e Margot

I Cantacronache vengono considerati i precursori dell'esperienza dei cantautori italiani; così si è espresso su di loro Umberto Eco:

«Se non ci fossero stati i Cantacronache e quindi se non ci fosse stata anche l’azione poi prolungata, oltre che dai Cantacronache, da Michele L. Straniero, la storia della canzone italiana sarebbe stata diversa. Poi, Michele non è stato famoso come De André o Guccini, ma dietro questa rivoluzione c’è stata l’opera di Michele: questo vorrei ricordare»

Tra i principali cantautori italiani degli anni '60 (spesso influenzati dalla canzone d'autore francese) troviamo Umberto Bindi (solo autore delle musiche, mentre per i testi si appoggiava ad altri, primo fra tutti Giorgio Calabrese), Luigi Tenco, Gino Paoli, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci (il primo che nelle sue canzoni fa diventare protagonisti gli ultimi, dai barboni ai malati di mente, dalle prostitute ai poveri), Piero Ciampi (in realtà solo paroliere, mentre per le musiche si affidava a vari compositori come Gian Piero Reverberi o Gianni Marchetti), Silverio Pisu, i quali hanno saputo riprendere le suggestioni della canzone francese e trasformarle secondo la sensibilità italiana.

Questa prima generazione è influenzata principalmente dalla canzone francese e dalla canzone popolare italiana; a metà del decennio ad essi si affiancano altri cantautori come Lucio Dalla, Gian Pieretti, Francesco Guccini, Mauro Lusini e Roby Crispiano che sono invece influenzati dal beat (con il passare del tempo ed il proseguimento della carriera alcuni di loro come Dalla e Guccini svilupperanno delle caratteristiche musicali e tematiche proprie).

Infine appartengono alla categoria anche alcuni come Gipo Farassino o Nanni Svampa che si sono dedicati per lo più alla canzone dialettale: Svampa forma poi nel 1964 un gruppo, I Gufi, con cui spesso incide canzoni di propria composizione in italiano, ed anche Farassino, alla fine degli anni '60, abbandona spesso il dialetto per scrivere canzoni come l'antimilitarista Ballata per un eroe («Andrò a ingrossare la nutrita schiera/di quelli che aggrappati a una bandiera/son morti bestemmiando di paura/ad occhi chiusi in una notte scura»), Remo la barca, La mia città, Il bar del mio rione, Avere un amico.

Uno dei membri di questa categoria Fabrizio De André, cantautore (anche se, in realtà, la quasi totalità del suo repertorio è stato scritto insieme ad altri artisti[3]) che ha saputo ottenere un gran successo pur mantenendo una ampia indipendenza dalle logiche del mercato discografico. Altri, come Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea, sono stati più legati ad una canzone strettamente politica. Alla fine del decennio emerge un altro cantautore, Ugolino, che si distacca dal genere per avvicinarsi ad un tipo di canzone d'autore, basata su tematiche sociali che vengono espresse in maniera ironica e satirica.

Per quel che riguarda le donne, una delle prime cantautrici è Paola Orlandi, che già nel 1959 scrive il testo e la musica di una canzone che incide, Voglio l'amore; nello stesso periodo iniziano la carriera la sorella Nora Orlandi e Maria Monti (all'epoca fidanzata di Gaber), mentre Margot scrive e canta le sue prime canzoni all'interno dell'esperienza dei Cantacronache di cui fa parte e Giovanna Marini debutta a metà degli anni '60.

Negli anni '70, in concomitanza coi movimenti politici e culturali del periodo, il cantautore inizia ad usare la canzone anche a scopo politico e sociale; musicalmente le influenze si spostano dalla musica francese a quella d'oltreoceano (i principali modelli sono Bob Dylan, Paul Simon e Leonard Cohen). Tra i più importanti esponenti di questo periodo, oltre ai già citati Dalla, De André e Guccini, ci sono un Francesco De Gregori, Claudio Lolli, Edoardo De Angelis, Giorgio Lo Cascio, Ernesto Bassignano, Ivano Fossati (che inizia con il gruppo progressive I Delirium), Rino Gaetano, Edoardo Bennato, Angelo Branduardi, Pino Daniele, Pierangelo Bertoli, Alberto Camerini, Eugenio Finardi, Claudio Rocchi, Massimo Bubola, Renzo Zenobi, Enzo Maolucci, Franco Battiato, Roberto Vecchioni, e Antonello Venditti. In un ambito più commerciale si muovono Claudio Baglioni, Riccardo Cocciante e Renato Zero. Mentre un caso a parte è quello di Lucio Battisti, il quale pur spesso ricordato come cantautore, fu soprattutto musicista e cantante, autore quindi delle musiche delle canzoni da lui cantate, che - dopo essere state scritte - venivano completate dai testi scritti da Mogol.

 
Un'immagine di Paolo Conte al Club Tenco con Francesco Guccini negli anni settanta

Anomalo anche il caso di Paolo Conte, la cui produzione coincide a livello temporale con quella degli artisti citati, ma i cui riferimenti musicali sono il jazz e le grandi orchestre swing degli anni '30 e '40, e spesso i suoi testi descrivono situazioni dell'epoca (Topolino amaranto, Bartali, Diavolo rosso) o semplicemente si identificano in una poetica molto intensa e universale (I giardini pensili hanno fatto il loro tempo, Per quel che vale, Chi siamo noi?, per esempio) senza ricorrere ai soliti e frusti legami con l'attualità o la realtà sociale e politica. Basterebbe questo per fare di Conte già da ora un vero classico. Conte poi, oltre a cantare le sue musiche e i suoi testi, prende generalmente parte all'esecuzione come pianista.

Le cantautrici, al contrario dei colleghi uomini, non riscontrano un grande successo in questo periodo: per questo nomi come quello di Antonella Bottazzi, Roberta D'Angelo, Chiara Grillo, Nicoletta Bauce restano conosciuti solo da una ristretta cerchia di appassionati. Eccezioni: le già citate Maria Monti, legata alla forma teatro-canzone e Giovanna Marini.

Negli anni '80 si affermano interpreti che, seguendo le tendenze dell'epoca, adattano la canzone d'auture a stili quali punk, ska, rap e Rock;
Il filone Rock trova in Vasco Rossi l'interprete di punta; al punk si rifà (almeno inizialmente) Enrico Ruggeri; allo Ska Alberto Camerini mentre Jovanotti porta al successo uno stile rap inizialmente destinato a fasce giovanili come quella dei paninari, per poi ricercare nuovi messaggi destinati ad un'audience più impegnata riguardo alle tematiche sociali.
In modo più o meno marcato altri cantautori come Luca Barbarossa o Mimmo Locasciulli si ispirano a sogwriters quali James Taylor o Tom Waits. In quel periodo ominciano a suscitare un certo interesse anche alcune cantautrici fra le quali Gianna Nannini, legata alla musica rock e d'avanguardia e Grazia Di Michele, influenzata da suggestioni etniche e richiami alle folk singer americane.

Negli anni '90 si affermano autori che coniugano un gusto "postmoderno" ad una qualità dei testi vicina a quella dei loro predecessori. Tra i più rappresentativi ci sono Luciano Ligabue, Samuele Bersani, Daniele Silvestri, Carmen Consoli, Elisa, Max Gazzè, Niccolò Fabi e Max Manfredi, considerato da Fabrizio De André come "il più bravo", e più tardi Pacifico e Carlo Fava. Un caso a parte è costituito dal cantautore Gianmaria Testa, divenuto apprezzato all'estero (specialmente in Francia) prima che in Italia. A fianco a questi nomi esistono cantautori di grande valore che non sono ancora arrivati alla vera affermazione, come Pino Marino, Leo Pari, Mirco Menna, Sergio Bassi, Alessio Lega, Rudy Marra, Isa e molti altri. Di recente si sono affermati Moltheni, Cesare Basile e Vasco Brondi. È da segnalare l'esperienza di Giorgia che dopo il primo album da cantautrice, è stata per molti anni interprete di altri per poi riaffermarsi come cantautrice a partire al 2002.

All'estero

 
Georges Brassens (a destra) con Nanni Svampa

Gli omologhi dei cantautori si ritrovano soprattutto nella canzone francese (Georges Brassens, Boris Vian, Barbara, Georges Moustaki, Charles Aznavour, Jacques Brel, Léo Ferré o - più recentemente - Renaud), nel "folk" e "rock" inglese (Donovan, Cat Stevens e Nick Drake); statunitense (Woody Guthrie, Pete Seeger, Bob Dylan, James Taylor) e canadese (Leonard Cohen, Neil Young, Joni Mitchell).

Sono cantautori anche i catalani, Joan Manuel Serrat e Lluís Llach, il portoghese José Afonso, il cileno Víctor Jara, il guatemalteco Ricardo Arjona.

Nel panorama estero, però, il cantautore non è ugualmente etichettabile; infatti molti celebrati nomi della "musica pop" internazionale sono autori dei brani che eseguono senza per questo essere definiti cantautori.

La parola cantautor esiste anche in spagnolo e in catalano.

Note

  1. ^ Il primo articolo giornalistico in cui è documentata la parola è, allo stato attuale delle ricerche, Chi sono i cantautori?, non firmato, pubblicato su Il Musichiere n° 90 del 17 settembre 1960
  2. ^ Giovanni Straniero e Carlo Rovello, Cantacronache.I cinquant'anni della canzone ribelle, 2008, editrice Zona, pag. 8
  3. ^ Le canzoni di cui De Andrè è autore sia del testo che della musica sono otto in quasi quarant'anni di carriera (fonte: Archivio della SIAE, dopo una scrematura delle 14 che lì risultano, vedi discussione di questa pagina), ma in realtà alcune di queste derivano da musiche di cui i diritti sono scaduti (La canzone dell'amore perduto), o sono di autori non iscritti alla SIAE, come Vittorio Centanaro per La guerra di Piero e Si chiamava Gesù

Voci correlate

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