Debito pubblico

debito dello Stato nei confronti di altri soggetti

Per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o soggetti stranieri, che hanno sottoscritto obbligazioni (come BOT e CCT) destinate a coprire il fabbisogno finanziario statale.

La spesa per gli interessi corrisposti ai detentori delle obbligazioni statali viene indicata come servizio del debito.

Il rapporto debito/PIL

 
Debito pubblico rapportato al prodotto interno lordo nei paesi del mondo al 2007.

Il rapporto tra il debito pubblico ed il Prodotto interno lordo costituisce un importante indice della solidità finanziaria ed economica di uno Stato (come nel caso del Patto di stabilità e crescita vigente nell'Unione Europea).

Relativamente al rapporto tra il debito pubblico ed il Prodotto interno lordo, ci sono quattro possibili casi in cui può trovarsi lo Stato:

  1. In un certo anno il tasso di crescita del PIL risulta minore del tasso di interesse dei titoli di Stato e c'è pure un disavanzo primario in rapporto al PIL, nel senso che le uscite dello Stato sono maggiori delle entrate in rapporto al PIL. In tal caso il rapporto debito/PIL tenderà ad aumentare all'infinito con andamento crescente.
  2. In un certo anno il tasso di crescita del PIL n risulta maggiore del tasso di interesse dei titoli di Stato i, ma c'è ancora un disavanzo primario in rapporto al PIL. In tal caso il rapporto debito/PIL convergerà in modo decrescente verso un certo valore (che si dice "stato stazionario") se e solo se il rapporto debito/PIL iniziale è maggiore dello stato stazionario. In particolare in tal caso, affinché il rapporto debito/PIL decresca, occorre che il PIL cresca a tal punto da rendere la differenza n-i sufficientemente grande e il disavanzo primario sia invece il più piccolo possibile. Se invece il rapporto debito/PIL iniziale è minore dello stato stazionario, il rapporto debito/PIL convergerà sempre verso lo stato stazionario, ma in modo crescente.
  3. In un certo anno il tasso di crescita del PIL n risulta minore del tasso di interesse dei titoli di Stato i, ma si è intervenuti aumentando le tasse, per cui non c'è un disavanzo primario e le entrate sono più delle uscite. In tal caso il rapporto debito/PIL decrescerà annullandosi dopo un certo tempo se e solo se il rapporto debito/PIL iniziale è minore dello stato stazionario. In particolare, affinché il rapporto debito/PIL decresca, occorre che la differenza n-i sia sufficientemente piccola e che le entrate siano sufficientemente grandi. Se invece il rapporto debito/PIL iniziale è maggiore dello stato stazionario, il rapporto debito/PIL tenderà ad aumentare all'infinito con andamento crescente.
  4. In un certo anno il tasso di crescita del PIL risulta maggiore del tasso di interesse dei titoli di Stato e si è intervenuti aumentando le tasse per cui non c'è un disavanzo primario e le entrate sono più delle uscite. In tal caso il rapporto debito/PIL decrescerà rapidamente fino ad annullarsi.

Trattazione matematica

La seguente equazione alle differenze relativa al rapporto debito/PIL afferma che il valore nominale del debito pubblico al tempo t è uguale al valore nominale del debito pubblico dell'anno precedente moltiplicato per (1+i), dove i è il tasso di interesse nominale dei titoli di stato più il disavanzo primario (pari alla differenza tra le uscite e le entrate):[1]

 

Dividendo l'equazione per il PIL e ponendo che l'incremento del PIL dal tempo t-1 al tempo t sia pari a 1+n (essendo n il tasso di crescita del PIL), si ottiene l'equazione alle differenze  

 
 
 

Calcolando   si ottiene:

 

Calcolando   si ottiene:

 

Calcolando   si ottiene:

 

Calcolando   si ottiene:

 

Posto   e posto :

 

si ha:

 

Moltiplicando   per -K si ha:

 

Sommando membro a membro le due equazioni si ottiene:

  da cui si ricava:
 

Pertanto si ha :

 

Ottenuta la successione   è possibile sapere quale sarà il rapporto debito/PIL dopo 1 anno, 2 anni, ..., t anni conoscendo  , i, n e d.

Per valutare in quali casi il debito pubblico in rapporto al PIL è crescente o decrescente, si può rendere la successione   continua, ottenendo in tal modo una funzione di cui si può calcolare la derivata, che risulta uguale a:

 

Primo caso:(d>0 e K>1 e quindi n<i)

Se le uscite dello Stato superano le entrate e il tasso di incremento del PIL è minore del tasso di interesse dei titoli di Stato, si ha:

  e   quindi la derivata è sempre positiva per cui   è sempre crescente e risulta

 

 
  e quindi  .

Secondo caso:(d>0 e K<1 e quindi n>i)

Se le uscite dello Stato superano le entrate ma il tasso di incremento del PIL è maggiore del tasso di interesse dei titoli di Stato, si ha:

  e  

quindi:

  • se la derivata è positiva (ovvero per  ) il rapporto debito/PIL cresce
  • se la derivata è negativa (ovvero per  ) il rapporto debito/PIL decresce.

Il termine   è uno stato stazionario, per cui affinché il debito/PIL decresca è necessario che il debito/PIL iniziale sia maggiore dello stato stazionario e ciò accade se n è sufficientemente grande rispetto a i e se d sia sufficientemente piccolo, in modo che il debito iniziale sia maggiore dello stato stazionario.

Inoltre essendo  , il rapporto debito/PIL converge verso lo stato stazionario (o crescendo o decrescendo).

 
  e quindi  .

Terzo caso:(d<0 e K>1 e quindi n<i)

Se le entrate dello Stato superano le uscite e se il tasso di incremento del PIL è minore del tasso di interesse dei titoli di Stato, si ha:

  e  

quindi

  • se la derivata è positiva (ovvero per  ), il rapporto debito/PIL cresce
  • se la derivata è negativa (ovvero per  ), il rapporto debito/PIL decresce.

Il termine   è uno stato stazionario, per cui, affinché il rapporto debito/PIL decresca, è necessario che il rapporto debito/PIL iniziale sia minore dello stato stazionario e ciò accade se n è quasi uguale ad i e se d è sufficientemente grande, in modo che il debito iniziale sia minore dello stato stazionario.

Inoltre   quando il rapporto debito/PIL cresce, mentre si ha che   quando il rapporto debito/PIL decresce; infatti calcolando la forma indeterminata del tipo   si ottiene come risultato  , per cui in tal caso dopo un certo tempo il rapporto debito/PIL si annulla.

 
  e quindi  .

Quarto caso: (d<0 e K<1 e quindi n>i)

Se le entrate dello Stato superano le uscite e il tasso di incremento del PIL è maggiore del tasso di interesse dei titoli di Stato, si ha:

  e  

quindi la derivata è sempre negativa, per cui   è sempre decrescente e risulta:

 

per cui dopo un certo periodo di tempo il rapporto debito/PIL si annulla.

Il finanziamento con tagli e imposte, e lo spiazzamento

  Lo stesso argomento in dettaglio: Elenco di Stati per debito pubblico.

L'esigenza di tenere sotto controllo l'espansione del debito pubblico ha due principali motivazioni:

  • La prima è di carattere finanziario e attiene alla difficoltà di finanziare il debito pubblico quando questo cresce troppo velocemente. Se cala la fiducia dei sottoscrittori dei titoli circa la capacità del debitore di pagare gli interessi e di restituire il capitale, il finanziamento del debito può avvenire solo corrispondendo interessi più elevati. Analogo aumento degli interessi avviene quando cresce la tassazione del risparmio, che diminuisce l'interesse netto che resta in tasca al risparmiatore. L'imposizione fiscale aggiunge poi un effetto spiazzamento.

Se la spesa per interessi aggrava il deficit pubblico, facendo ulteriormente aumentare il debito, può innescarsi un circolo vizioso in cui all'aumento vorticoso del debito corrisponde un aumento della spesa per interessi, dei deficit e quindi del debito pubblico.

Il taglio della spesa corrente per finanziare il debito ha effetti negativi sul gettito fiscale, poiché la spesa pubblica è uno strumento per riuscire a stimolare la crescita economica.

  • La seconda motivazione riguarda il cosiddetto effetto spiazzamento. Se una parte dei risparmi privati finisce col finanziare il debito pubblico, si sottraggono risorse agli investimenti privati, con conseguenze negative sulla crescita dell'economia. È l'effetto spiazzamento. È pur vero che queste somme sono distribuite ai detentori dei titoli, che sono imprese, privati e banche che possono tornare a prestare questo denaro per finanziare lo sviluppo.

L'Argentina, a seguito dell'impugnazione del suo debito, ha emesso una particolare modalità di finanziamento del debito pubblico, per il quale emette dei titoli di debito più complessi dei tradizionali bond. Si tratta di warrant che pagano l'interesse soltanto se la crescita del PIL misurata a fine anno (non quella prevista) supera il 4.2%; il capitale, come per i normali titoli di Stato, è garantito al 100%, mentre non lo è la quota interessi. Questo ragionamento vale solo nella misura in cui lo Stato, come appunto fatto dalla stessa Argentina, non dichiari default (cessazione dei pagamenti). In questo modo l'andamento del debito pubblico è legato alla crescita della ricchezza reale della nazione, e si evita quanto accadeva in passato, quando lo Stato doveva contrarre debiti non per investimenti produttivi che potevano arricchire il Paese, ma per ripagare i detentori di titoli quando le tasse sul reddito prodotto di cittadini e imprese non erano un gettito sufficiente. Si deve anche considerare che troppo spesso i finanziamenti produttivi, ovvero destinati agli investimenti ed allo sviluppo, sono stati dirottati verso la copertura del deficit pubblico stesso, inteso come spesa corrente dello Stato, innescando un circolo vizioso. Un altro circolo vizioso propulso dalla corruzione politica ha permesso a una piccola minoranza del paese di lucrare ingenti quantità di capitali successivamente esportati all'estero, prevalentemente in Svizzera, il welfare veniva mantenuto perché finanziato con i bond emessi all'estero. L'Argentina a tutt'oggi mantiene lo status di default, è stata estromessa dai mercati finanziari internazionali, è stata condannata per comportamento criminale, avendo occultato le sue riserve prima di dichiarare default, mantiene oltre 150 miliardi di dollari all'estero. Recentemente l'Argentina ha operato un altro default sui titoli INDEC di cui sopra, tramite una abile manipolazione dell'indice di riferimento dei prezzi su cui sono calcolate le cedole il paese è riuscito a pagare il mezzo per cento sui titoli, un rendimento di fatto negativo che espropria i risparmiatori del loro capitale.

Insolvenza dei titoli di stato

Di solito i titoli di stato sono considerati titoli a basso rischio, equiparati pertanto alla moneta. Tuttavia non mancano casi di insolvenza: la Spagna dichiarò bancarotta per 16 volte fra metà ottocento e il novecento. Di recente il governo argentino ha rifiutato di pagare i detentori di titoli ed ha cambiato moneta, togliendo al peso argentino corso legale. Con questo atto l'Argentina, rifiutandosi di pagare i vecchi creditori, ha dichiarato unilateralmente di aver azzerato il debito pubblico nella vecchia valuta. In realtà, l'Argentina è stata portata dai creditori nei tribunali internazionali (USA e Germania), ed inoltre sta subendo un'azione mossa presso la Camera Arbitrale (ICSID) della Banca Mondiale. I bond (obbligazioni) argentini, a causa del default (cessazione dei pagamenti) decretato e ancora non risolto, non hanno accesso al mercato nelle borse internazionali, essendo costretti al mercato domestico sotto legislazione argentina.

Debito estero

Più critica è la situazione quando i titoli da ripagare sono in possesso di stranieri, cui si pagano gli interessi sul debito. In questo caso, si ha una fuoriuscita di capitali dal paese.

Debito interno

Il debito interno si contrae quando lo stato prende in prestito del denaro attraverso titoli di natura domestica (regolati secondo la giurisdizione locale) sia in valuta locale che in valuta estera.

Note

  1. ^ Roger Farmer, Macroeconomia, McGraw-Hill (p. 269)

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