Charlie Hebdo

periodico settimanale satirico francese

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Charlie Hebdo è un periodico settimanale satirico francese di tradizione libertaria e repubblicana, dallo spirito caustico e irriverente, che conserva una grande reputazione nella sinistra transalpina. Difatti, se i bersagli principali della sua satira sono spesso idee e personaggi del centro-destra, non è comunque compiacente con i partiti di sinistra, siano o meno al governo. L'azione di critica è rivolta in primis alla difesa delle libertà individuali, civili e collettive, com'è difeso il diritto alla libertà d'espressione a partire dal proprio interno: non è infatti raro che i differenti redattori si siano trovati in disaccordo su temi più o meno importanti, per esempio in occasione del Referendum sulla Costituzione Europea. Attualmente il redattore capo è Philippe Val. È considerato il corrispettivo de Il Vernacoliere di Livorno.

Le sede del Charlie Hebdo a Parigi

Storia

Prima di Charlie Hebdo

La storia di Charlie Hebdo comincia con Hara-Kiri. Nel 1960, Georges Bernier, alias Professeur Choron et François Cavanna lanciano il mensile Hara-Kiri, « journal bête et méchant » [giornale cattivo e bestiale]. Choron ne sarà il direttore. Cavanna, redattore capo, costruire progressivamente una squadra comprendente Topor, Fred, Reiser, Wolinski, Gébé, Cabu. La pubblicazione sarà interdetta dalla magistratura nel 1961 e nuovamente nel 1966. Quest'ultimo divieto verrà tolto sei mesi più tardi, ma allora certi collaboratori non ritornarono alla redazione (come Gébé, Cabu, Topor, Fred), mentre arrivarono Delfeil de Ton, Fournier et Willem.

Nel 1969 lo stesso gruppo, sotto la guida di Cavanna, decise di trasformare il mensile in settimanale. Gébé e Cabu tornarono nel gruppo. Nel Febbraio 1969 venne lanciato Hara-kiri-hebdo che più avanti, nel maggio 1969, prenderà il nome di L'hebdo hara-kiri.

Nel novembre 1970 il generale Charles de Gaulle muore, mentre dieci giorni prima un incendio in una discoteca aveva causato 146 morti. In quell'occasione l'Hebdo titolò in copertina «bal tragique à Colombey - un mort» [Tragico ballo à Colombey - un morto]. A causa di ciò la pubblicazione dell'Hebdo hara-kiri venne bloccata dal Ministro dell'Interno. Senza considerare l'interdizione, il gruppo decise che le pubblicazioni sarebbero continuate, aggirando il divieto cambiando il nome del giornale in Charlie Hebdo. Il nuovo titolo derivava dal mensile Charlie, che Bernier e Delfeil de Ton avevano lanciato nel 1968.

"Charlie" deve il suo nome anche ai Peanuts: Delfeil de Ton fu il redattore capo per un anno del "Charlie Mensuel" e pubblicò, introducendoli in Francia, i Peanuts di Charles M. Schulz. C'è un riferimento a Charlie Brown come quel mensile « pieno di humour e di fumetti », e venne perciò nominato Charlie (alla stregua di Linus che darà il nome ad una rivista italiana). Charlie Hebdo continuerà le pubblicazioni con lo stesso titolo e non riprenderà mai i suoi appellativi iniziali (Hara-kiri hebdo o l'hebdo Hara-kiri). Il direttore delle pubblicazioni era Georges Bernier. Il redattore capo Cavanna, nominato dall'intera équipe « ange di tutela ».

Nel dicembre 1981, a causa della diminuzione dei lettori, la pubblicazione fu fermata. Il giornale, infatti, non aveva abbastanza introiti pubblicitari, ma sopratutto non aveva un numero sufficiente di abbonati (principale fonte di sostentamento).

La vicinanza tra il Charlie Hebdo pubblicato nel 1992 e quello degli anni passati è da considerarsi più intellettuale che legittima.

Anche se due disegnatori, Gébé et Cabu, reduci da Hara-kiri collaborarono a La Grosse Bertha (editore: Jean-Cyrille Godefroy), questo settimanale creato nel 1991 non ha un vero legame con Hara-kiri / Charlie Hedbo, né lo hanno le éditions du Square. È con la scissione dalla Grosse Bertha che, Philippe Val, Gébé, Cabu e alcuni giovani disegnatori talentuosi iniziarono a perseguire un solo progetto, quello di creare il loro proprio settimanale.

É allora che, davanti alle difficoltà di una tale impresa, faranno appello agli anziani Cavanna, Delfeil de Ton e Wolinski, sollecitando la loro collaborazione. Questi accetterano senza esistare. Nel corso di una riunione-banchetto, alla ricerca di un tiolo, Wolinski propose «et pourquoi pas Charlie Hebdo?» [e perché non Charlie Hebdo?]: la proposta fu immediatamente accetata.

Philippe Val, Gébé e Cabu procurarono il capitale per finanziare il primo numero. Fu creata una società per azioni. Detenendone l'80%, i 3 si resero praticamente i proprietari del giornale e ne assicurano l'indipendenza politica.

É così che Charlie Hebdo nuova versione naque nel luglio 1992. Per il suo lancio beneficiò della prestigiosa notorietà del Charlie Hebdo storico, tantopiù che vi si ritrovarono le firme d'avanguardia degli anni '70: Cavanna, Delfeil de Ton, Gébé, Wolinski, Cabu e un formato identico. Fu presentato e accolto non come un nuovo settimanale ma come il seguito, la ricomparsa del predecessore. Si dice che siano stati venduti 100.000 esemplari del primo numero: un successo colossale.

Il Professor Choron, al quale non si aveva proposto un posto che ritenesse accettabile, tentò da parte sua il rilancio simultaneo di un Hara-Kiri settimanale, ma la sua avventura fu breve.

Dal 1992 in poi

In questo nuovo Charlie Hebdo, Philippe Val, Gébé e Cabu detengono tutte le responsabilità. Philippe Val è redattore capo, Gébé responsabile artistico.

Sotto la direzione di Philippe Val porta avanti delle battaglie che ricordano la linea contestataria d'estrema sinistra. In questo si differenzia dalla linea editoriale dell'anziano Charlie Hebdo che non mostrava particolari preferenze politche, cosa che il talento individuale riconosciuto dei redattori e dei disegnatori - umore caustico e satira efficace - e la stablità del gruppo rafforzò ancora.

È da segnalare come l'attuale Charlie non ha questa continuità e stabilità, difatti durante questa nuova linea editoriale parecchi collboratori lasciarono il giornale. La maggior parte, a leggere le loro stesse dichiarazioni, licenziati dal redattore capo.

Il giornale viene pubblicato tutti i mercoledi e pubblica ugualmente un certo numero di numeri extra, con frequenza variabile.

Simbolo dell'anticonformismo e della sinistra radicale, Charlie Hebdo, con Hara Kiri oggi scomparso, rimane il simbolo di una stampa che dispone di una libertà che ad oggi tende a sparire in Francia eccetto che con il Canard enchaîné (tendenzialmente a sinistra), Minute (d'estrema destra) e il Marianne (della sinistra riformista).

Nel novembre 2002, il cronista filosofico Robert Misrahi del Charlie Hebdo pubblica una tribuna dibattito intitolata Coraggio intellettuale che tratta l'opera di Oriana Fallaci La rabbia e l'orgoglio. In questo articolo si manifesta chiaramente un elogio ed un appoggio all'opera.

Dall'articolo: "Oriana Fallaci dà prova di coraggio intellettuale [...] Non protesta solamente contro l'islamismo assassino. [...] Protesta anche contro la negazione in corso nell'opinione pubblica europea, sia italiana, sia francese, per esempio. Non si vuole vedere condannare mentre afferma con chiarezza il fatto che è l'Islam a partire in crociata verso l'Occidente, e non il contrario".

L'articolo fa scoppiare una polemica presso diverse associazioni che pensano che l'opera contenga dei propositi razzisti. Il sostegno di Charlie Hebdo all'autrice italiana viene vivamente criticato anche da pubblicazioni francesi come Acrimed.

La settimana seguente la pubblicazione dell'articolo diverse lettere di lettori sbalorditi vengono pubblicate da Charlie Hebdo, e una risposta del settimanale a queste missive sconfessa parzialmente il cronista autore dell'elogio.

Décès de Gébé.
Philippe Val toujours rédacteur en chef, lui succède comme directeur de la publication.
La vente est d'environ 60 000 exemplaires.
En novembre une nouvelle rubrique, consacrée à l'influence de la science sur les enjeux de société, est mise en place, essentiellement animée par Guillaume Lecointre puis Antonio Fischetti.

Fin 2004, le journaliste Philippe Corcuff quitte Charlie Hebdo suite à des désaccords édioriaux avec l'équipe et en particulier avec Philippe Val[1].

"L'affaire" delle caricature di Maometto

 
Dei gendarmi presidiano Charlie Hebdo in seguito alla pubblicazione delle caricature; nessun manifestante in vista.

Tandis que le tirage régulier est de 140 000 exemplaires, le 8 février 2006 160 000 sont publiés et tous vendus. Le journal procède alors à deux réimpressions et 400 000 exemplaires s'écoulent.

Cette semaine-là, Charlie Hebdo publie la série de caricatures de Mahomet du journal Jyllands-Posten. Les dessins scandinaves avaient déclenché des protestations la semaine précédente dans des pays musulmans après que des imams danois eût fait campagne contre elles dans le monde musulman. Certains voient dans cette démarche, une tentative d'augmenter l'auto-censure pratiquée par des pays européens à propos de l'Islam.

Des organisations musulmanes françaises comme le Conseil français du culte musulman, ont demandé l'interdiction du numéro, qui contient également des caricatures de Mahomet dessinées par les collaborateurs réguliers du journal. Cette demande n'a pas abouti à cause d'un vice de procédure.

L'affaire des caricatures amène la publication du Manifeste des douze le 1Template:Er mars 2006.

Le 15 mars 2006, le ministère de la Culture organise une soirée en l'honneur du dessin de presse pour saluer les dessinateurs et caricaturistes après l'affaire en question. Plantu, Cabu, Wolinski et les plus jeunes Sattouf, Jul, Charb et Luz, tous les dessinateurs de Charlie sont particulièrement salués. Un hommage fut adressé aux caricaturistes, occasion, un mois après la polémique suscitée par la publication des caricatures de Mahomet, d'entendre le directeur de cabinet du ministre, Henri Paul, réaffirmer leur statut d'« acteurs de la liberté », et d'apprendre la création d'une « mission pour la conservation et la valorisation du dessin de presse », parrainée par Wolinski. L'association des amis d'Honoré Daumier, avait inspiré l'événement. (Cf. Le Point du 23/03/2006)

Polemiche

Professeur Choron

Georges Bernier (professeur Choron, d'après le nom de la rue du Neuvième Arrondissement de Paris où fut installé le siège de Charlie) était pour des raisons historiques propriétaire du titre Hara-Kiri et autres titres des éditions du Square. Le titre Charlie Hebdo ne fut jamais déposé légalement. C'est lui qui avait été directeur de toutes les publications hara-kirienne des éditions du Square et en assurait la gestion financière. Selon Cavanna, sans lui, Hara-Kiri n'aurait jamais pu exister et les publications qui en émanèrent, dont Hara-Kiri hebdo nommé Charlie Hebdo pour seule raison d'interdiction du premier. S'il accepta de prendre tous les risques financiers (nombreux procès- mauvaises ventes pour certains titres), il fut de par sa personnalité même un très mauvais gestionnaire.

On ne lui proposa pas de poste à la hauteur de ses ambitions dans le nouveau Charlie-Hebdo de 1992.
Sa réaction immédiate fut de :

  • Lancer son propre hebdomadaire satirique nommé Hara-Kiri, qui eut peu de succès et finit par disparaître
  • Intenter un procès à Charlie Hebdo tout en laissant la disposition du titre à la nouvelle équipe pendant six mois.

Pour des raisons strictement juridiques, les membres de l'équipe historique ne firent pas valoir leur droit à être ensemble les détenteurs du titre. Il y fut plaidé le droit d'auteur.

Georges Bernier perdit son procès. Par décision de la 3

chambre du tribunal de grande instance de Paris, le 30 janvier 1993, Cavanna est reconnu, de droit, l'auteur du titre.

Georges Bernier s'exprima de façon virulente envers Philippe Val dans son mensuel, Zéro, et lança un autre magazine satirique nommé La Mouise, vendu par et pour des SDF.

Il n'a jamais été ni propriétaire, ni collaborateur de La Grosse Bertha, et son ressentiment ne vient pas de la scission de cette équipe, mais du fait qu'il ait été exclu du lancement du nouveau Charlie Hebdo, de sa propre famille en fait.

Philippe Val

Le journal connaît des polémiques par rapport à sa ligne éditoriale et son fonctionnement interne :

  • Certains reprochent au chansonnier devenu patron de presse Philippe Val d'être trop autoritaire, de gérer le journal avec une politique trop capitaliste et, entre autres choses, de s'être séparé des journalistes qui ne lui plaisaient pas et d'avoir soutenu l'intervention militaire au Kosovo en 1999.
  • Philippe Val, membre fondateur d'Attac, fut rayé de la liste des membres fondateurs d'Attac, à sa demande. Il se trouve toutefois qu'il n'avait jamais payé sa cotisation. Le journal PLPL est critique envers Philippe Val, ce qui lui pose quelques problèmes. Philippe Val est en effet plus proche de la gauche parlementaire que de l'extrême-gauche. Sa position est plus proche de celle de certains courants des Verts, voire du Parti Socialiste que de celle des membres d'Attac, une ligne bien éloignée des positions éternellement ambigües de Choron. On lui reproche également sa stigmatisation fréquente de l'altermondialisme.
  • Certains collaborateurs de Charlie Hebdo comme Olivier Cyran ont participé et participent encore au journal CQFD. Libération a décrit CQFD comme le journal des déçus de Charlie Hebdo, qui a démenti. Cela dit, Charlie Hebdo n'est pas une chapelle, Wolinski en restait membre même quand il travaillait de front à l’Humanité (sa collaboration à Paris-Match fut d'ailleurs presque autant contestée). De même, Charb publie régulièrement dans l'Humanité, et Cabu dans le Canard Enchaîné.
  • Bien qu'indépendant de toute forme de publicité, Charlie Hebdo a tout de même conclu un accord avec le journal Libération et affiche chaque semaine dans ses pages une publicité présentant les titres de ce journal.
  • Certains reprochent à Charlie Hebdo une perte de mémoire de son histoire passée : Choron et d'autres rédacteurs historiques auraient tendance à y être oubliés (on peut cependant se remémorer l'article émouvant de Cavanna à la mort de Choron).
  • Philippe Val est particulièrement virulent envers Internet et refuse que Charlie Hebdo s'en serve pour communiquer, par le biais d'un site web par exemple. Il a fait fermer le site d'un particulier qui faisait un résumé hebdomadaire des éditions de Charlie Hebdo. En revanche, le fait qu'il ne mette plus systématiquement son courriel en signature comme il le faisait il y a quelques années peut être vu comme une mesure de protection de sa tranquillité : un lecteur qui ne se donne pas le mal de prendre une feuille et un stylo n'a probablement pas tant de choses à dire que cela, et au moins on ne se fait pas spammer ainsi par des robots.
  • La position de Cavanna est insolite : du temps de Charlie Hebdo première manière, il déplorait souvent qu'il n'existât point de grande base centrale des données que tout un chacun pût consulter. Mais aujourd'hui que cette base existe plus ou moins avec Internet, il affirme ne pas avoir besoin d'ordinateur, qu'il voit comme un objet inutile chez les particuliers, conséquence de la société de consommation.
  • Lors du Référendum sur l'Europe en mai 2005, Philippe Val a appelé à voter oui à travers ses éditoriaux. Siné, Cavanna et Charb, dans leurs colonnes, ont pris position pour le non.

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