Appennino reggiano

sezione dell'Appennino tosco-emiliano
Versione del 24 nov 2004 alle 17:51 di Acis (discussione | contributi) (nuove voci (preso con modifiche minori da "guida dell'appennino reggiano del CAI 1930")

L'Appennino reggiano è una porzione dell'Appennino tosco-emiliano posta nella provincia di Reggio Emilia, di cui occupa circa la metà della superficie.

La Pietra di Bismantova e il Ventasso

Cime dell'Alto Appennino

La dorsale dell'Appennino reggiano si estende da nord est a sud ovest dal Passo del Lagastrello (m 1.200) che lo divide dall'Appennino parmense, al Monte Giovannello (m 1.760) che confina con l'Appennino modenese. Seguendo la linea del crinale si incontrano successivamente il blocco massiccio dell'alpe di Succiso fra l'Enza e il Secchia, col Monte Acuto alto 1.904 m, i due vicini passi dell'Ospedalaccio (1220) e del Cerreto (m 1.261) alla testata della valle del Secchia, indi La Nuda (m 1.894), il Belfiore (m 1.810) e i due valichi del Cavursella (m 1.330) e del Praderena (m 1.362) divisi da uno sperone del Cavalbianco; il Monte Sillano (m 1.864) ed il Monte Prado (m 2.053) divisi dal Passo di Romecchio (m 1760), gli Scaloni (m 1981) e il Giovarello ( 1760) divisi dal Passo delle Forbici (m 1618)

Dalla dorsale si staccano varie catene digradanti verso la pianura a nord, alcune delle quali, disegnando un semicerchio rivolto a nord ovest, innalzano la prossima testata ad un'elevazione anche maggiore delle maggiori cime della dorsale stessa, e così dal Succiso si eleva il Casarola a 1.978 m; dalle pendici del Belfiore il Cavalbianco a 1.853 m; dalle pendici del Prado il Cusna - il colosso della regione - che si innalza fino a 2.120 m.

Questa disposizione si ripete attorno al Cimone, il cui piede si si distacca dal Libro Aperto formando un semicerchio volto a nord ovest.

Vengono così a delimitarsi altrettante linee di displuvio decorrenti, grosso modo, da sud ovest e limitanti le vallate della Liocca, del Secchia dell'Ozola, del Dolo che segna il confine fra l'Alto Appennino reggiano e quello modenese.

In queste catene minori delimitanti le varie vallate si elevano monti di notevole importanza, quali il Ventasso (m 1.727) fra l'Enza e il Secchia, il Prampa (m 1.628) che continua la cima del Cusna fra il Secchia e il Secchiello, la Penna di Novellano (m 1.260) sulla dorsale che divide il Secchiello dal Dolo.

Il Medio e Basso Appennino

Fra le maggiori attrattive dell'Appennino reggiano vi è la Pietra di Bismantova, nel comune di Castelnovo Monti, ma visibile dal territorio di molti comuni appenninici.

Questa zona è caratterizzata dalla presenza di pievi e castelli matildici, di cui il più celebre è quello di Canossa.

La fascia pedecollinare

Anch'essa è caratterizzata dalla presenza storica di edifici altomedievali di età matildica.


Archeologia

La zona montana della Provincia di Reggio, come quella della pianura, offre grande interesse per le sue vestigia archeologiche. Importante in questi studi fu 1'abate prof. Gaetano Chierici, che dai rilievi fatti nella nostra terra trasse dati fondamentali per la dottrina delle prime migrazioni umane nella Lombardia, e la documentazione del succedersi delle varie età preistoriche. Importantissime, per la paletnologia, i ritrovamenti fatti dal Chierici di terramare dell'età del bronzo alla Torretta, a Castellarano, a Roteglia, a Monte Venera; dei residui di fondi di Capanne lungo il Crostolo ad Albinea, a Rivaltella e a Calerno ; delle Stazioni all’aperto di Pratissolo, cui seguono in ordine di tempo, le vestigia di armi ed uten-sili scoperti nella Tana delle Mussina, le reliquie sepol-crali di S. llario e di S. Polo, i pozzi sepolcrali di Servirola di S. Polo e di Castagneto e la necropoli di Bismantova, appartenenti alle più recenti età del bronzo e del ferro.

Fondatore della Sezione del Club Alpino a Reggio, il Chierici fu uno dei primi e più autorevoli sostenitori della importanza del Club Alpino di Reggio Emilia nel rinnovare e favorire gli studi naturalistici e paletnologici ed è significativo il discorso che tenne ai soci il 9 febbraio 1877 su « I criteri della paletnologia » (Italia Centrale, N. 44, 45, 46, anno 1877, Reggio Emilia).

Storia

Presitoria

Della antica civiltà dell’Appennino reggiano testimoniano abbondantemente le numerose e cospicue vestigia rinvenute in questi ultimi settant'anni. L'insigne paletnologo abate Gaetano Chierici, che può considerarsi il fonda-tore della paletnologia italiana, mise in luce e raccolse una quantità tale di monumenti da illustrare completamente la storia della nostra Provincia, nei vari periodi del suo sviluppo.

Quando la pianura padana andava lentamente prosciugandosi e cominciarono ad affiorare i contrafforti dell'Appennino verso le paludi e si formarono. i corsi d'acqua, incassati nelle gole fra i monti, si verificarono le prime immigrazioni di popoli, che comincia-rono ad occupare le alture, sulle rive dei corsi d'acqua,. specialmente nel basso Appennino. Abbiamo così trovati esempi delle civiltà antiche negli strumenti di selce rozzamente scheggiata (età paleo-litica) e di selce levigata (età neolitica che comprende il minoico antico) ; indi esempi della civiltà del periodo del bronzo antico e del bronzo recente sino all'età del ferro, con le prime armi ed utensili di questo metallo. Dopo, tradizioni incerte ci danno traccia di immigrazioni di Pelasgi e di Umbri, poi di Etruschi, che tennero l’appenninoe, pare, per lungo tempo (circa 5 secoli) in pianura e parte in colle, cacciati a loro volta dai Galli in piano e dai Liguri sui monti, popolo questo ultimo coraggiosissimo, nemico mortale dei Romani, venuti dopo e da questi distrutto.

Non ha particolare importanza la storia dell'Appennino nostro durante l'epoca romana ; esso seguì la sorte e le vicende generali. Occorre solo rammentare che fra le colonie dedotte da Roma nella nostra terra, deve annoverarsi, impor-tante, Luceria, ai piedi dell'Appennino, sul fiume Enza, fondata con ogni probabilità su una stazione gallica.


Il Medio Evo è caratterizzato dallo sviluppo dei Feudi con la costruzione di importanti castelli, vere for-tezze sulle punte meno accessibili dell' Appennino, dalla potenza di casa Canossa che raggiunse 1' apice con la Contessa Matilde, dalla lotta fra la Chiesa e 1' Impero per le investiture che culminò a Canossa e dalle interminabili lotte per il possesso del patrimonio Matildico, indi dalla guerriglia dei Comuni.

Vennero di poi gli Estensi che tennero la provincia reggiana e 1' Appennino, salvo brevi interruzioni, dal sec. XIII al 1796. Fu quindi proclamata la Repubblica Cispadana (27 Dicembre 1796), poi la Cisalpina e infine la Repubblica Italiana, con Napoleone primo Console. Durante questo ultimo periodo ai Commissari nell' Emilia, furono sostituiti i Prefetti Dipartimentali e la montagna reggiana appartenne al Dipartimento del Cro-stolo con sede a Reggio. Divenuto Napoleone Imperatore e formato il Regno d'Italia, dopo la venuta del Bonaparte a Reggio (26 Giugno 1805) si proseguirono i lavori nell'Appennino la strada del Cerreto, di comunicazione fra Reggio e Sarzana, pel Valico del Cerreto. Ma nel 1814 la provincia di Reggio ricadde in potere degli Estensi e il 14 Luglio Francesco 1V° riprese il dominio della città assieme a Modena. Questo dominio, salva la breve parentesi del Governo Provvisorio del 1848 continuò sino al 1859 in cui definitivamente il governo Estense fu cacciato. Coi decreti del 4 e 27 Dicembre 1859 di Carlo Luigi Farini anche 1' Appennino fu sistemato definitivamente come il resto della Provincia di Reggio Emilia.

Cenno artistico

L'arte che sorse dalla fusione delle forme bizantine con gli antichi elementi romani, (sopiti durante le invasioni barbariche) e si sviluppò in Italia per circa tre secoli (XI-XII1), l’arte romanica, fece sentire il suo influsso anche in quest’area. Anche in Emilia le condizioni erano favorevoli allo sviluppo della rinascita del romanico e le campagne andarono allora popolandosi di edifici sacri, le città si cinsero di mura raccogliendosi intorno al palazzo del Comune e alla sua torre, e le cime meno accessibili delle montagne andarono munendosi di formidabili castelli, vere fortezze, ove il signore non veniva tanto facilmente molestato. Al diffondersi delle idee nuove nell'Emilia contribuirono principalmente tre fattori: la sua posizione geografica, le nuove discipline che venivano impartiti nello Studio bolognese, reso dai dotti che vi affluivano da ogni parte d'Italia e d'Europa, il più importanti centro del rinnovamento, e la grande potenza dei Signori di Canossa. Le enormi ricchezze accumulate, permisero al Conti Bonifacio di costruire fortezze e castelli, di allargare ed abbellire quelli esistenti, specialmente Canossa, di impiegare somme ingenti in preziose opere d'oreficeria e cesello, mentre la moglie Beatrice, con offerte e donazioni, poteva erigere chiese e conventi e tra 1' altro, facilitare il compimento della Cattedrale di Lucca (1070).

Arte matildica

Più di tutti giovevole all’ arte, perchè animata d non comune fervore religioso e da spirito combattivo fu Matilde, la gran Contessa che disseminò i suoi vasi dominii, di un numero grande di chiese, castelli, monasteri e fortezze, ed aiutò il compimento di grandi Cattedrali. Il suo profondo sentimento religioso assecondò il diffondersi dell’ arte romanica, facendo sì che questa si arricchisse di preziosi monumenti specialmente architettonici e in numero tal da costituire un insieme chiamato arte matildica.

Oltre alla costruzione di numerose chiese ed oratori nel reggiano, nell'Appennino Modenese, in Toscana nel Mantovano, oltre le numerose donazioni ad abbazie e monasteri, oltre alle fortificazioni di molti paesi in piano e in montagna ed all’abbellimento e rafforzamento di castelli di Canossa e Carpineti da lei preferiti, Matilde aiutò la costruzione delle cattedrali di Modena (1099 - 1106), di Pisa (1100) e di Parma, insigni monumenti dell’Arte italiana. E quelle chiese essa fece ornare di pitture, di sculture, di mosaici, dotò di arredi d'inesti-mabile valore, arricchì di suppellettile preziosa, d'oro e d'argento.

Tramontata la potenza dei Canossa, il romanico, giunto a maturità, continuò il suo cammino senza vivi bagliori sino al XIII sec. nel quale lentamente andò pre-parando il terreno al nascente gotico che anche tra noi si sviluppò largamente ma non lasciò traccia notevole.

Tipologie architettoniche

Per quanto riguarda 1'architettura sacra si deve notare che di solito le chiese sono piccole, a pianta rettangolare, ad una o tre navate (S. Apollonio di Canossa, Toano) ed abside, orientate con la facciata a ponente : quelle a tre navi hanno la cripta sotto al presbiterio rialzato alla quale si scende per due scalette laterali (S. Apollonio). Le navate sono divise da colonne semplici o polistile nelle costruzioni più avanzate per sostenere le crociere, (Castellarano) sostituite alle coperture a cavalletti (Toano, Villaminozzo) e agli impalcati dipinti,(S. Andrea di Carpineti) più antichi. La porta principale, sempre archivoltata, è priva per lo più di nartece. Nelle chiese più antiche manca lo strombo e l'archivòlto è ornato di semplice bassorilievo : gli stipiti sono lisci e nel tìmpano non è alcuna scultura (Carpineti, Belleo). Nelle altre v'è il portale strombato con colonnette e capitelli scolpiti (S. Vitale) e il timpano porti spesso bassorilievi allegorici (Quattro. Castella). La porti secondaria, sempre sulla parete di mezzogiorno, ora architravata (Quattro Castella, Belleo) ora archivoltata è ornata di fiorami e figure simboliche a bassorilievo cornici, colonne e capitelli. Il rosone sulla facciata i ridotto alle dimensioni di un finestrino e può esseri rotondo o lobato (Carpineti) a semplice contorno. 01 archetti di coronamento, in un sol pezzo, sorretti da mensoline, girano sotto il tetto tutto attorno ali' edifici' impostandosi su lesene che scendono sullo zoccolo (Belleo) : sopra gli archetti spesso è una serie di conci sega o a dente. Le finestre sono a feritoia semplicemente (Belleo, Baiso) o doppiamente strombate o bifore con archivolti scolpiti (Belleo); la torre quando esiste, è sezione quadrata staccata dalla chiesa (Carpineti) in posizione variabile : talvolta è costituita da un sopraelevamento del muro sulla destra della facciata (Belleo).

II materiale usato in queste chiese tratto sempre da cave locali, è la pietra arenaria squadrata (lapis quadratus) e nelle costruzioni matildiche l' arenaria di Canossa; i conci sono sempre tagliati esattamente parallelepipedi e posti in opera con poca calce.

Il Castello

Il Castello assume grande importanza ; è del solito tipo medievale difeso da più ordini di mura merlate di solito tre, munite di torri e rivellini. Porte e postierle mettono in comunicazione i primi recinti col più interno più alto, ove è 1' abitazione del Signore, composta di locali angusti e scarsamente illuminati dalle feritoie, aperte nei muri di grande spessore. Nel recinto interno è il cortile e in un angolo di questo, in posizione più opportuna è la gran torre o cassero, ultima difesa del castello (Carpineti, Canossa, Dinazzano) ; a volte sul cortile si apre anche una piccola chiesa ad uso del Castellano (Carpineti). Al cortile interno si sale per un sentiero mulattiere scavato nel monte al coperto dagli eventuali colpi nemici ; giunti nel cortile le cavalcature stanche potranno dissetarsi negli appositi abbeveratoi in pietra, piantati nel terreno (Canossa). Numerose piccole torri per le vedette (guardiole) sono sparse sulle mura e buie e strette prigioni sono praticate nelle basi delle torri principali (Canossa, Carpineti). Il materiale usato per queste costruzioni è il calcare da taglio ; i muri hanno spessore grande, sono tutti pieni, con largo barbacane e solidamente piantati nella roccia.

Architettura civile

Di architettura civile si trovano avanzi frequenti nei borghi specialmente d'alta montagna e di solito lontano dalle strade carrozzabili. La forma della casa medioevale è caratteristica perché formata di soli piano terreno e primo piano, con muri di grande spessore, con finestre piccole quadrate, con l'orditura del tetto formato di grosse travi che sostengono il pesante coperto di lastre calcari. I solai sono di tavolato su travi e al piano supe-riore si accede mediante scala esterna in pietra, coperta o no, che immette in un terrazzo, sempre coperto, sul quale si apre la cucina.

La casa medioevale costituiva, oltre che ricovero, luogo di difesa da banditi e da affamati durante le carestie, motivo per cui molte case, facenti già parte di un manso o podere di una corte, erano munite di torre, sempre quadrata, specie di fortilizio, ove si custodivano i viveri e quant' altro v' era da difendere. Di queste case torri, da alcuni anche chiamate torri-colombarie, abbiamo molti esempi nelle nostre montagne e uno cospicuo nel borgo medioevale di Cerezzole. Questo piccolo agglomerato di case, è altresì caratteristico per la strada che l'attraversa (perfettamente orientata est-sud) per le sue case col terrazzo, per il tipo di forno pensile o sostenuto da rozzo pilastro.

Un pittoresco cavalcavia trovasi tuttora nel borgo di Rossena e pura costruzione medioevale rivelasi nel mulino di Ligonchio. La scultura non serve che di decorazione ali' archi-tettura e la troviamo quasi esclusivamente nelle chiese. I capitelli di forma cubica o a calice, sono a foggia varia: spesso i fogliami sporgenti agli angoli fan ricor-dare i capitelli corinzi. Animali simbolici misti a fiori, uccelli fantastici, figure che lontanamente rassomigliano all’ umana (Castellarano, S. Vitale), sono i soggetti che comunemente s' incontrano nei nostri capitelli i più antichi dei quali son formati di semplici volute toniche (S. Apollonio).

Monumentali sono i capitelli di S. Maria di Toano, uno dei quali porta scolpite ad alto rilievo figure d'uo-mini a cavallo ed in atteggiamenti diversi. La colonna è liscia, rastremata, a volte a sezione poligonale (Castellarano) e finita per lo più da base attica.

I bassorilievi sono frequentissimi e adornano gli archivolti e i timpani delle porte. I più antichi sono ad opera schiacciata (Castellarano), altri sono rilevati e rap-presentano semplici motivi di palmette e fiorami, o scene religiose mitiche, o mostri contorti incorniciati in fettuccie ricorrenti tutto torno le formelle (Bibbiano, Quattro Castella).

La figura umana è per lo più bandita dalla scultura romanica e se per caso troviamo qualche esempio (Toano, Quattro Castella, S. Vitale) questo cade nella gof-faggine e deformità. Il materiale usato è 1' arenaria locale; più tardi troviamo il marmo di Verona e di Carrara.

Suddivisioni ecclesiastiche

Nel Secolo XVI la montagna, dipendente dalla diocesi di Reggio e in parte da quella di Parma, era divisa in 8 plebanati, ciscuno dei quali aveva come dipendenti un certo numero di chiese figliali. Questi plebanati erano:

  • Bismantova, poi detto Campiliola e ora Castelnovo Monti, aveva 40 chiese dipendenti.
  • Toano, con 17 chiese;
  • Minozzo con altrettante;
  • San Vitale delle Carpineti con 23 chiese;
  • Baiso con 12 filgiali;
  • Lezolo ora Paullo;
  • Castellarano con 9 figliali
  • San Valentino

Nella montagna reggiana erano presenti due monasteri: il monastero di Marola retto dai monaci agostiniani. I suoi beni furono dati in commenda, poi allivellati, quindi passati alla Camera Ducale. Francesco IV d'Este, duca di Modena e Reggio, cedette infine l'abbazia al vescovo di Reggio per erigervi un seminario.

Il monastero di Canossa era retto dai benedettini, passò in commenda, fu poi soppresso dal duca nel 1763.


(parte dell'articolo riprende e rielabora la "Guida dell'Appennino Reggiano" del Club Alpino italino ed. 1930)

Collegamenti esterni