Musaylima ibn Habib
Musaylima ibn Ḥabīb (in arabo ﻣﺴﻴﻠﻤـة ﺑﻦ ﺣﺒﻴﺐ?) o Maslama ibn Ḥabīb (in arabo مسلمة بن حبيب?) fu un arabo che nel VII secolo si proclamò, nella regione araba della Yamama, profeta dei Banu Hanifa, alla stessa stregua di Maometto con i Quraysh. Fu dai musulmani qualificato come "falso profeta" o, direttamente, "Il Mentitore" (al-Kadhdhāb ) (in arabo الكذّاب?.[1]
Nome e biografia
Il nome di Musaylimah (che è un diminutivo di Maslama, forse datogli dai musulmani per disprezzo) era Maslama ibn Habīb al-Hanīfī, che indica che era figlio di Habīb e della tribù dei Banu Hanifa, una delle più popolose tribù dell'Arabia e, più specificamente, della Yamama. L'attuale casato reale saudita degli Āl Saʿūd addita come suo ascendente proprio tale antica tribù. I Banū Hanīfa erano una branca cristiana dei Banu Bakr e conducevano un'esistenza totalmente indipendente prima dell'Islam.
Musaylima era il signore teocratico dei un sacro haram, o enclave, che (secondo una tradizione) egli aveva organizzato nella Yamama prima dell'Egira del profeta Maometto (622). In tal modo egli controllava un'area dell'Arabia orientale assai più vasta di quella che controllava Maometto al termine della sua vita (632).
La prima notizia che lo riguarda è datata all'ultima parte dell'anno 9 dell'Egira, il cosiddetto "Anno delle delegazioni", quando egli accompagnò una delegazione della sua tribù a Medina. La delegazione includeva altri due importanti esponenti musulmani che più tardi aiutarono Musaylima a impadronirsi del potere tribale dopo la morte nel [630]] del suo capo, il cristiano Awdha b. ʿAlī al-Ḥanīfī, salvando così la loro tribù dalla distruzione ad opera di Medina. Quegli uomini erano Rahhāl (o al-Rajjāl) ibn ʿUnfuwa [2] e Mujjāʿa b. Marāra (ricordato solo da Baladhuri). A Medina la deputazione fu ospitata da una figlia di al-Harith al-Najjāriyya, una donna degli Ansar del clan dei Banu Najjar (col quale era imparentato Maometto.
In tale frangente sembra che Musaylima fosse stato assegnato alla custodia dei dromedari e che pertanto non avesse preso parte alle trattative che condussero alla conversione dei delegati (che abiurarono il Cristianesimo). Come d'abitudine, Maometto assegnò, come d'abitudine, un "dono di commiato" (jawāʾiz ) a ciascun membro della delegazione (5 uqiya d'argento a testa), che dissero: "Abbiamo lasciato uno dei nostri nel campo per sorvegliare le cavalcature", chiedendo lo stesso dono anche per lui.
Maometto consegnò loro il donativo anche per lui, e aggiunse: "Dacché egli ha custodito i vostri bagagli ed i vostri cameli, egli non è il peggiore fra voi".[3] Al loro ritorno, costoro convertirono l'intera tribù all'Islam, edificarono una moschea nella Yamāma e cominciarono a fare regolarmente le salat previste.
Proclamazione della profezia
Mentre era nella Yamāma, Musaylima proclamò la sua profezia e riunì la gente, parlando loro (riferendosi a Maometto): {{quote|"Ho avuto una parte con lui in questa materia. Non ha detto lui stesso ai nostri delegati che io non ero il peggiore fra loro? Questo può significare soltanto che io ho una parte con lui in questa materia".
Cominciò poi a parlare in prosa ritmica (sāj) a imitazione del Corano.
Voci correlate
Note
- ^ Ismāʿīl ibn ʿUmar Ibn Kathīr, al-Miṣbāḥ al-munīr fī tahdhīb tafsīr Ibn Kathīr, vol. 1, Darussalam, 2000.
- ^ The Life of the Prophet Muhammad: Al-Sira Al-Nabawiyya By Ibn Kathir, Trevor Le Gassick, Muneer Fareed, p. 69
- ^ La traduzione è presa da Leone Caetani, Annali dell'Islām, vol. II/1, Milano, Hoepli, 1907, p. 336.