Lampada a scarica
La lampada a scarica è un tipo di lampadina basata sull'emissione di radiazione elettromagnetica da parte di un plasma di gas ionizzato. La ionizzazione del gas è ottenuta per mezzo di una scarica elettrica (da cui il nome) attraverso il gas stesso.

Introduzione
È costituita da una ampolla e/o un tubo di vetro o quarzo contenente il gas e almeno due elettrodi tra cui avviene la scarica. Possono essere presenti elettrodi supplementari per l'innesco. Solitamente le lampade a bassa pressione sono a forma di tubo diritto o curvato ad U, mentre le lampade ad alta pressione sono costituite da una piccola ampolla di quarzo (adatto a resistere a temperature più elevate). La lampada può essere contenuta in un involucro in vetro con la funzione di schermare i raggi ultravioletti, ospitare eventuali elementi accessori e proteggere il tubo.
L'emissione luminosa è monocromatica o limitata alle righe di emissione spettrale del gas contenuto, se questo è a bassa pressione. Il gas può anche essere il vapore di un elemento solido o liquido, per esempio mercurio o sodio. In questo caso però la lampada non è subito efficiente, poiché è necessario che il materiale evapori o sublimi per effetto del calore prodotto dalla scarica nel gas accessorio. Possono essere necessari diversi minuti perché la lampada inizi a produrre una luce accettabile, e in molti casi questo è un grave limite.
Alimentazione ed accensione
La caratteristica tensione/corrente di una lampada a scarica presentano una soglia a tensione costante in corrispondenza di una intensità di corrente caratteristica dipendente dal gas, dalla temperatura e dalle condizioni di funzionamento, ne consegue che l'alimentazione deve avvenire in corrente costante, per ottenere questo si pongono in serie al tubo degli induttori o meno frequentemente dei condensatori o resistenze.
La tensione di rete non è sufficiente per innescare la scarica, ma è necessario provvedere con opportuni circuiti a provocare una prima ionizzazione del gas, questo può essere ottenuto provocando un momentaneo aumento della tensione di alimentazione per mezzo di trasformatori e starter, oppure applicando un impulso di alta tensione (migliaia di volt) ad un elettrodo posto sulla superficie esterna del tubo.
Il campo elettrico generato è sufficiente ad avviare la ionizzazione, in altri tubi è presente un elettrodo di innesco a brevissima distanza da uno dei due elettrodi ordinari, questo elettrodo viene brevemente alimentato con la normale tensione di rete, sufficiente per innescare un piccolo arco, il riscaldamento e l'emissione di ioni e radiazioni provoca l'innesco del restante gas.
Un modo ulteriore per accendere la lampada è di sottoporla ad un campo elettromagnetico ad alta frequenza, da decine di kilohertz a molti megahertz.
Esistono lampade ad induzione, in cui non si hanno connessioni elettriche tra interno ed esterno del tubo ed il gas è ionizzato da una radiazione elettromagnetica indotta dall'esterno, se si avvicina una lampada fluorescente all'antenna di un potente trasmettitore radio si può osservare una emissione di luce.
Una volta innescata la scarica, questa si propaga a valanga a tutto il gas, il quale si mantiene ionizzato indefinitamente, in condizioni di regime la tensione ai capi del tubo si mantiene a valori più bassi della tensione di rete e non è più necessario l'intervento dei circuiti accenditori.
Alimentatore elettromagnetico
L’alimentatore tradizionale (o reattore) è quello elettromagnetico (induttivo), che è un componente passivo che ha due diverse funzioni:
- durante la fase di accensione, in combinazione con lo starter, consente di ottenere una sovratensione che innesca la scarica nel gas;
- nel funzionamento a regime esso funge da limitatore di corrente; ciò è importante perché, a scarica avvenuta, il tubo diviene un percorso a bassissima impedenza che potrebbe causare assorbimenti eccessivi.
Poiché il reattore è avvolto su nucleo di materiale ferromagnetico (laminato per limitare la dispersione di energia per riscaldamento da correnti parassite), durante il funzionamento regolare si originano delle vibrazioni alla frequenza di rete (50 Hz in Italia) che causano il caratteristico ronzio delle lampade fluorescenti.
La tensione di rete a 230 volt non è sufficiente per innescare a freddo la scarica, per cui occorrono circuiti ausiliari che intervengano all'accensione. Per questo gli elettrodi dei tubi sono spesso costituiti da un filamento con le due estremità riportate su contatti elettrici esterni. Un dispositivo, lo starter, alimenta i filamenti per breve tempo fino all'innesco della scarica. I filamenti incandescenti emettono elettroni avviando la ionizzazione del gas. Lo starter è sostanzialmente un interruttore in cui il contatto mobile è costituito da una lamina bimetallica che si deforma riscaldandosi. La sequenza di accensione del tubo è la seguente:
- inizialmente (starter freddo) il suo contatto interno è chiuso e i filamenti sono connessi in serie tra loro ed in serie al reattore.
- i filamenti si riscaldano ed emettono delle "nubi di elettroni" nel tubo;
- la stessa corrente che attraversa il circuito e lo starter provoca il riscaldamento della lamina bimetallica interna a quest'ultimo che dopo qualche istante si apre.
- L'apertura del circuito causata dallo starter provoca, per effetto dell'autoinduzione sul reattore, una sovratensione che favorisce ulteriormente l'innesco.
Un approccio alternativo consiste nel fornire al tubo una tensione elevata a migliaia di volt da un trasformatore. Si elimina la necessità di riscaldare i filamenti e si possono alimentare tubi molto lunghi.
Ogni alimentatore produce una corrente di scarica, che viene dispersa attraverso il conduttore di terra. La norma limita questa corrente ad un massimo di 0,5 mA per apparecchio, ma in caso di comando di molte lampade fluorescenti bisogna tenerne conto nel dimensionamento della protezione differenziale.
Il funzionamento di tipo induttivo degli alimentatori elettromagnetici comporta un fattore di potenza basso, che raggiunge spesso valori tra 0,3 e 0,6. È necessario, quindi, installare un condensatore di rifasamento per riportare il fattore di potenza a 0,9.
Alimentatore elettronico autoscillante
L’alimentatore elettronico autoscillante semplifica notevolmente la gestione delle lampade fluorescenti rispetto ad un alimentatore elettromagnetico. Grazie ad una tensione di innesco interna l’impiego dello starter diviene superfluo, inoltre non è necessario alcun rifasamento, poiché il fattore di potenza è già superiore a 0,95.
Gli apparecchi che montano un alimentatore elettronico consentono un funzionamento più economico, poiché necessitano di un assorbimento di potenza del sistema decisamente minore rispetto alle applicazioni tradizionali con alimentatori induttivi a parità di illuminazione.
Ad esempio, una lampada da 18 W con alimentatore ferromagnetico in classe C richiede una potenza di circa 28 W, mentre con alimentatore elettronico 19-20 W. Il risparmio è evidente, bisogna tuttavia porre una certa attenzione nel dimensionamento dell’interruttore automatico di protezione. In un circuito composto da reattore induttivo/starter le lampade si accendono in tempi diversi, in uno con alimentatore elettronico tutte le lampade fluorescenti si inseriscono contemporaneamente. I condensatori antidisturbo contenuti nell’alimentatore generano un impulso di corrente elevato, che, anche se di durata estremamente breve, potrebbe far scattare l’interruttore automatico. Alcuni costruttori di alimentatori forniscono il numero massimo di alimentatori collegabili in funzione del tipo di interruttore di protezione utilizzato.
Molto diffuse sono anche le lampade dette fluorescenti compatte a risparmio energetico, costituite da un tubo fluorescente di piccolo diametro abbinato ad un circuito elettronico di alimentazione. Il tutto è montato su uno zoccolo a vite simile a quello delle normali lampadine, al cui posto possono essere montate.
Alimentatore elettronico a componenti integrati
Questo alimentatore utilizza circuiti integrati (compreso un oscillatore programmabile) per il controllo della lampada. Basandosi sul fatto che una lampada fluorescente richiede una tensione alternata con duty cycle 50% e il circuito di pilotaggio è un circuito risonante (L, C), è semplice generare una forma d'onda quadrata in ingresso a questo circuito. Il circuito risonante la trasforma in un'onda dall'andamento sinusoidale. Poiché un circuito costituito da una L e una C ha un picco di risonanza ad una frequenza ben definita, risulta chiaro che variando la frequenza della forma d'onda quadra creata ci si può avvicinare al picco di risonanza e pilotare la lampada con una tensione sempre più alta. Inoltre lavorando ad alte frequenze è possibile far scorrere nei catodi di lampada una corrente abbastanza bassa da non far accendere la lampada ma sufficiente per riscaldare i filamenti ed evitare che si danneggino all'accensione, aumentando così il tempo di vita della lampada.
Ecco come funziona, in breve, una lampada con circuito di controllo elettronico. Inizialmente la lampada viene alimentata con una forma d'onda sinusoidale (grazie al circuito risonante che riceve un'onda quadra in ingresso) ad alta frequenza (es. 70kHz) e una piccola corrente scalda i filamenti per circa 1 secondo. Poi la frequenza viene abbassata (35kHz) in un tempo pari a qualche decina di millisecondi finché non si arriva molto vicino al picco di risonanza dove la tensione raggiunge qualche kV. La scarica nel gas presente nella lampada la fa accendere, la curva di risonanza si modifica, perché la lampada accesa costituisce un carico diverso e la tensione si stabilizza intorno ai 100V. A questo punto si può facilmente variare l'intensità luminosa aumentando la frequenza della forma d'onda di controllo. Generalmente tutto questo viene ottenuto con un circuito integrato che può essere nascosto facilmente nella base delle lampade compatte, le cosiddette CFL.
Tipi più comuni
Il fenomeno dell'emissione di luce da parte di una scarica elettrica è stato studiato a partire dalla seconda metà del XIX secolo da scienziati quali Charles Wheatstone e Jean Foucault. La scarica era ottenuta accostando due elementi metallici o barrette di grafite in aria atmosferica. Questo tipo di lampada è stata usata per diverso tempo prima dell'invenzione della lampadina ad incandescenza ed anche successivamente dove erano richiesti flussi luminosi elevati. Gli svantaggi principali di questa tecnica sono: il rapido consumo degli elettrodi, la necessità di regolarne continuamente la distanza (sia per l'innesco che per l'usura), l'instabilità della luce prodotta e l'eccessiva intensità di questa per usi comuni. I primi problemi erano in parte risolti con l'utilizzo di meccanismi ad orologeria che avvicinavano progressivamente gli elettrodi.
Successivi studi e perfezionamenti crearono una varietà di lampade in cui la scarica avviene attraverso un gas a pressione inferiore a quella atmosferica. Le principali attualmente in uso sono:
Sodio a bassa pressione (SOX)
Il principio di funzionamento si basa su una scarica elettrica in un ambiente gassoso composto da Ar+Ne+Na. Durante l'accensione a freddo, il sodio è depositato attorno al bulbo interno e la scarica avviente in una miscela Penning composta da Argon e Neon. La scarica in questa miscela provoca il repentino riscaldamento della lampada, fino a raggiungere la temperatura di fusione del sodio. A quel punto, il sodio vaporizza e viene ionizzato dalla scarica, facendo assumere così la caratteristica emissione monocromatica gialla del sodio.
L'emissione è in luce monocromatica gialla alla lunghezza d'onda caratteristica di emissione del sodio, di 589 nanometri. È usata nell'illuminazione stradale in incroci soggetti a nebbia. Grazie all'emissione monocromatica in una lunghezza d'onda ottimale per l'occhio umano, presenta una efficienza luminosa molto elevata. Come una comune lampada a vapori di mercurio a bassa pressione, questa non ha bisogno di un ciclo di raffreddamento in caso di black-out ma, a differenza di questa, richiede un tempo di riscaldamento molto lungo (circa 6-10 minuti), durante i quali emette la caratteristica luce rossa/rosata del neon presente al suo interno.
Sodio ad alta pressione (SON)
Aumentando la pressione, il vapore di sodio si allontana dallo stato di gas ideale e il suo spettro di emissione si allarga rispetto alla riga spettrale monocromatica tipica. La luce prodotta da queste lampade è di colore bianco tendente al giallo (2000-2500 K), caratteristica che le rende adatte solo per applicazioni in cui la resa dei colori è importante (es. l'illuminazione di banchi alimentari). Il rendimento luminoso è elevato (fino a 115 Lumen/Watt) ed elevata è la durata di vita (oltre 16000 ore). Particolari accorgimenti costruttivi fanno fronte all'aggressività chimica del sodio. In caso di black-out, salvo ballast particolari in grado di generare tensioni di 30-70Kv, la lampada necessita di un ciclo di raffreddamento di 3-5 minuti.
Ioduri metallici (HMI)
L'introduzione nelle lampade ai vapori di mercurio o di sodio ad alta pressione di ioduri metallici (iodio, tallio, indio, disprosio, olmio, cesio, tulio) migliora la resa dei colori delle lampade al sodio, e dà loro una temperatura di colore molto elevata (4000-5600 K). La loro resa cromatica le rendeva particolarmente adatte all’illuminazione di impianti sportivi, ove la necessità di avere una luce perfettamente bianca supera lo svantaggio di una bassa efficienza luminosa (40-80 Lumen/Watt) e di una bassa durata (6000 ore). Allo stato attuale i rendimenti sono aumentati intorno ai 90 Lumen/Watt e in alcuni casi oltre e aumentando la durata (12000 ore). Ormai vengono utilizzate molto nelle aree urbane dove si vuole migliorare il confort visivo visto l'alto indice di resa cromatica (IRC 80-90). A livello di inquinamento luminoso sono peggiorative rispetto alle sodio alta pressione.
Lampade ai vapori di sodio e a ioduri metallici necessitano, per essere accese, di appositi accenditori che producano impulsi di tensione di innesco compresi tra 0,75 e 5kV. Secondo il modello di lampada possono essere necessari dai 2 ai 10 minuti per il raggiungimento del pieno flusso luminoso, e, in caso di spegnimento accidentale, salvo particolari alimentatori, è necessario attendere il raffreddamento della lampada (2-15 minuti) per la riaccensione, a causa della elevata tensione di innesco che sarebbe necessaria per la riaccensione a caldo (25-60kV). La corrente di spunto della lampada può arrivare ad essere superiore del 90% rispetto al valore di regime. Inoltre per queste lampade è necessario il rifasamento, a causa del fattore di potenza piuttosto basso (da 0,3 a 0,7 a secondo il modello).
Vapore di mercurio a bassa pressione
Emettono prevalentemente nello spettro ultravioletto. La luce emessa è ionizzante e dannosa per esposizione diretta. Vengono usate per sterilizzare ambienti ed oggetti. Se l'interno del tubo viene rivestito con materiale fluorescente in grado di assorbire l'energia ultravioletta e riemettere nello spettro visibile, si ottiene la lampada fluorescente. In caso di black-out, la lampada non necessita di un ciclo di raffreddamento.
Vapore di mercurio ad alta pressione
Con l'aumento della pressione l'emissione si sposta in luce bianca-azzurra, rendendo la lampada utilizzabile per l'illuminazione. Questo tipo di lampada è sempre più in disuso a causa dei numerosi svantaggi rispetto ad altre tecnologie: bassa efficienza luminosa (<60 lumen/watt), bassa durata (6000-8000 ore), difficoltà e onerosità di smaltimento a causa del mercurio presente nella lampada. In caso di black-out (o di violenta agitazione, che ne causa lo spegnimento), tale lampada necessita di un ciclo di raffreddamento (sui 2-3 minuti, anche se non è raro che si inneschi prima).
Proprio a causa della elevata presenza di mercurio il 13 febbraio 2003 è entrata in vigore la direttiva comunitaria 2002/95/CE sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (c.d. Direttiva "RoHS"). Essa ha come effetto la messa al bando delle lampade al mercurio ad alta pressione dal territorio europeo. La vendita e l’installazione di queste lampade è stata vietata a partire dal 1º luglio 2006.
Vapori di alogenuri metallici
Sono lampade al mercurio con l'aggiunta di sali di diversi alogeni. Aggiungendo diverse righe spettrali al mercurio migliorano lo spettro luminoso. Sono molto utilizzate nell'illuminazione pubblica di strade, parchi, stadi, esterni di edifici. Dato l'elevato rapporto lumen/watt, negli ultimi anni gran parte dell'illuminazione commerciale per interni ne ha fatto grande uso, anche se la gradevolezza della luce emessa rimane inferiore a quella delle lampade ad incandescenza.
A luce miscelata
Si tratta di lampade al mercurio ad alta pressione in cui il reattore di alimentazione è sostituito da un filamento, che funge da limitatore di corrente, collocato assieme alla lampada in un tubo secondario. Durante il funzionamento, il filamento diventa incandescente ed emette luce come in una lampada ad incandescenza, che miscelata con quella prodotta dal mercurio offre una tonalità più naturale. Per contro si ha un notevole abbassamento del rendimento energetico.
Spettri di emissione
Alcuni modelli particolari di lampade a scarica (lampadine al neon, bulbi allo xeno, laser elio-neon e lampade spettrali da laboratorio) non utilizzano la stessa tecnologia delle lampade a scarica comuni, qui è riportata una tabella che mette in evidenza le varie tipologie.
Gas | Colore | Note | Immagine |
---|---|---|---|
Elio | Da Bianco a arancio; in alcune circostanze, può essere grigio, blu, o verde-blu. | È utilizzato da artisti per le loro opere. | |
Neon | Rosso-arancio | Luce intensa, è usato nelle lampade al neon. | |
Argon | Violetto-blu lavanda. | Viene spesso utilizzato insieme ai vapori di mercurio. | |
Krypton | Colore dal grigio al verde. In caso di picchi di corrente, emette una luce blu-bianca. | Usato da artisti e da lampade per eccitare i laser. | |
Xenon | Grigio o blu-grigio biancastro. Emette una luce blu-verde intensa in caso di picchi di corrente. | Utilizzato nelle lampade flash, hid e da artisti. | |
Azoto | Simile all'Argon, ma meno intenso, più rosato; emette una luce blu-bianca in caso di picchi di corrente. | ||
Ossigeno | Violetto-lavanda, meno luminoso dell'Argon. | ||
Idrogeno | Lavanda a basse correnti, rosa o magenta sopra 10 mA | ||
Vapori d'Acqua | Simile all'idrogeno, meno luminoso | ||
Diossido di carbonio | Blu-bianco, più luminoso dello xeno a basse correnti. | ||
Vapori di mercurio | Fioca luce blu ed un'intensa emissione ultravioletta. | Può generare qualsiasi colore in combinazione con fosfori. Ampiamente utilizzato nelle lampade a vapori di mercurio e nelle lampade hydrargyrum medium-arc iodide. Viene spesso utilizzato con l'argon. | |
Vapori di Sodio a bassa pressione. | Emissione giallastra, utilizzato nelle lampade al sodio a bassa pressione. | File:Na-lamp-2.jpg | |
Vapori di Sodio ad alta pressione. | Emissione giallastra con ulteriori linee spettrali, utilizzato nelle lampade al sodio ad alta pressione. |
Voci correlate
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