Diffida

atto con il quale si inoltra avviso formale a una persona di compiere o di non compiere una determinata azione

La diffida ad adempiere costituisce il principale strumento affidato dal legislatore al creditore che vuole risolvere il rapporto negoziale, senza l'intervento del giudice. Disciplinata all'art. 1454 c.c., ai fini del suo perfezionamento richiede:

a)una dichiarazione per iscritto, rivolta al debitore, con cui si intima di adempiere entro un termine congruo, pena la risoluzione immediata del rapporto una volta decorso il termine. La dichiarazione deve risultare in modo inequivoco, ovvero non devono esserci dubbi circa l'effettiva volontà del creditore di avvalersi dello strumento ex art. 1454 c.c. b)la fissazione di un termine congruo: approssimativamente stimato dal legislatore in 15 giorni. Ciò non esclude la possibilità di fissare un termine inferiore, ma in detta ipotesi il termine stabilito dal creditore sarà sindacabile dinanzi al giudice a quo (nella pratica, comunque, il termine è in ogni caso censurabile, in quanto la giurisprudenza ammette pacificamente il sindacato di congruità anche ove il termine sia addirittura superiore ai 15 giorni, legislativamente stabiliti, per definire la soglia limite). c)La gravità dell'inadempimento:è risulta impossibile definire aprioristicamente quando si possa stabilere quando si è in presenza di una grave o scarso inadempimento. La risposta pertanto dovrà essere rintracciata, di volta in volta, attraverso un'analisi delle singole specificita che connotano i fatti ed il paradigma negoziale dedotto in giudizio.

Ebbene, come dicevamo, la diffida ad adempiere permette al creditore di potersi svincolare dal rapporto senza dover affrontare le fatiche di un processo ordinario di cognizione. In questi termini, quanto detto si traduce nell'emanazione da parte del giudice di una sentenza di mero accertamento. Diverse sono le ragioni addotte per spiegare la ratio dell'istituto: attribbuire al creditore uno strumento rapido ed efficacie per risolvere il rapporto, o più genericamente, quale strumento di autotutela privata, ed ancora, come un rimedio volto a correggere le anomalie all'interno del rapporto sinalagmatico. Ad ogni modo, la risolutiva ex art. 1454 c.c. è bilanciata da una serie di contrappesi(gravità dell'inadempimento, termine minimo) finalizzati ad evitare che il creditore abusi della sua posizione a danno del debitore. Vexata quaestio è rappresentata dalla natura della diffida ad adempierre;il quesito è, negozio o atto giuridico in senso stretto? Concretamente Il problema ruota attorno all'applicabilità dell'art. 1324 c.c. Disposizione che dettata in tema di atti unilaterali "a contenuto patrimoniale" subordina l'applicabilità della disciplina contrattuale al previo giudizio di compatibilità. La tesi maggioritaria afferma il carattere negoziale del predetto atto. Il risalto dellla volontà, muove principlamente gli autori che sostengono questa tesi: da una parte, si rileva, difatti, come nella diffida ad adempiere vi sia una precisa determinazione del creditore, finalizzata a risolvere il rapporto, mentre, nella costituzione in mora, tipico esempio di atto giuridico in senso stretto, gli effetti scaturirebbero ex lege e quindi indipendentemente da un comportamente del creditore (debitore).Si aggiunge che la risolutiva ex art 1456 c.c(ovvero un negozio) come la diffida ad adempiere, richiede, per essere efficace, una dichiarazione espressa del contraente che intenda avvalersene. Pertanto,si conclude, essendo la risolutiva espressa un negozio, altrettanto dovra dirsi della diffida ad adempiere.